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XVI Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli #finsubito prestito immediato – richiedi informazioni –


Il promo della ventiseiesima edizione realizzato da Manco, musiche di Peppe Voltarelli 

luca.marconi / CorriereTv

Domani, martedì 19 novembre, sarà il momento delle “Combatants for Peace” con l’incontro dedicato alle esperienze di riconciliazione promosse da ex combattenti israeliani e palestinesi. Si tratta delle coordinatrici Eszter Koranyi e Rana Salman, già in tour in Italia, che porteranno aggiornamenti e speranze dal pacifismo militante sempre nello Spazio Comunale Piazza Forcella. Di origini ungheresi la prima che oggi vive a Tel Aviv, mentre la seconda discende da una famiglia di sopravvissuti alla Nakba e vive in Cisgiordania.

Combatants for Peace, nato da un piccolo nucleo di ex soldati o guerriglieri che hanno fatto una scelta di riconciliazione «condividedendo le stesse storie tra lutti, traumi e pulsioni di vendetta che si riverberano da generazioni», nel corso degli anni è diventato un vero e proprio movimento di uomini e donne sempre più giovani, attivo con un fitto programma di iniziative condivise tra percorsi di advocacy e interventi d’interposizione nelle aree assediate dai coloni in Cisgiordania.

Eszter Koranyi si è trasferita in Israele «per contribuire a rendere questo posto un po’ meno diseguale per tutti», ha raccontato in una recente intervista. «Oggi – dice qui – lavoriamo per mantenere viva l’immaginazione della Pace come possibilità concreta. Viviamo in una realtà in cui i politici o chi per loro cercano di convincerci che la pace è uno stato innaturale per gli essere umani e dobbiamo in tutti i modi contribuire a garantire che la pace sia nell’interesse di tutti, per i palestinesi come per gli israeliani e non “qualcosa” che può escludere una parte a favore dell’altra».

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E nonostante l’orrore «anch’io», aggiunge Rana Salman, «continuo a credere nella possibilità della pace. Ma è importante sottolineare che per un certo periodo abbiamo dovuto smettere di utilizzare la parola “pace” preferendo il termine “elaborazione collettiva” come pre-requisito alla pace per entrambe le parti. Il che significa elaborazione delle nostre paure, dei nostri traumi, perché siamo tutti talmente imbevuti di questa idea dell’altro come nemico che non riusciamo neppure a immaginarlo nella sua umanità, anche perché i nostri canali, i nostri media, l’ambiente in cui viviamo continuano a rafforzare l’idea che non c’è alternativa, che nessuna pace è possibile, che la sola strada è continuare nella distruzione. Viviamo dentro una polarizzazione. O si sta coi palestinesi o con gli israeliani. Ma la realtà è più complessa di così. E le accuse di tatbya o di tradimento derivano da una fondamentale incomprensione di ciò che facciamo».

«Normalizzazione in effetti significa legittimare o accettare le condizioni imposte dallo status quo senza cercare di cambiarle – spiegano – e siamo consapevoli della polarizzazione che sta crescendo nel mondo, perché la guerra in questa regione ha effetti sul resto del mondo. Abbiamo visto anzi avanzare la violenza sotto forma di antisemitismo o islamofobia e riteniamo che questo non aiuti coloro che stanno subendo la guerra ogni giorno da oltre un anno e da anni: dichiararsi pro-palestinesi o pro-israeliani o postare frasi tipo I stand for non contribuisce alla soluzione politica del conflitto. Un po’ tutti si sentono in dovere di scegliere un fronte in opposizione all’altro ma in questo modo si moltiplicano avversari e divisioni, mentre il problema è riaffermare l’umanità di tutti, in termini di giustizia e lavorare per il futuro di entrambe le parti perché sia i palestinesi che gli israeliani non andranno da nessuna parte fino a che non troveranno un modo di convivere insieme in cui tutti abbiano garanzia di pari diritti e che i diritti umani saranno rispettati… questo è ciò che vogliamo».

Durante gli scorsi mesi, nonostante la difficoltà, gli attivisti e le attiviste di Combatants for Peace hanno continuato le loro manifestazioni per chiedere il cessate il fuoco, la fine della guerra e il rilascio di tutti i prigionieri nella prospettiva di una soluzione politica.

Dice ancora Salman: «Per esempio siamo stati quasi ogni giorno accanto agli agricoltori palestinesi durante la raccolta delle olive e la nostra presenza rappresenta un baluardo concreto nei confronti dei coloni che sono sempre più aggressivi man mano che si va avanti nel conflitto. E sia in area palestinese che israeliana, abbiamo un programma specialmente concepito per giovani tra i 18 e il 26 anni che si chiama “Freedom School” in cui insegniamo la storia e le pratiche della resistenza non violenta, mettendo a confronto le varie esperienze nel mondo, soprattutto laddove la non violenza si è rivelata un successo. E poi ci sono i social media, come usarli al meglio per promuovere campagne, come condividere le proprie storie personali in una prospettiva di trasformazione e tutto questo crea le condizioni per un modo radicalmente diverso di confrontarsi, collaborando insieme, anche quando il confronto sarebbe difficile. Ed ecco che alla fine ci si trova tutti attivisti per la pace avendo imparato a praticare relazioni di pace».

La serata prosegue con nuove proiezioni a Palazzo Corigliano, tra cui Buffer Zone di Savvas Stavrou e The Painter’s Room di Maria Colomer.

Mercoledì 20 novembre la giornata sarà invece dedicata alle “Scuole di Pace”, le organizzazioni che formano gli operatori che andranno ad agire nelle zone di conflitto. La mattinata prevede un incontro presso il Cinema Vittoria tra studenti e operatori di pace internazionali, mentre nel pomeriggio si terrà un dibattito presso Piazza Forcella sempre con Combatants for Peace, Operazione Colomba, Assopace Palestina, Scuola di Pace di Napoli ed altri. La giornata si concluderà con una selezione di film in concorso, tra cui 2G di Karim Sayad e Ivalu di Anders Walter.

Giovedì 21 novembre il Festival accoglie la Terza Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza con un evento speciale presso il Cinema Vittoria, riservato alle scuole, moderato da Alice Pistolesi dell’Atlante delle Guerre e dei Conflitti e Maria Rita Vittori del Centro Sereno Regis di Torino. Nel pomeriggio, il dibattito “Una Terra di Pace” approfondirà il ruolo dell’informazione e dell’educazione nella promozione della nonviolenza, con interventi di esperti e rappresentanti della Terza Marcia, con le conclusioni del giurista Luigi Ferrajoli e il suo progetto di “Costituzione della Terra”. In serata, il programma cinematografico proporrà, tra gli altri, Una Canción para mi Tierra di Mauricio Albornoz Iniesta.

La manifestazione culminerà venerdì 22 novembre con la serata conclusiva presso lo Spazio Comunale Piazza Forcella. Durante l’evento saranno proclamati i vincitori delle diverse categorie e annunciata la nascita della Summer School “Mario Paciolla”, vetrina delle offerte formative dei più famosi Atenei di Pace del mondo, che orienterà i giovani campani verso le Professioni della Pace. A chiudere la serata, la performance musicale del cantautore Peppe Voltarelli, calabrese, la cui opera prosegue idealmente, con influenze rock e pop, le tracce della musica popolare di Otello Profazio ed altri autori meridionali, fino a Domenico Modugno.

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«Il Festival si conferma uno spazio unico di dialogo e riflessione, capace di portare alla luce storie di resistenza e speranza da tutto il mondo», commenta Maurizio Del Bufalo, coordinatore del Festival. «Anche il nostro Cinema può dare una speranza alla Pace, aprendo ai giovani il racconto di storie sconosciute alle quali i grandi circuiti informativi non dedicano spazio. É in quei meandri della Storia che possiamo ritrovare le ragioni della Pace come antidoto alla implosione del mondo che abbiamo conosciuto fino ad oggi». Per il programma completo e maggiori dettagli, è possibile consultare il sito ufficiale del Festival. I 33 film in concorso sono visionabili gratuitamente fino al 22 novembre sulla pagina www.cinenapolidiritti.online.

18 novembre 2024

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