Aveva un sogno il 59enne Carmelo Gorini: uscire finalmente di casa dopo 5 mesi, lasciare una stanza che sembrava un angolo d’ospedale con tutti quei farmaci in giro e una bombola d’ossigeno ai piedi del letto, fare un giro per il quartiere Paradiso, a Brindisi, incontrare per strada suoi vecchi amici o raggiungere il mare dopo aver passato un’estate infernale.
Il grido di dolore prima dell’addio
Speranze che si erano man mano sempre più affievolite (anche dopo aver cercato aiuto presso le istituzioni e gli organi d’informazione) da quando un “maledetto” ascensore, quello di una palazzina popolare di via Benedetto Croce, al quartiere Paradiso, aveva smesso di funzionare a causa di un problema all’impianto. Rendendo disumane le condizioni di vita di un malato di cancro in stato avanzato e sottoposto a chemioterapia. Sabato scorso, la vita di Carmelo è volata via, lasciando per sempre la moglie Anna, quattro figli e quell’appartamento al secondo piano dove viveva con la porta sempre aperta per far passare l’aria («Mi manca tanto», diceva), pronto ad accoglierti a qualsiasi ora del giorno per parlare dei suoi problemi nella speranza di un diritto (riuscire a fare ripartire quell’ascensore) che non era solo un suo problema, ma di altre 60 persone che come lui avevano a volte difficoltà (presentando altri malanni) a ricevere persone, la possibilità di un soccorso, al bisogno, o portare la spesa fino al settimo piano. «Sono un invisibile sociale, sequestrato tra questa mura» erano state le sue parole d’aiuto rivolte anche al nostro giornale meno di un mese fa.
L’ultimo saluto nel suo quartiere
Ieri pomeriggio, alle 16.30, sono state tante le persone (molte arrivate proprio da quelle palazzine di via Benedetto Croce) a raggiungere la parrocchia di San Nicola, poco distante dalla sua abitazione, per rendere omaggio al suo funerale. Ad officiare la cerimonia funebre è stato don Emanuele Grimaldi che nel corso dell’omelia ha voluto così ricordare il 59enne: «Noi non possiamo sapere il tempo, il modo e la realtà in cui noi partiamo da questo mondo. Solo il Padre lo ha stabilito. La nostra vita da un momento all’altro ci lascia. La vita è di passaggio. Il Signore Gesù ha guarito sì, ma non tutti, ha risorto, ma non tutti, ma poi lui è morto sulla Croce dando la speranza. Crediamo, dico ai familiari, che nostro fratello Carmelo sia ora tra le braccia del Padre. La speranza ci aiuti a camminare in questa valle di lacrime».
Bloccato in casa da un guasto
Un cartello con la scritta: “Fuori servizio”. Di questa incredibile storia rimane solo questo divieto (quello ancora affisso sulla porta dell’ascensore) a ricordare la lotta di Carmelo contro un problema tecnico, un guasto mai risolto per mancanza di risorse economiche da parte del Comune, dovuto a una pericolosa risalita dell’acqua di falda nella buca del vano ascensore. Un contatto che poteva anche fulminare i condomini, secondo il sopralluogo effettuato dai Vigili del fuoco. Quindi la chiusura, lo scorso luglio, dopo aver scoperto che il vano cabina si era allagato completamente. «In tutto questo tempo mi sono rivolto al mondo intero, tra cui alcuni politici che sono venuti a farmi visita per prendere visione della situazione, ma non è successo niente. Non so più a chi rivolgermi e sto pensando anche di chiamare i carabinieri per denunciare quanto di allucinante sta accadendo».
In cerca di giustizia
Tutto vero, perché Carmelo aveva davvero chiamato le forze dell’ordine, tanto da essere subito raggiunto dagli agenti della polizia locale e i carabinieri, ma (nonostante avesse presentato i vari problemi) per formulare la denuncia bisognava andare in caserma: un passaggio – riuscire a lasciare l’appartamento o scendere per le scale – reso impossibile a causa del suo precario stato di salute, tra cui l’impossibilità a camminare. Ma in archivio quelle carte ci sono, con tutti i dettagli di una vita resa impossibile per colpa di quell’ascensore, fino alla morte.
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