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Destra e sinistra si giocano tutto in Umbria. La partita delle Regionali secondo Panarari #finsubito richiedi prestito immediato


Per il momento l’affluenza alle regionali di Umbria ed Emilia-Romagna è molto bassa. L’offerta politica, per la maggioranza degli elettori, resta insoddisfacente. Per entrambe le coalizioni, si gioca tutto in Umbria: se resta il centrodestra, Salvini (e Meloni) gongoleranno, mentre se perde il problema sarà interno al Carroccio. Se perde il centrosinistra, i malumori nel Pd potrebbero minare la tranquillità della segretaria dem, Elly Schelin. Colloquio con il sociologo di UniMoRe, Massimiliano Panarari

17/11/2024

È vero che c’è tempo fino a domani alle 15. Ma se i presupposti sono questi, le regionali in Umbria e in Emilia-Romagna rischiano di tagliare un triste traguardo rispetto alla bassissima partecipazione alle urne. Non possiamo ragionare su dati certi dell’affluenza, figuriamoci se lo possiamo fare sugli esiti che avranno queste consultazioni. Ci sono, però, delle previsioni e delle valutazioni – politiche e politologiche – che, attraverso la voce del sociologo e docente di UniMoRe, Massimiliano Panarari, abbiamo provato a formulare sulle colonne di Formiche.net.

Panarari, l’astensione preoccupa a maggior ragione in Emilia-Romagna dove, storicamente, c’è un’alta adesione al voto. 

Sì, a meno di impennate improvvise, il tasso di astensionismo resta altissimo. Come sempre, si intrecciano una serie di fattori: dal disinteresse generalizzato, passando per la disinformazione – o meglio – la scarsa informazione dei cittadini (e in questo hanno responsabilità anche i media), ma soprattutto la convinzione diffusa che l’offerta politica sia del tutto insoddisfacente.

Dopo la Liguria, con che expertise si presentano le due coalizioni contrapposte nei territori?

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Gli appuntamenti elettorali erano stati concepiti come una sorta di trittico. Il sinistra-centro pensava di poter fare il “cappotto” e vincere tutte e tre le Regioni. Chiaramente, dopo il voto ligure, questo non è accaduto e ora si gioca tutto in Umbria. Benché, in qualche modo, la coalizione di destra centro abbia già ottenuto un importante risultato.

Perché l’Umbria diventa la regione chiave?

In Emilia-Romagna, stando agli ultimi sondaggi, l’assetto di governo dovrebbe essere conservato. Per cui resta l’Umbria. Qui si giocano sorti importanti anche per gli alleati del governo nazionale, essendo Donatella Tesei l’unica governatrice leghista di una regione fuori dal Nord. D’altra parte, se il centrosinistra non riuscisse ad affermarsi neanche lì, soprattutto all’interno del Pd potrebbero tornare a farsi sentire in maniera piuttosto preoccupante per la segretaria nazionale le voci delle varie correnti. Forse non si arriverebbe alla messa in discussione tout court della leadership, ma sarebbe comunque un grosso problema.

Nell’offerta politica del campo largo, quanto pesano le fibrillazioni interne al Movimento 5 Stelle?

È un fattore che inevitabilmente grava sull’unità e soprattutto sull’operatività della coalizione. Il momento, per il Movimento 5 Stelle, è molto complesso. Il leader Giuseppe Conte probabilmente è consapevole che il suo partiti sarà destinato a essere junior partner della coalizione, ma vuole vendere cara la pelle. A maggior ragione in un frangente di forti contrapposizioni con il fondatore, Beppe Grillo. A questo si aggiunge un’ambiguità strutturale del Movimento, che è parte integrante del Dna dei grillini.

Il Pd, comunque, resta un partito che anche nei territori sembra riscuotere un buon successo. 

La tattica della classe dirigente dem è quella di attendere. L’obiettivo – in parte raggiunto, in parte no – è quello di intercettare una parte dei voti fuoriusciti dal Movimento. Ma questa tecnica, in termini di rapporti con l’alleato non è stata particolarmente pagante, nel senso che Conte continua a non voler cedere alla realtà, ossia di essere il partito di minoranza della coalizione. Per lo meno rispetto al Pd.

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A questo punto si pone il tema, reale, delle alleanze.

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Occorre guardare in faccia la realtà. Al momento, né Elly Schlein, né Giuseppe Conte hanno alternative. Peraltro con un gruppo dirigente dem marcatamente spostato a sinistra, l’appetibilità del partito verso una piattaforma più centrista è davvero complessa. A meno che…

A meno che?

È possibile che nel campo largo, in realtà, prevalga la volontà di restare all’opposizione piuttosto che lavorare a un’offerta politica realmente competitiva rispetto a quella del destra-centro di governo.



 

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