Si avvicina forse il rettilineo finale per fare chiarezza sulla riforma del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità noto anche come fondo Salva Stati, per quel che riguarda l’Italia. Roma è ad oggi l’unica Capitale, in Europa, che non ha dato il via libera alle modifiche. Ma senza l’ok dell’Italia il Mes non può essere operativo ed è bloccato per tutti.
Da tempo Bruxelles ha intensificato la pressione sul governo Meloni, tornando in pressing anche nell’ultimo Eurogruppo. Le recenti crisi bancarie – in Svizzera e negli Stati Uniti – spingono a fare in fretta, visto che il Mes è anche uno strumento chiave per affrontarle. Ma l’esecutivo continua a prendere tempo. La posizione della premier Giorgia Meloni è nota: “Finché io conto qualcosa, che l’Italia non acceda al Mes lo posso firmare con il sangue“. Negli ultimi mesi però si sono aperti margini di trattativa, anche nell’ottica di ottenere qualche concessione maggiore sulla rimodulazione del Pnrr (necessaria per i ritardi di messa a terra del Piano) e sulle prossime regole del Patto di stabilità.
Che cos’è il Mes
Il Meccanismo europeo di stabilità (European Stability Mechanism il nome originale) è un organismo nato nel 2012 con la funzione di prestare assistenza agli Stati in difficoltà finanziaria. A partire dal 2017 in sede europea si è iniziato a discutere di una possibile revisione del trattato istitutivo. La discussione si è conclusa il 27 gennaio 2021 con la firma da parte di tutti e 19 i Paesi dell’area Euro.
Quanti soldi ha versato l’Italia per il Mes?
L’Italia è il terzo contributore europeo. Il Mes ha un capitale sottoscritto pari a 704,78 miliardi, di cui il 17,75% garantito dall’Italia (circa 125 miliardi) che ha versato fino ad ora 14,2 miliardi.
Come spiega la Banca d’Italia, nel complesso sono 80,5 i miliardi versati al capitale e la capacità di prestito del Mes ammonta a 500 miliardi. I diritti di voto dei membri del Consiglio sono proporzionali al capitale sottoscritto dai rispettivi paesi. Germania, Francia e Italia hanno diritti di voto superiori al 15 per cento e possono quindi porre il loro veto anche sulle decisioni prese in condizioni di urgenza.
A che punto è l’iter di ratifica
Il testo ha iniziato lo scorso anno l’iter di ratifica. Al momento il testo è stato ratificato da 18 dei 19 Paesi. Dopo il via libera della Germania, in seguito al pronunciamento della Corte Costituzionale tedesca, resta solo l’Italia.
Quali sono i punti più importanti della revisione del trattato
Sempre la Banca d’Italia ricorda che “la proposta di riforma del Trattato istitutivo del Mes interviene sulle condizioni necessarie per la concessione di assistenza finanziaria e sui compiti svolti dal Mes in tale ambito, introducendo modifiche di portata complessivamente limitata; la riforma non prevede né annuncia un meccanismo di ristrutturazione dei debiti sovrani, non affida al Mes compiti di sorveglianza macroeconomica”.
Una delle novità principali della riforma è che si prevede che il Mes possa sostenere il Fondo di Risoluzione Unico per le banche, un paracadute per le banche europee in difficoltà alimentato dalle stesse banche, non dagli Stati. Di fronte a una crisi particolarmente grave potrebbe quindi chiedere un intervento del Mes. A regime, cioè dal 2023, il Fondo di Risoluzione Unico dovrebbe raggiungere una capienza di 60 miliardi, coprendo l’1% dei depositi dell’area Euro.
La riforma prevede poi un nuovo meccanismo per attivare l’assistenza finanziaria, dividendo il supporto in due corsie differenziate. La prima (Precautionary Conditioned Credit Line, PCCL), è destinata ai Paesi con le finanze pubbliche in ordine, sottoposto a shock temporanei, a cui viene richiesta la presentazione di una lettera di intenti in cui il Paesi di impegna a continuare a soddisfare i requisiti fissati dal trattato.
La seconda viene invece definita “di emergenza” (Enhanced Conditions Credit Line, ECCL). A questi Paesi viene chiesta la firma di Memorandum of Understanding in cui si fissano precisi impegni calibrati sull’entità del finanziamento. Nel dettaglio, il Consiglio dei governatori dovrebbe incaricare il direttore generale del Mes e la Commissione europea, insieme alla BCE, di negoziare con il membro interessato un protocollo d’intesa in cui vengono definite le condizioni da rispettare.
Inoltre la riforma del trattato prevede l’introduzione, per i nuovi titoli di Stato in emissione a partire dal 1° gennaio 2022, di clausole di azione collettiva a maggioranza unica. Si tratta di uno strumento che consente a una maggioranza qualificata di creditori di chiedere la ristrutturazione del debito. In altre parole, con la modifica di queste clausole, l’operazione di ristrutturazione del debito di un Paese viene semplificata.
La posizione di Bankitalia
Nella sua nota, Bankitalia risponde ad alcune critiche diffuse nell’opinione pubblica. Sostiene che il Mes “attenua i rischi di contagio connessi con eventuali crisi di un paese dell’area dell’euro, rischi che in passato si sono materializzati e hanno avuto gravi ripercussioni sul nostro paese (come è accaduto, ad esempio, a partire dal 2010 con la crisi della Grecia)”. Oltre a ridurre “la probabilità di un default sovrano”, poi, con la funzione da backstop del Fondo di risoluzione unico, “contribuirebbe anche a contenere i rischi di contagio connessi con eventuali crisi bancarie di rilievo sistemico”. Inoltre, ribadisce la vigilanza, “la riforma non prevede né annuncia un meccanismo automatico di ristrutturazione dei debiti sovrani“.
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