In questi anni si sta sempre più parlando di relazioni stabili e matrimoni in cui entrambi i partner decidono di non convivere, ma di mantenere due abitazioni distinte.
È palese, le nuove relazioni sono sempre più lontane da quelle dei nostri nonni o dei nostri genitori: fidanzamento, matrimonio, mutuo e comunione dei beni sembrano essere ormai demodé.
Sempre più coppie, infatti, decidono di vivere in case separate.
È un nuovo modo di vivere le relazioni di coppia, soprattutto per i single di vecchia data o per chi ha avuto esperienze di convivenza catastrofiche: mantenere il proprio spazio vitale è diventato fondamentale.
Molte persone abituate a vivere da sole si sono create una sorta di microcosmo di abitudini e di routine che non vogliono condividere, non per egoismo o gelosia, ma per il proprio benessere psicofisico. La quotidianità è infatti molto lontana dai telefilm con famiglie sempre sorridenti, felici e divertenti: dai Jefferson alla famiglia Bradford, dai Robinson a Otto sotto un tetto, da Dawson’s Creek a Beverly Hills, da Tutto in famiglia a Desperate Housewives.La realtà non è proprio questa.
Se un tempo vivere in case diverse poteva essere dettata da motivi pratici (come, ad esempio, luoghi di lavoro in città diverse) oggi si tratta di una scelta libera e consapevole. Inutile negarlo: è cambiata la concezione della coppia, dello stare insieme e del costruire i rapporti, che ormai sono diventati sempre più flessibili e duttili. Forse anche fragili.
L’Istat ha realizzato uno studio approfondito su questa tendenza e ha preso in prestito l’acronimo anglosassone LAT (Living Apart Together). In Italia, le coppie di fatto o sposate che condividono circa un paio di giorni alla settimana sotto lo stesso tetto ma con due residenze separate, sono il 35%. Insomma: due giorni da me, due giorni da te, ma poi ognuno a casa sua.
Gli acceleratori di questo modo di vivere sono stati il Covid (che ha implementato la necessità di avere un proprio spazio personale), la globalizzazione del mercato del lavoro e l’emancipazione femminile.
Ma perché si fa questa scelta condivisa?
Queste coppie mettono al centro la valorizzazione del proprio spazio individuale e personale, anche se le motivazioni precise sono molto diverse e dipendono dal tipo di coppia. Tuttavia, è inutile negare come coppie LAT ormai facciano parte del nuovo panorama sociale; questa decisione sembra basarsi su alcuni benefici, tra cui:
- Consentire ad eventuali figli di crescere in due ambienti distinti, arricchendone la vita e le possibilità;
- Avere la possibilità di costruire un rapporto romantico mantenendo un proprio spazio personale;
- Avere l’occasione di vivere in due ambienti culturalmente diversi (per esempio, in città e in campagna, al mare e in montagna e così via);
- Mantenere la propria libertà individuale all’interno della propria abitazione;
- La libera gestione delle finanze (che spesso genera attriti di coppia);
- La possibilità di concentrarsi sul lavoro o sugli hobby senza interferenze da parte del partner.
Alcune coppie, invece, hanno motivazioni emotive, come la fine della precedente convivenza o la mancanza di volontà di imporre un nuovo partner sui figli avuti da una precedente relazione.
La qualità della relazione non è più dunque basata sul condividere gli stessi spazi o vivere “due cuori e una capanna”, ma la sintonizzazione emotiva e il farsi carico dei bisogni reciproci. Il tutto, però, part-time.
Ci sono alcune coppie famose che hanno parlato apertamente della loro LAT. Ad esempio, Gwyneth Paltrow e Brad Falchuk, Woody Allen e Mia Farrow, Margaret Drabble e Micheal Holroyd, Helena Bonham Carter e Tim Burton, il pianista Fryderyk Chopin e la scrittrice George Sand, lo scrittore Jean-Paul Sartre e la femminista Simone de Beauvoir.
Ad oggi, nessuno ha inventato la formula magica per scegliere se convivere o farne serenamente a meno. Sicuramente la convivenza abbatte il senso di solitudine e accresce la percezione di stabilità della relazione, consentendo anche di creare una quotidianità e una routine di coppia. La LAT permette invece di tutelare la coppia dalla monotonia, conservare i propri spazi personali e aumentare il desiderio sessuale verso il partner.
Attenzione però, perché c’è anche da considerare l’aspetto economico! Infatti, scegliere di mantenere la propria indipendenza è sicuramente più costoso che condividere casa, bollette, spese e chi più ne ha più ne metta. Vivere da soli costerebbe ogni mese il 47% in più rispetto alla convivenza.
In ogni caso, in amore vince chi lo vive secondo le proprie regole di coppia. Basta che siano sempre condivise e mai giudicabili da semplici osservatori esterni.
Mi chiedo se la convivenza abbia perso il suo ruolo… Forse è proprio il vivere separati che fa durare l’amore?
Elisabetta Carbone
Leggi anche: La coppia (non) è un porto sicuro
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