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Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con Sentenza n. 3702 del 13/02/2017, hanno risolto un contrasto procedurale apparentemente banale ma, in realtà, di grande importanza, quale la validità della notifica al difensore domiciliatario volontariamente cancellatosi dall’albo prima della notifica stessa.

Iniziamo dai fatti all’analisi dei giudici.

Con sentenza non definitiva depositata il 23.4.12 la Corte d’appello di Ancona, in totale riforma della pronuncia di primo grado, qualificava come societario il rapporto svoltosi tra F.E. e G.B. e dichiarava il diritto del primo di conseguire dal secondo il pagamento del 50% degli utili arretrati prodotti dalla società e dell’eventuale liquidazione del rapporto di agenzia, nonché la liquidazione della quota sociale e il risarcimento del danno per l’anticipata risoluzione del contratto provocata dal G.B.

Ricorre per Cassazione G.B. affidandosi a cinque motivi.

La prima sezione della Corte di Cassazione, alla quale il ricorso era stato inizialmente affidato, riguardo al primo motivo di impugnazione ha rilevato posizioni non coincidenti, in giurisprudenza, circa la sorte della notifica dell’atto d’appello eseguita nei confronti del procuratore dell’appellato che, al momento della notifica medesima, risultava cancellato dall’albo. 

Il dubbio della Prima Sezione era se da ritenersi giuridicamente inesistente, oppure nulla o, invece, idonea ad instaurare validamente il contraddittorio e ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

Ciò detto, il ricorso è stato rimesso al Primo Presidente, il quale lo ha poi assegnato alle sezioni unite.

Il primo motivo di ricorso, che qui interessa a noi, ha ad oggetto violazione e falsa applicazione dell’art. 330 cod. proc. civ. e nullità dell’impugnata sentenza non definitiva, per nullità della notifica dell’atto di citazione in appello del 24.5.07, eseguita in violazione dell’art. 330 cod. proc. civ. nei confronti dell’avv. S.B. quale procuratore dell’appellato G.B., sebbene costui si fosse volontariamente cancellato dall’albo degli avvocati a far data dal 20.9.06 (vale a dire nelle more tra il deposito della sentenza di primo grado e la notifica dell’atto di appello).

Le sezioni Unite ragionano sul dubbio se la notifica dell’atto di impugnazione eseguita nei confronti del procuratore domiciliatario volontariamente cancellatosi dall’albo prima della notifica medesima, ma dopo il deposito della sentenza impugnata, sia o non sia idonea ad instaurare validamente il contraddittorio e ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

La Corte ripercorre la redazione del Codice di rito.

Nel testo definitivo del codice (art. 301), in luogo di <<decadenza>> si legge <<radiazione>>, lemma dall’indubbia accezione sanzionatoria, mentre l’esclusione, dal novero delle cause di interruzione, della revoca della procura e della rinuncia ad essa, prima prevista in altro articolo, è stata formulata nello stesso art. 301, comma 3.

Ciò, secondo la Corte, non implica, secondo l’argomento c.d. del legislatore consapevole, che la cancellazione volontaria ad istanza del professionista fosse stata intenzionalmente tenuta fuori dalla disciplina dell’art. 301 cod. proc. civ., comma 1. Ma la non decisività (se non l’intrinseca debolezza) dell’argomento c.d. del legislatore consapevole, traducibile nel brocardo ubi /ex tacuit noluit, consiglia di prendere atto che il caso di cui si discute non è espressamente regolato dal vigente codice di rito.

Ne discende, secondo la Corte, l’obbligo, per l’interprete, di ovviare a tale lacuna, cosa che la giurisprudenza della Suprema Corte stessa ha fatto dando luogo a tre diversi orientamenti circa la sorte della notifica eseguita al procuratore costituito, nel frattempo volontariamente cancellatosi, dall’albo.

Il primo indirizzo interpretativo propende per l’inesistenza della notifica, e muove da Sent. Cass. S.U. n. 935/68.

Alla prima pronuncia delle S.U. ha poi fatto seguito altro intervento delle S.U. medesime con la sentenza 21.11.1996, n. 10284, il cui orientamento si fonda sui seguenti rilievi: 1) impossibilità di ulteriore esercizio della professione forense da parte del difensore non (più) iscritto all’albo, esercizio sanzionato anche sotto il profilo penale, difetto di iscrizione che importa la perdita dello ius postulandi, come capacità di compiere o ricevere atti processuali, nonché il venir meno dell’elezione di domicilio; 2) inapplicabilità, per effetto della perdita dello ius postulandi, del principio di ultrattività del mandato, atteso che l’esercizio della professione diviene ex se illegittimo; 3) necessità di garantire il rispetto del diritto di difesa (art. 24 Cost.) e al contraddittorio (art. 111 Cost.) della parte rappresentata dal difensore cancellatosi dall’albo; 4) necessità d’una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 301, comma 1, cod. proc. civ. in funzione di garanzia del diritto di difesa della parte rappresentata dal difensore cancellatosi dall’albo, tale da ricomprendere tra le cause di interruzione del processo, in via estensiva o analogica, anche l’ipotesi di cancellazione volontaria dall’albo.

La seconda opzione seguita nella giurisprudenza della Corte di Cassazione è quella della nullità della notifica dell’atto di impugnazione, in sintesi così argomentata dalle pronunce che l’hanno condivisa (si vedano Sent. Cass. n. 12478/13; Cass. n. 9528/09; Cass. n. 27450/05; Cass. n. 11360/99):

  1. il procuratore cancellato dall’albo non è ulteriormente legittimato ad esercitare la professione forense (v. art. 1 r.d. n. 1578/33 e, oggi, art. 2, comma 3, legge n. 247/12);
  2. le notificazioni eseguite nei suoi confronti sono, pertanto, viziate, siccome non rispondenti alla previsione normativa di cui all’art. 330 cod. proc. civ., in quanto indirizzate ad un soggetto non più abilitato a riceverle;
  3. lo scostamento rispetto alle previsioni normative, tuttavia, non è sempre causa di inesistenza dell’atto, dovendosi distinguere tra notificazioni inesistenti e nulle.
  4. il domiciliatario cancellatosi volontariamente dall’albo non è un soggetto totalmente estraneo ma, proprio per il ruolo originariamente rivestito, è certamente collegabile al destinatario dell’atto;
  5. le notificazioni eseguite nei confronti del domiciliatario cancellatosi dall’albo sono, pertanto, nulle e non inesistenti: ne scaturisce che il vizio della notificazione dell’atto di gravame può essere sanato, con efficacia retroattiva, dalla costituzione volontaria dell’appellato o dando tempestivamente seguito all’ordine di rinnovazione della notifica medesima, ex art. 291 cod. proc. civ.

La Corte esclude, nel caso concreto, la tesi dell’inesistenza della notifica, non più suscettibile di essere confermata dopo che recente sentenza delle S.U. della Corte di Cassazione (n. 14916/16), ha fissato i criteri guida affinché una notifica possa considerarsi inesistente. 

Essa è tale o perché priva degli essenziali elementi costitutivi idonei a rendere un atto riconoscibile come notificazione o perché meramente tentata e, quindi, omessa. Tali elementi costitutivi sono: a) un’attività di trasmissione svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) una fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita).

La notifica è, invece, meramente tentata quando l’atto sia stato restituito, puramente e semplicemente, al mittente. Non è questo il caso, giacché nella vicenda in esame l’atto è stato trattenuto dalla predetta avv. F.S. quale collega di studio dell’avv. S.B. e incaricata di consegnarglielo, sebbene alla data della notifica (24.5.07) l’avv. S.B. si fosse già volontariamente cancellato dall’albo (in data 20.9.06).

Diversa sarebbe l’ipotesi – diversa dal caso in esame – d’una notifica in via telematica, poiché con la cancellazione dall’albo cessa anche l’operatività dell’indirizzo di posta elettronica dell’avvocato, sicché la notifica non potrebbe avere luogo (nel senso che il sistema non produrrebbe la ricevuta telematica) e la notifica, risultando meramente tentata, dovrebbe qualificarsi come inesistente.

In conclusione, delle tre sopra citate tesi della Corte di Cassazione, restano in campo le due opzioni ricostruttive residue: nullità della notifica eseguita al procuratore costituito, poi volontariamente cancellatosi dall’albo, o sua idoneità ad instaurare validamente il contraddittorio e ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

La cancellazione dall’albo produce i propri effetti di perdita dello ius postulandi (quanto meno nel lato attivo) prima e a prescindere dalla relativa comunicazione ai mandanti ad opera del procuratore cancellatosi.

Diverso sarebbe della revoca della procura da parte del cliente o la rinuncia alla procura da parte del difensore, a norma dell’art. 85 cod. proc. civ., che secondo la Corte, non fanno perdere al procuratore (rinunciante o revocato) lo ius postulandi e la rappresentanza legale del cliente per tutti gli atti del processo, fino a quando non si sia provveduto alla sua sostituzione con un altro procuratore (Sent. Cass. S.U. n. 11303/95). Qualcuno potrebbe affermare che il procuratore cancellatosi dall’albo può, fino a quando non venga sostituito, ricevere atti e compierne in nome e per conto del proprio assistito: vi osta il rilievo che ciò che è consentito al mero procuratore rinunciante non è consentito a quello che addirittura si cancella dall’albo, poiché il primo non perde la propria capacità come soggetto professionalmente abilitato, il secondo sì. E non si può trascurare che l’esercizio della professione da parte dell’avvocato non iscritto all’albo è comunque vietato dalla legge professionale, oltre ad integrare il delitto di cui all’art. 348 cod. pen.

La Corte torna infine sull’asserita inapplicabilità dell’art. 301, comma 1, cod. proc. civ., sulla quale si può obiettare che la norma può essere intesa come disposizione che distingue le ipotesi non già in relazione alle cause del venir meno dello ius postulandi (se connesse o non al loro verificarsi entro la sfera di dominio del difensore), ma alla perdita dello status di avvocato e procuratore legalmente esercente, non importa per quale causa (che sia volontaria o non lo sia).

In conclusione, tutte le predette considerazioni hanno indotto le illustri Sezioni Unite a propendere per l’opzione ermeneutica della nullità della notifica, ancorché sanabile. Essa tutela pienamente la parte appellata rappresentata dal procuratore poi cancellatosi dall’albo ed è coerente con il disposto dell’art. 330, comma 1, cod. proc. civ., poiché indubbiamente la notifica viene ricevuta da soggetto non più abilitato a riceverla, senza dover ipotizzare una riconduzione all’art. 85 cod. proc. civ. dell’ipotesi della cancellazione volontaria dall’albo e, a sua volta e all’interno di tale norma, senza dover distinguere gli effetti della rinuncia tra quelli (in)operanti nel lato attivo o passivo. 

La tesi della nullità è altresì coerente con l’art. 11 legge n. 53/94 (“Le notificazioni di cui alla presente legge sono nulle e la nullità è rilevabile d’ufficio, se mancano i requisiti soggettivi ed oggettivi ivi previsti, se non sono osservate le disposizioni di cui agli, articoli precedenti e, comunque, se vi è incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell’atto o sulla data della notifica.”): sicuramente in caso di notifica al procuratore volontariamente cancellatosi dall’albo mancano i requisiti soggettivi di cui all’art. 330, comma 1, cod. proc. civ., così come mancano i requisiti soggettivi dell’avvocato destinatario di cui all’art. 4, comma 2, stessa legge n. 53/94 là dove si prevede che ”La notifica può essere eseguita mediante consegna di copia dell’atto nel domicilio del destinatario se questi e il notificante sono iscritti nello stesso albo”. Il riferimento all’iscrizione nello stesso albo suppone, appunto, che essa sia attuale: in caso contrario la notifica ex lege n. 53/94 non può avere luogo.

Si tratta d’una nullità sanabile ex tunc grazie alla spontanea costituzione, nel giudizio d’appello, dell’altra parte, o sanabile mediante rinnovazione della notifica ex art. 291 cod. proc. civ., ma non anche suscettibile di applicazione dell’art. 157 ult. co. cod. proc. civ., secondo il quale la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa.

Il notificante, come ha l’onere di verificare, l’attuale domicilio professionale dell’avvocato cui è indirizzata la notifica, così ha l’onere di verificare l’attualità della sua iscrizione all’albo.

Ciò che conta nell’ottica dell’art. 301, co. 1, cod. proc. civ. non è la causa della perdita dello ius postulandi (volontaria o non), ma il fatto che si tratti di causa che importi la perdita dello status di avvocato.

Ulteriore corollario è che la notifica nulla non pregiudica il notificante, perché fino al venir meno della causa di interruzione o fino alla sostituzione del procuratore cancellatosi dall’albo il termine di impugnazione non riprende a decorrere.

Ecco, dunque, i principi di diritto enunciati dalla Suprema Corte: 

“La notifica dell’atto d’appello eseguita al difensore dell’appellato che, nelle more del decorso del termine di impugnazione, si sia volontariamente cancellato dall’albo professionale, non è inesistente – ove il procedimento notificatorio, avviato ad istanza di soggetto qualificato e dotato della possibilità giuridica di compiere detta attività, si sia comunque concluso con la consegna dell’atto – ma nulla per violazione dell’art. 330, comma 1, cod. proc. civ., in quanto indirizzata ad un soggetto non più abilitato a riceverla, atteso che la volontaria cancellazione dall’albo degli avvocati importa per il professionista la simultanea perdita dello ius postulandi tanto nel lato attivo quanto in quello passivo.

Tale nullità della notifica – ove non sia stata sanata, con efficacia retroattiva, mediante sua rinnovazione dando tempestivamente seguito all’ordine ex art. 291, comma 1, cod. proc. civ. o grazie alla volontaria costituzione dell’appellato – importa nullità del procedimento e della sentenza d’appello, ma non anche il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, giacché l’art. 301, comma 1, cod. proc. civ. deve ricomprendere tra le cause di interruzione del processo, secondo interpretazione costituzionalmente conforme in funzione di garanzia del diritto di difesa, anche l’ipotesi dell’avvocato che si sia volontariamente cancellato dall’albo, con l’ulteriore conseguenza che il termine di impugnazione non riprende a decorrere fino al venir meno della causa di interruzione o fino alla sostituzione del difensore volontariamente cancellatosi.”.

Sul tema si segnala:

(Altalex, 23 marzo 2017. Nota di Davide Giovanni Daleffe)

 

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