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Le Sezioni Unite della Suprema Corte, con la decisione n. 23620 del 28 settembre 2018, nel rilevare, preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per cassazione causa il mancato rispetto del termine previsto dall’art. 325 c.p.c., comma 2, decorrente, ai sensi del successivo art. 326 c.p.c, dalla notifica della sentenza al procuratore costituito, prendono comunque in esame le deduzioni con le quali, parte ricorrente, vorrebbe dimostrare la nullità della detta notificazione, effettuata tramite PEC ai sensi e per gli effetti della L. n. 53 del 1994, tale da impedire la decorrenza del termine “breve” previsto dall’art. 325 c.p.c.

Gli Ermellini concludono, con le argomentazioni di seguito esposte, per la validità della notifica PEC effettuata dalla controricorrente.

Si eccepisce, in primis, che nella relata di notifica il notificante avrebbe dichiarato di aver estratto l’indirizzo di posta elettronica certificata del procuratore destinatario della notifica, dall’Albo degli Avvocati del Foro di Messina il quale non sarebbe ricompreso tra i “pubblici elenchi” utilizzabili per le notifiche degli avvocati tramite PEC regolate dalla L. 53/94 e previsti dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, art. 4 e art. 16, comma 12, di conversione del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179.

Per le Sezioni Unite tale obiezione non coglie nel segno in quanto, a seguito dell’introduzione del “domicilio digitale “Salvo quanto previsto dall’art. 366 c.p.c., quando la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, risultante dagli elenchi di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 6 bis, nonchè dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia“; tale norma, dunque, imponendo alle parti la notificazione dei propri atti presso l’indirizzo p.e.c. risultante dagli elenchi INI PEC di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 6 bis, ovvero presso il ReGIndE, di cui al D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, gestito dal Ministero della giustizia, certamente implica un riferimento all’indirizzo di posta elettronica risultante dagli albi professionali, atteso che, in virtù della prescrizione contenuta nel citato D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 6 bis, commi 2 bis e 5, al difensore fa capo l’obbligo di comunicare il proprio indirizzo all’ordine di appartenenza e a quest’ultimo è tenuto a inserirlo sia nel registro INI PEC, che nel ReGIndE.

Aggiunge poi la Corte che non può omettersi di considerare, inoltre, che l’art. 5 della citata L. n. 53 del 1994 espressamente prevede che “…l’atto deve essere trasmesso a mezzo posta elettronica certificata all’indirizzo di posta elettronica certificata che il destinatario ha comunicato al proprio ordine, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.”.

A sostegno delle proprie argomentazioni gli Ermellini poi richiamano il principio enunciato dalla Corte con la decisione 11 luglio 2017, n. 17048, secondo il quale “in materia di notificazioni al difensore, a seguito dell’introduzione del “domicilio digitale”, corrispondente all’indirizzo p.e.c. che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’ordine di appartenenza, previsto dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16 sexies (conv., con modif., dalla L. n. 221 del 2012), come modificato dal D.L. n. 90 del 2014 (conv., con modif., dalla L. n. 114 del 2014), non è più possibile procedere – ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82 – alle comunicazioni o alle notificazioni presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede quest’ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l’indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario” e, concludono in merito a tale eccezione ritenendo che la notifica della sentenza impugnata, essendo stata effettuata nella vigenza del richiamato D.L. n. 179 del 2012, art. 16 bis, risulta correttamente eseguita – con conseguente decorrenza del termine previsto dall’art. 325 c.p.c. – all’indirizzo di posta elettronica del destinatario e da questi, in precedenza, comunicato al Consiglio dell’ordine degli avvocati di Messina.

Spiace non poter condividere il ragionamento e le conclusioni alle quali le Sezioni Unite pervengono, essendo assolutamente evidente come le stesse contrastino con la vigente normativa e, in particolare, con la disposizione contenuta nell’art. 3 bis della L. 53/94 la quale, al comma primo, dispone che:

Legge n. 53/94

Art. 3 bis
1. La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi.

Nel caso che ci occupa, è il notificante ad affermare, in relata, nella sua qualità di pubblico ufficiale, di aver estratto l’indirizzo PEC del destinatario della notifica, dall’Albo degli Avvocati del Foro di Messina ma quest’ultimo non è ricompreso tra i pubblici elenchi validi per legge determinati e quindi validi per le notifiche PEC L. 53/94; ciò è sufficiente per affermare che la notifica è nulla così come disposto dall’art. 11 L. 53/94.

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Per conoscere quali sono i pubblici elenchi previsti dalla legge che l’avvocato dovrà consultare per verificare, prima, l’esistenza dell’indirizzo PEC del destinatario e poter procedere, poi, alla notifica in proprio, tramite PEC, bisogna fare riferimento all’art. 16 ter della Legge 17 dicembre 2012, n. 221 di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, così come a sua volta modificato dall’art. 45 bis, comma 2, del decreto legge n. 90 del 2014 convertito con la Legge 11 agosto 2014 n. 114 pubblicata in G.U. il 18 agosto 2014 ed in vigore dal 19 agosto 2014:

Legge 17 dicembre 2012, n. 221

Art. 16 ter – Pubblici elenchi per notificazioni e comunicazioni

A decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 4 e 16, comma 12, del presente decreto; dall’articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, dall’articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia.

(comma così modificato dall’art. 45-bis, comma 2, decreto legge n. 90 del 2014 convertito con la Legge 11 agosto 2014 n. 114 pubblicata in G.U. il 18 agosto 2014 ed in vigore dal 19 agosto 2014.).

Dalla lettura della norma si evince che, ad oggi, i pubblici elenchi richiamati dall’art. 3 bis della L. 53/94, sono i seguenti:

1) IL DOMICILIO DIGITALE DEL CITTADINO

(previsto dall’art. 4 Legge 17 dicembre 2012, n. 221 conversione, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179).

Tale elenco non è ancora stato istituito.

2) REGISTRO PP.AA

Registro contenente gli indirizzi di Posta Elettronica Certificata delle Amministrazioni pubbliche ai sensi del DL 179/2012 art 16, comma 12 – consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati.

Il completamento di tale elenco è fissato per il 30 novembre 2014, termine questo stabilito dall’art. 47 n. 1 del decreto legge n. 90 del 2014 convertito con la Legge 11 agosto 2014 n. 114 pubblicata in G.U. il 18 agosto 2014 ed in vigore dal 19 agosto 2014.

Tale registro non è liberamente consultabile, essendo necessaria l’identificazione c.d. “forte” tramite token crittografico (esempio: smart card, chiavetta USB) contenente un certificato di autenticazione.

E’ possibile consultare l’elenco tramite l’area riservata del Portale dei Servizi Telematici del Ministero della Giustizia.

3) REGISTRO IMPRESE

(previsto dall’articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2).

E’ possibile consultare liberamente l’elenco cliccando qui.

4) INDICE NAZIONALE DELLA POSTA ELETTRONICA CERTIFICATA (INIPEC)

(previsto dall’art. 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82).

E’ possibile consultare liberamente l’elenco cliccando qui.

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5) ReGIndE

il Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE), gestito dal Ministero della Giustizia, contiene i dati identificativi nonché l’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) dei soggetti abilitati esterni, ovverossia:

1) appartenenti ad un ente pubblico

2) professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge

3) ausiliari del giudice non appartenenti ad un ordine di categoria o che appartengono ad ente/ordine professionale che non abbia ancora inviato l’albo al Ministero della giustizia (questo non si applica per gli avvocati, il cui specifico ruolo di difensore implica che l’invio dell’albo deve essere sempre fatto dall’Ordine di appartenenza o dall’ente che si difende).

Tale registro non è liberamente consultabile, essendo necessaria l’identificazione c.d. “forte” tramite token crittografico (esempio: smart card, chiavetta USB) contenente un certificato di autenticazione.

Si ricorda, inoltre, che dal luglio 2014 non è più considerato pubblico elenco ai fini delle notifiche PEC della L. 53/94, l’IPA (www.indicepa.gov.it – indice delle pubbliche amministrazioni).

Si dimostra, quindi, come non sia, ad oggi, pubblico elenco valido per le notifiche PEC L. 53/94, l’Albo degli Avvocati e, a ben riflettere, è anche logico che non possa esserlo posto che, pur essendo vero che l’avvocato, al pari di ogni altro professionista, ha l’obbligo di comunicare al Consiglio dell’Ordine il proprio indirizzo PEC affinchè poi l’Ordine possa trasmetterlo telematicamente al Ministero della Giustizia per alimentare il REGINDE, non è assolutamente vero che tutti gli Ordini, utilizzino il medesimo software sia per gestire e trasmettere le PEC degli iscritti al REGINDE sia per elaborare i dati per la stampa cartacea o la pubblicazione online dell’Albo; potrebbe, quindi, verificarsi che, a seguito di modifica comunicata dall’iscritto alla segreteria del COA, l’indirizzo PEC risultante da REGINDE sia diverso da quello presente nell’Albo avvocati ove gli addetti della segreteria, tempestivamente e contemporaneamente, non aggiornino il dato su entrambi i database senza da ultimo considerare che, nel caso di specie, non si evince se ad essere consultato dal notificante sia stato l’albo telematico o quello cartaceo posto che, in tale ultima ipotesi, sarebbe difficile, se non impossibile, presumere e considerare corretto e aggiornato l’indirizzo PEC in esso presente.

Le Sezioni Unite errano, pertanto, nel ritenere l’Albo degli Avvocati quale pubblico elenco valido per conoscere l’indirizzo PEC della notifica effettuata, in proprio, dal difensore ai sensi della L. 53/94 e, sotto tale profilo, errano, conseguentemente, nel ritenere la notifica valida. In tale ipotesi il Collegio avrebbe dovuto, da una parte, rilevare la nullità della notifica ex art. 11 L. 53/94, posto che l’Albo degli Avvocati non è pubblico elenco valido per attingere gli indirizzi PEC dei destinatari della stessa e, dall’altra, considerare la nullità sanata per il raggiungimento dello scopo, in applicazione dell’art. 156 c.p.c. a seguito della costituzione in giudizio del destinatario della stessa (principio già affermato, sempre dalle Sezioni Unite, con la decisione n. 7665/16).

I Giudici di Piazza Cavour, poi, respingono anche le ulteriori doglianze manifestate dal ricorrente, relative sia alla mancata indicazione del codice fiscale e della dizione “notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994” sul presupposto che “Questa Corte ha di recente espresso un orientamento, in tema di notificazione in via telematica, inteso a privilegiare la funzione della stessa, con la conseguenza che il raggiungimento dello scopo della notifica, vale a dire la produzione del risultato della conoscenza dell’atto notificato a mezzo di posta elettronica certificata, priva di significativo rilievo la presenza di meri vizi di natura procedimentale (come, ad esempio, l’estensione.doc in luogo del formato pdf), ove l’erronea applicazione della regola processuale non abbia comportato (ovvero, come nella specie, non sia stata neppure prospettata) una lesione del diritto di difesa, oppure altro pregiudizio per la decisione (Cass., Sez. U, 18 aprile 2016, n. 7665).”.

Aggiunge poi il Collegio che “la mancata indicazione nell’oggetto del messaggio di p.e.c. della dizione notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994 costituisce mera irregolarità, essendo comunque raggiunto lo scopo della notificazione, avendola il destinatario ricevuta ed avendo mostrato di averne ben compreso il contenuto (Cass., 4 ottobre 2016, n. 19814)…” e che “Quanto all’omessa indicazione del codice fiscale … valgano le superiori considerazioni, dovendosi per altro osservare che il principio desumibile dall’art. 156 c.p.c., comma 3, risulta recepito nella stessa L. n. 53 del 1994, che all’art. 11 prevede che la nullità delle notificazioni telematiche incorre qualora siano violate le relative norme (contenute negli articoli precedenti) e, comunque, se vi è incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell’atto o sulla data della notifica”.

Alle Colleghe e Colleghi, a prescindere dalle interpretazioni e decisioni salvifiche della Corte e dei Giudici di merito, raccomando di osservare e di attenersi, sempre e scrupolosamente, al contenuto delle norme in quanto solo così potranno avere certezza di non incorrere in responsabilità deontologiche e professionali posto che, è notorio, come la giurisprudenza, anche quella apparentemente granitica possa, nel tempo, mutare.

(Altalex, 7 novembre 2018. Nota di Maurizio Reale)

 

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