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Pioggia di emendamenti sulla manovra di bilancio – Fiscal Focus #finsubito prestito immediato


Calcolando almeno un’ora di discussione per ognuno, al minimo sindacale, per esaminare i 4.562 emendamenti alla Manovra 2025 depositati in commissione Bilancio della Camera servirebbero più o meno 190 giorni, un po’ più di sei mesi.

Nella battaglia per modificare la legge di bilancio, il record di emendamenti spetta al M5S che tocca quota 1.200, seguito da PD con 992 e Alleanza Verdi Sinistra che si ferma a 352. Nel più puro fai da te dell’emendamento, le opposizioni si ritrovano su una decina di emendamenti ‘unitari’ che riguardano i fondi sull’automotive, il salario minimo, la ricostruzione in Emilia-Romagna e un punto in particolare controfirmato da tutti i leader: la richiesta di stanziare per il Sistema sanitario nazionale 6.802 milioni di euro per il 2025, 10.578 per il 2026, 11.280, 12.163, 13.225 e 14.398 milioni per gli anni successivo fino al 2030.

Il PD si concentra su sanità pubblica, istruzione, lavoro, politica industriale green e diritti, con l’obiettivo generale di mostrare “un’altra idea dell’Italia”. Italia Viva parte dal principio di “impedire un aumento della pressione fiscale in una manovra priva di visione e misure per la crescita”.
Ma anche la maggioranza non è da meno: dei 1.200 emendamenti del centrodestra, Forza Italia si difende con 501 emendamenti, seguiti dalla Lega con 428, a seguire FdI con 190 e Noi Moderati con 142. Fra i più impellenti, per i leghisti, il varo della rottamazione quinquies per le cartelle dal primo gennaio 2000 al 31 dicembre 2023, con l’aggiunta di un intervento sul tetto al bonus mobili, l’allargamento del bonus mamme alle lavoratrici domestiche e ancora le pensioni e la flessibilità in uscita. Dal Carroccio anche la richiesta di fermare o ridurre l’aumento della tassazione sui profitti delle criptovalute.

Forza Italia sceglie invece di concentrarsi sull’editoria, con l’esenzione dalla web tax per Rai, tv, radio e testate online, oltre a chiedere l’eliminazione della norma che introduce dei revisori del Mef da società ed enti che ricevono almeno 100mila euro di finanziamenti pubblici e per finire la riduzione della seconda aliquota Irpef dal 35 al 33% con estensione della fascia ai redditi fino a 60mila euro. Salta invece la proposta della tassazione light per chi vende una casa ristrutturata col Superbonus, finita direttamente tra i 133 emendamenti bollati come inammissibili.
Il piatto forte resta il taglio dell’Irpef, partita che si gioca sulle risorse in arrivo dal Concordato preventivo biennale, per adesso una delusione, visto che alla scadenza del 31 ottobre nelle casse sono arrivati 1,3 miliardi e la decisione di riaprire i termini fino al 12 dicembre.

A questa, si aggiunge quella che qualcuno ha definito la “norma anti-Renzi”: presentata dalla deputata di Fratelli d’Italia Alice Buonguerrieri, la norma prevede di bloccare la possibilità per ministri, parlamentari e presidenti di Regione di percepire compensi di oltre 50mila euro da Paesi esteri.

Quello degli emendamenti, come sono chiamate le richieste di modifiche normative, è un modo per rallentare gli iter parlamentari che ha toccato il record italiano (e probabilmente anche quello mondiale) nel 2015, quando il senatore Calderoli riuscì a presentare 83 milioni di emendamenti, generati automaticamente da un programma. Se avessero dovuti essere esanimati tutti, calcolandone uno al minuto, 7 giorni su 7, qualcuno ha calcolato che il Senato avrebbe impiegato 157 anni e 4 mesi, finendo più o meno in concomitanza con il 217esimo compleanno del senatore leghista.

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Secondo consuetudine, entro lunedì dei 4.562 emendamenti presentati per chiedere modifica alla Legge di Bilancio 2025 ne saranno rimasti circa 250, soltanto quelli “segnalati” dalla commissione come meritevoli di essere almeno valutati.





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