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BARI – Il progetto puntava al raddoppio del primo parco commerciale della Puglia, quello di Casamassima, una operazione da 100 milioni di euro che avrebbe dovuto coinvolgere i big mondiali della grande distribuzione. A ostacolarlo è stato il mancato rilascio dei permessi. E così il tentativo di salvare la Sud Commerci si è infranto, a inizio dicembre, sul «no» del Tribunale di Bari alla seconda proposta di concordato preventivo.

È fallita così l’ultima delle società nate vent’anni fa dall’iniziativa della famiglia Degennaro di Bari (lato Lum), nel frattempo finita in un fondo immobiliare: secondo i giudici, infatti, il valore reale dei beni non coprirebbe nemmeno metà dei 90 milioni di debiti accumulati nei confronti dell’erario e delle banche. A chiedere il fallimento era stata la Fire, una joint venture immobiliare di famiglia fallita anch’essa, che a Bari visse un momento di celebrità quando – intorno al 2011 – annunciò di voler comprare la squadra di calcio cittadina per investire nel progetto di un nuovo stadio.

Una storia complicata, che incrocia uno dei grandi crac bancari italiani (quello della Banca Popolare di Vicenza) e si specchia nel disastro della Popolare di Bari. E la Procura barese, che si è opposta all’omologazione del concordato al pari dei commissari giudiziali, ha aperto sulla Sud Commerci un fascicolo per bancarotta fraudolenta affidato al pm Lanfranco Marazia. L’indagine dovrà verificare se le operazioni compiute sugli immobili della società abbiano, in qualche modo, sottratto garanzie ai creditori.

La Sud Commerci è nata nel 2002 e possiede infatti una parte delle strutture di vendita del centro commerciale di Casamassima, ma soprattutto i 200mila metri quadri di suoli dove sarebbe dovuto sorgere l’ampliamento: circa 35mila metri quadrati di nuove aree di vendita. Nel 2011 i tre fratelli Degennaro hanno trasferito le loro quote al fondo Fabio Massimo gestito dalla sgr Sorgente, che a sua volta – dopo il commissariamento disposto da BankItalia – ha venduto alla Castello, società riconducibile aegli americani di Oaktree. Fino al 2021 l’amministratore della società era Anna Degennaro, cui è subentrato il commercialista napoletano Vincenzo Laudiero, amministratore unico dellAtaf di Foggia e già candidato al Parlamento con Ncd.

Dopo un primo tentativo abortito sul nascere, il secondo piano di concordato presentato da Francesco Grieco (professore straordinario della Lum di Casamassima) ipotizzava la liquidazione del patrimonio immobiliare della società, stimato in 73 milioni sulla base di una perizia dell’ingegner Vito Amoruso. Ma il Tribunale ha voluto vederci chiaro, e ha nominato un proprio esperto che è giunto a conclusioni molto diverse. Nel provvedimento con cui la Fallimentare ha dichiarato inammissibile la proposta di concordato, si parla infatti di «una carenza informativa per i creditori»: il reale valore delle aree commerciali della Sud Commerci sarebbe infatti di circa 45 milioni, insufficiente a coprire anche soltanto i 70 milioni di debiti prededucibili e privilegiati. Il Tribunale (presidente estensore Raffaella Simone) ha anche scartato una strana proposta di acquisto dei suoli presentata tre giorni prima dell’ultima udienza (e acquisita dalla Procura), «in quanto non corredata da alcuna garanzia». E ha poi rilevato che le autorizzazioni per realizzare le aree commerciali sono in realtà scadute, sia per la mancata approvazione di una variante urbanistica sia perché Sud Commerci non aveva depositato nei termini una fideiussione.

A occuparsi del fallimento saranno i curatori Egizio De Tullio ed Eugenio Mangone. Ma il link con le vicende della Popolare di Bari è proprio in quei 22 milioni di obbligazioni emesse dalla Sud Commerci. Il fondo Futura di Malta è riconducibile al finanziere Girolamo Stabile, arrestato a settembre 2020 per il crac di PopBari e collegato anche alla Popolare di Vicenza. Futura è lo stesso fondo che ha presentato istanza di fallimento nei confronti delle società di Vito Fusillo, l’immobiliarista barese esposto per 137 milioni verso PopBari.

Ma che nell’emissione obbligazionaria di casa Degennaro ci fosse qualcosa di strano se n’erano accorti, all’epoca, persino i parlamentari grillini. In una interrogazione (prima firma di Roberta Lombardi) si chiesero come fosse possibile che Sud Commerci, una semplice Srl con 10mila euro di capitale, emettesse 22 milioni di obbligazioni. E qualcuno collegò Anna Degennaro al marito, Massimo Cassano, all’epoca dei fatti sottosegretario al Lavoro con delega su Enasarco, che in Futura aveva investito indirettamente circa 300 milioni.

Nel 2011 la famiglia Degennaro aveva del resto ottenuto dalla Popolare di Vicenza un finanziamento da 25 milioni per lo sviluppo di progetti immobiliari mai realizzati. I soldi erano stati erogati alla Pire srl in cambio di una ipoteca sul patrimonio della Sud Commerci e di una fideiussione rilasciata dalla controllante della Pire. Sud Commerci ha trasferito proprio alla Pire i 22 milioni ottenuti da Futura, e Pire li ha usati per ripianare l’esposizione verso la Vicenza. Nel 2015 gli accertamenti disposti sulla banca veneta dalla Bce dimostrarono che Futura sottoscrisse quelle obbligazioni usando soldi della stessa banca. Nei fatti, dunque, è una operazione triangolare come quelle scoperte dalla Procura di Bari: la banca trasferisce le esposizioni dai clienti (considerati «ad alto rischio» come i Degennaro) a fondi maltesi e lussemburghesi. I gestori dei fondi sono sempre gli stessi, a Bari come a Vicenza. E anche le operazioni si assomigliano tutte.

 

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