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Chi invoca la nullità della clausola Euribor deve fornire la prova, “non solo dell’esistenza di una intesa o di una pratica volta ad alterare il parametro in questione, ma anche del fatto che tale intesa o pratica abbia raggiunto il suo obbiettivo e, quindi, quel parametro sia stato effettivamente “alterato”, in concreto, a causa della illecita manipolazione subita e, di conseguenza, non sia utilizzabile nei rapporti tra le parti, non corrispondendo all’oggetto del contratto, come determinato secondo la volontà delle parti”.

La consapevolezza dell’istituto

Con una serie di principi di diritto la Cassazione (sentenza 12007) esclude qualunque automatismo sulla possibilità di considerare nulle le clausole contrattuali di tutti i mutui agganciati ai tassi Euribor nel caso di una intesa restrittiva della concorrenza fra alcune banche. Ad avviso della Suprema corte, infatti, se l’istituto di credito non è coinvolto o comunque “consapevole” la clausola non è nulla. Per la parziale nullità è invece necessario dimostrare che l’alterazione del parametro ha effettivamente inciso nello specifico rapporto contrattuale. E in tal caso, qualora non sia possibile ricostruirne il valore “genuino” del tasso, al netto dell’illegittima alterazione – le conseguenze andranno valutate secondo i principi generali dell’ordinamento.

Le verifiche da fare

Sarà dunque necessario verificare: se le pratiche manipolative non siano rimaste a livello di mero tentativo; se e per quale tempo ed in quale misura tale alterazione abbia inciso; quali siano le conseguenze della eventuale nullità parziale delle relative clausole sul complessivo assetto negoziale e sulla possibilità di una sostituzione automatica – ed in quali termini – con previsioni minimali di legge. Così ricostruito il quadro, allora la decisione della Commissione Europea del 4 dicembre 2013 che ha portato alla luce una intesa restrittiva della concorrenza fra otto delle principali banche europee per la determinazione del tasso Euribor (alla base del precedente di Cassazione citato), è certamente una “prova privilegiata”, ma sarà comunque indispensabile fornire le prove concrete del danno subito per qualificare come inefficace la clausola negoziale, almeno per i clienti delle banche non coinvolte.

Il precedente della Suprema corte

La Suprema corte, torna sul tema, dopo l’ordinanza 34889, con la quale aveva affermato che la nullità derivava direttamente dalla natura del singolo contratto stipulato con riferimento all’Euribor, quale «contratto “a valle” dell’intesa restrittiva della concorrenza», cioè quale “applicazione” di quell’intesa. La Cassazione con l’occasione ha sottolineato il rilievo giuridico e sociale della questione affrontata.

Al centro della decisione degli ermellini, infatti, c’è la validità delle clausole contrattuali che, al fine di determinare il tasso di interesse, moratorio o convenzionale, relativo ad obbligazioni assunte dalle parti, facciano espresso riferimento (in tutto o in parte) al parametro costituito dall’Euribor (EURo Inter-Bank Offered Rate: Tasso interbancario di offerta in Euro. Un tasso di riferimento per i mercati finanziari, calcolato giornalmente, che indica il tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie in Euro tra le principali banche europee.

 

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