La situazione descritta nel quesito è effettivamente, come egli stesso la definisce, paradossale.
Il consumatore sta chiedendo alla propria banca, filiale di Roma, di trasferire senza costi il proprio conto corrente ad una filiale di Bologna della stessa banca.
E proprio qui sta l’inghippo: lo stesso Arbitro Bancario Finanziario a cui il consumatore si è rivolto ha osservato che le disposizioni del Decreto Legislativo 15.3.2017 n. 37 – in particolare quella che ha introdotto il nuovo art. 126 quinquiesdecies nel Testo Unico Bancario – si riferiscono al “trasferimento dei servizi di pagamento” da una banca a un’altra, e non tra filiali o dipendenze della stessa banca. Pare un assurdo, ma purtroppo per il nostro lettore la norma è effettivamente scritta così.
È dunque ragionevole ipotizzare che, poiché tutte le procedure vengono ormai realizzate attraverso rigidi procedimenti informatizzati, il “rifiuto” opposto dalla banca possa essere motivato dall’inesistenza di una procedura informatica, che, in effetti, non risulta prevista dalla legge.
A prescindere dunque dalla questione di principio, l’unico suggerimento pratico che verrebbe da dare al nostro lettore è quello di procedere alla estinzione del rapporto presso la banca di Roma e all’apertura di un nuovo conto presso una filiale di Bologna (non necessariamente della stessa banca). A questo proposito mette conto ricordare che il nuovo art. 126 novesdecies (introdotto anch’esso dal D.Lgs.vo 37/17) prevede un vero e proprio obbligo per la banca di aprire per il consumatore un cosiddetto “conto base” (ossia un conto corrente a cui è obbligatoriamente connessa una carta bancomat); la banca potrebbe rifiutarsi unicamente se il consumatore sia già titolare di almeno un altro rapporto di conto corrente in Italia.
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