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Revoca della misura cautelare interdittiva della durata di un anno per Andrea D’Alessandro, dipendente della Banca Popolare di Bari filiale di Santa Maria Capua Vetere gravemente indiziato di riciclaggio per conto del clan dei Casalesi.

E’ quanto disposto dalla Dodicesima Sezione del Riesame del Tribunale di Napoli presieduta dal giudice Luigi Esposito dopo aver accolto l’istanza del legale di D’Alessandro, l’avvocato Ferdinando Letizia.

Andrea D’Alessandro venne coinvolto nell’inchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli su imprenditori, dirigenti tecnici e dipendenti bancari legati al clan dei Casalesi che portò il 21 febbraio scorso all’esecuzione da parte dei carabinieri del comando provinciale di Caserta, della guardia di finanza del comando del Capoluogo nonché del nucleo speciale polizia valutaria di Roma, di 4 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 2 misure cautelari personali di natura interdittiva e di un decreto di sequestro preventivo di aziende e quote societarie del valore di circa 15 milioni di euro.

Le accuse mosse dai magistrati partenopei sono, a vario titolo, di associazione a delinquere di tipo mafioso, concorso in associazione mafiosa, turbativa d’asta, corruzione, abuso d’ufficio, riciclaggio di capitali illeciti.

Le investigazioni dei militari casertani hanno riguardato Domenico Pagano, titolare della Società Immobiliare Generale (oggetto di sequestro) ritenuto gravemente indiziato di esser inserito nel clan dei Casalesi avendo allacciato rapporti collusivi fin dai primi anni ’90 con Michele Zagaria e Giacomo Capoluongo divenendo poi imprenditore di riferimento per la fazione Schiavone alla quale procurava stabili finanziamenti come quota sui lavori ottenuti grazie all’intervento dei Casalesi. A Pagano venne sequestrato anche il”Palazzo delle Cento Persone” di Capua dove sarebbe dovuta sorgere una RSA. L’immobile già pignorato ad Angela Iovene, moglie di Rodolfo Statuto (deceduto e già condannato con la cd Sentenza Spartacus per gli artt 110 e 416 bis c. p.) era stato acquistato mediante una procedura esecutiva per l’importo di circa un milione e mezzo di euro dalla propria società immobiliare. Nella compravendita i Casalesi reinvestirono la somma di 500.000 euro.

Destinatario della misura  cautelare in carcere fu anche Domenico Farina indiziato per concorso esterno in associazione di tipo mafioso in quanto amministratore unico della Prisma S. R. L. società riconducibile al pentito Francesco Zagaria, aggiudicataria di numerosi appalti pubblici con la connivenza di vari amministratori locali. Le indagini della guardia di finanza casertana e capitolina hanno interessato il gruppo imprenditoriale  riconducibile ai cugini Verazzo, Giuseppe 65 enne e Francesco di 61 anni, ritenuti gravemente indiziato di concorso esterno in associazione di tipo mafioso operanti nel settore delle costruzioni edili che forti del nome del clan dei Casalesi e con il beneplacito degli amministratori locali si aggiudicavano appalti pubblici in tutta la Provincia casertana assumendo anche il ruolo di portavoce di Nicola Schiavone nella zona di Capua oltre che sostenere le campagne elettorali dei politici vicini ai Casalesi.

Le manovre finanziarie secondo gli inquirenti erano assicurate da Andrea D’Alessandro l’impiegato bancario che col suo operato consentiva trasferimenti di denaro contante su conti correnti riconducibili al sodalizio camorristico. Una figura borderline nei confronti del quale i giudici non hanno ritenuto che si riconoscesse gravità indiziaria della circostanza agevolativa del clan ritenendolo responsabile delle anomalie bancarie e delle violazioni in tema di norme dell’antiriciclaggio.

 

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