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Nota a Cass. Civ., Sez. VI, 8 maggio 2020, n. 8662.

di Antonio Zurlo

 

 

 

 

Senza soluzione di continuità con il revirement sull’autonomismo della qualificazione consumeristica del garante, rispetto a quella del debitore principale, con la recentissima ordinanza in oggetto, la Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione ribadisce come la persona fisica, che s’impegni a garantire le obbligazioni assunte da una società commerciale, possa beneficiare della qualifica di “consumatore” (nell’accezione delineata in sede comunitaria), in esito a una valutazione del caso concreto, prescindente dall’accessorietà che intercorre tra i due contratti e incentrata sull’estraneità (o meno) della figura del fideiussore rispetto all’attività di impresa della debitrice.  

 

*************************

 

Le circostanze fattuali.

Un Ente pubblico economico proponeva ricorso per regolamento necessario di competenza, ex art. 42 c.p.c., avverso un’ordinanza del Tribunale di Roma, con la quale, in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, aveva separato le posizioni del soggetto obbligato principale e quella dei due garanti, rimettendo per queste ultime al Tribunale di Matera quale foro del consumatore.

Più nello specifico, nel 2010, un imprenditore agricolo aveva ottenuto un cospicuo finanziamento, stipulando un contratto di mutuo, garantito da fideiussioni personali. Nel 2014, la Banca, preso atto del mancato pagamento di alcune rate scadute, aveva comunicato al mutuatario e ai fideiussori la risoluzione del contratto, la decadenza dal beneficio del termine e, consequenzialmente, aveva richiesto la restituzione del residuo dovuto. Escussa la garanzia, l’Ente aveva pagato al creditore l’intero importo garantito dall’Istituto, invitando il debitore principale e gli altri fideiussori al pagamento nei propri confronti. Non ottenendo il pagamento spontaneamente, aveva chiedeva e ottenuto un decreto ingiuntivo dal Tribunale di Roma, rispetto al quale i debitori proponevano opposizione, eccependo l’incompetenza territoriale del giudice adito (e radicandola in favore del Tribunale di Matera, in qualità di foro del consumatore).

Il Tribunale di Roma, con l’ordinanza impugnata, separava i giudizi, disponendo la prosecuzione dinanzi a sé del giudizio nei confronti del debitore principale e, al contempo, rimettendo i fideiussori innanzi al Tribunale di Matera, in accoglimento dell’eccezione di incompetenza territoriale tempestivamente proposta.

L’Ente proponeva, quindi, ricorso per regolamento di competenza, segnalando (in ossequio alla linea ricostruttiva uniformemente seguita dalla giurisprudenza di legittimità, fino al 2016)[1], la natura accessoria del rapporto di fideiussione rispetto all’obbligazione principale e, quindi, la necessità di assumere la figura dell’obbligato principale quale necessitato parametro per individuare la condizione (o meno) di consumatore e le altre qualità rilevanti, ai fini dell’individuazione della competenza territoriale.

In tal guisa, parte ricorrente osservava che il debito agrario fosse stato contratto dall’imprenditore agricolo, a finanziamento della propria attività d’impresa, che fosse quantitativamente ingente (superiore al milione di euro) e che i parenti – fideiussori, dato l’elevatissimo importo della garanzia, non potessero non essere coinvolti con i loro interessi personali e patrimoniali nell’affare e nella gestione della azienda agricola. In senso avvalorativo, richiamava anche l’art. 122, primo comma, lett. a), TUB (norma che prevarrebbe sul codice del consumo), che prevede che le norme sul credito ai consumatori non si applichino per i finanziamenti di importo superiore a 75.000 euro. 4.3. Segnala altresì che la diversa affermazione della Corte di giustizia, risalente al 2015, è precedente alla pronuncia di legittimità richiamata, e che l’eccezione relativa al foro del consumatore non può essere fatta valere dagli altri fideiussori nei suoi confronti, perché tra le parti non esiste nessun contratto, tanto meno di consumo. Conclusivamente, la ricorrente riteneva che, prendendo in considerazione tanto la condizione del debitore principale quanto la condizione dei fideiussori, non potesse ritenersi che questi ultimi avessero sottoscritto il contratto di garanzia de quo in qualità di consumatori.

Il Procuratore Generale concludeva per il rigetto del ricorso, affermando che la ricostruzione giurisprudenziale alla base del ricorso, sostanzialmente fondata sul richiamo a precedenti pronunciamenti giurisprudenziali[2], dovesse considerarsi superata alla luce del più recente orientamento, emerso a seguito della giurisprudenza unionale[3], per cui i requisiti soggettivi dell’applicabilità della disciplina legislativa consumeristica, in relazione a un contratto di fideiussione, stipulato da un soggetto in favore di una società, debbano essere valutati, con riferimento alle parti dello stesso, e non già del distinto contratto principale, dando rilievo, alla stregua della giurisprudenza comunitaria, alla entità della partecipazione al capitale sociale nonché all’eventuale qualità di amministratore della società garantita assunto dal fideiussore.

 

La decisione del Collegio.

A giudizio della Sesta Sezione Civile, il ricorso per regolamento di competenza non è meritevole di accoglimento. Di talché è corretta l’indicazione, quanto alla causa tra l’Istituto ricorrente e i fideiussori, della competenza territoriale del Tribunale di Matera, quale foro del consumatore.

La Corte territoriale ha, invero, fondato le proprie valutazioni sull’ordinanza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, emessa il 19 novembre 2015, nella causa C-74/15[4]. Il giudice sovrannazionale ha fornito l’interpretazione (vincolante per gli organi giudicanti nazionali) degli artt. 1, par. 1, e 2, lett. b), della Direttiva 93/13, secondo la quale “tale Direttiva può essere applicata a un contratto di garanzia immobiliare o di fideiussione stipulato tra una persona fisica e un ente creditizio al fine di garantire le obbligazioni che una società commerciale ha contratto nei confronti di detto ente in base a un contratto di credito, quando tale persona fisica ha agito per scopi che esulano dalla sua attività professionale e non ha alcun collegamento di natura funzionale con la suddetta società”. Si è, peraltro, anche precisato che “quanto alla questione se una persona fisica che si impegna a garantire le obbligazioni che una società commerciale ha contratto nei confronti di un istituto bancario in base a un contratto di credito possa essere considerata un «consumatore» ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della Direttiva 93/13, occorre rilevare che un siffatto contratto di garanzia o di fideiussione, sebbene possa essere descritto, in relazione al suo oggetto, come un contratto accessorio rispetto al contratto principale da cui deriva il debito che garantisce, dal punto di vista delle parti contraenti … si presenta come un contratto distinto quando è stipulato tra soggetti diversi dalle parti del contratto principale. È dunque in capo alle parti del contratto di garanzia o di fideiussione che deve essere valutata la qualità in cui queste hanno agito. A tale proposito è necessario ricordare che la nozione di «consumatore», ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della Direttiva 93/13, ha un carattere oggettivo (v. sentenza Costea, 3 settembre 2015, C-110/14, punto 21). Essa deve essere valutata alla luce di un criterio funzionale volto ad analizzare se il rapporto contrattuale in esame rientri nell’ambito delle attività estranee all’esercizio di una professione. Spetta al giudice nazionale, investito di una controversia relativa a un contratto idoneo a rientrare nell’ambito di applicazione di tale Direttiva, verificare, tenendo conto di tutte le circostanze della fattispecie e di tutti gli elementi di prova, se il contraente in questione possa essere qualificato come «consumatore» ai sensi della suddetta direttiva (v., in tal senso, sentenza Costea, 3 settembre 2015, C-110/14, punti 22 e 23). Nel caso di una persona fisica che abbia garantito l’adempimento delle obbligazioni di una società commerciale, spetta quindi al giudice nazionale determinare se tale persona abbia agito nell’ambito della sua attività professionale o sulla base dei collegamenti funzionali che la legano a tale società, quali l’amministrazione di quest’ultima o una partecipazione non trascurabile al suo capitale sociale, o se abbia agito per scopi di natura privata[5].

In altri termini, si è assistito a un deciso revirement rispetto all’orientamento precedentemente assunto dalla giurisprudenza di legittimità, in base al quale, per determinare la qualità di “consumatore”, occorreva rapportarsi alla natura della obbligazione garantita[6] (non rinvenendo, quindi, il parametro identificativo della qualità nell’obbligazione che il soggetto assume).

Sono senz’altro riconducibili nell’alveo del nuovo indirizzo ermeneutico alcuni recenti pronunciamenti[7], lì dove è stato puntualizzato che “I requisiti soggettivi di applicabilità della disciplina legislativa consumeristica in relazione ad un contratto di fideiussione stipulato da un socio in favore della società devono essere valutati con riferimento alle parti dello stesso (e non già del distinto contratto principale), dando rilievo – alla stregua della giurisprudenza comunitaria – all’entità della partecipazione al capitale sociale nonché all’eventuale qualità di amministratore della società garantita assunto dal fideiussore.”.

La richiamata giurisprudenza della Corte di Giustizia, con interpretazione vincolante (resa in sede di rinvio pregiudiziale), ha inteso descrivere una tutela rafforzata al garante, soggetto che viene rappresentato in condizioni di fisiologica disparità di trattamento con la Banca, indicando chiaramente che ci si debba necessitatamente riferire alle condizioni personali del garante (e non del garantito) per l’eventuale qualificazione della sua posizione in chiave consumeristica.

Altrettanto chiaramente il giudice unionale ha demandato a quello nazionale, di merito, il fattivo accertamento se, nel caso concreto, il fideiussore abbia prestato la garanzia per ragioni meramente personali (e, in quanto tali, estranee alla propria attività professionale). Ha, del pari, precluso di poter escludere de plano la qualità di consumatore solo in ragione dei legami personali con il debitore principale.

Ciò premesso, nel caso di specie, il Tribunale di Roma è correttamente pervenuto all’accertamento della qualifica consumeristica in capo ai fideiussori, in relazione alla loro assunzione della garanzia de qua, non essendo emerso che questa fosse in qualche modo connessa allo svolgimento di loro attività professionali, oppure funzionalmente collegata alla società.

 

 

 

Qui il testo dell’ordinanza.


[1] Cfr. Cass. Civ., Sez. VI, 5 dicembre 2016, n. 24846, con nota di M. C. Dolmetta, Sul fideiussore consumatore: linee dell’evoluzione giurisprudenziale., in Banca Borsa Titoli di Credito, fasc. 3, 2017, 281.

[2] Segnatamente, Cass. Civ., Sez. VI, 5 dicembre 2016, n. 24846; Cass. Civ., Sez. I, 9 agosto 2016, n. 16827, con nota di L. Vizzoni, Cassazione e vicenda fideiussoria: fra qualifica soggettiva del garante e abusi del creditore., in Banca Borsa Titoli di Credito, fasc. 3, 2017, 290.

[3] Cfr. Cass. Civ., Sez. III, 13 dicembre 2018, n. 32225, con nota di G. Fiengo, Il garante consumatore, in Ridare.it, fasc., 10 giugno 2019.

[4] Per un approfondimento, A. Zurlo, La teoria del “professionista di rimbalzo”, nei contratti di garanzia, in questa Rivista, 26 novembre 2019, https://www.dirittodelrisparmio.it/2019/11/26/la-teoria-del-professionista-di-rimbalzo-nei-contratti-di-garanzia/.

[5] In senso conforme, da ultimo, Cass. Civ., Sez. VI, 16 gennaio 2020, n. 742, già annotata in questa Rivista, con commento di A. Zurlo, La qualifica consumeristica del fideiussore: il definitivo superamento della teorica della professionalizzazione di “rimbalzo”., 17 gennaio 2020, https://www.dirittodelrisparmio.it/2020/01/17/la-qualifica-consumeristica-del-fideiussore-il-definitivo-superamento-della-teorica-della-professionalizzazione-di-rimbalzo/.

[6] V. Cass. Civ., Sez. III, 29 novembre 2011, n. 25212, con nota di S. Bortolotti, Il fideiussore di una società non è un consumatore, in Diritto & Giustizia, fasc. 0, 2011, 506; Cass. Civ., Sez. I, 9 agosto 2016, n. 16827.

[7] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. VI, 31 ottobre 2019, n. 28162; Cass. Civ., Sez. III, 15 ottobre 2019, n. 25914; Cass. Civ., Sez. III, 13 dicembre 2018, n. 32225.


 

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