Tokaj era una città. Teran non è invece un toponimo. Differenza non di poco conto, ma la Slovenia è comunque convinta che, per vantare l’uso in esclusiva della denominazione, sia bastato effettuare una registrazione in sede comunitaria. «Senza opposizione alcuna», rileva Igor Gabrovec, vicepresidente del Consiglio regionale ed esponente della minoranza.
Il documento è ufficiale. Si trova nel Registro comunitario “E-Bacchus”, lì dove la denominazione d’origine slovena protetta “Dop Teran” è iscritta dal 17 febbraio 2006. «Credo sia difficile pretendere l’esclusiva su un marchio già in commercio», avverte Dario Ermacora, presidente di Coldiretti Fvg.
Ma è su quella registrazione che si poggiano invece le certezze trasmesse lunedì in Cciaa a Trieste dal viceministro sloveno per l’Agricoltura Tanja Strnisa che ha ricordato come, dopo la tutela della denominazione datata 1970, la Slovenia ha adeguato la legislazione «in modo da corrispondere ai dettami della normativa comunitaria». Entrata a far parte della Ue, Lubiana ha appunto depositato il marchio, mentre nessun Paese membro, ha proseguito Strnisa, «ha presentato riserve o chiesto deroghe riguardo la procedura adottata». E dunque «“Teran” può essere utilizzato solo in Slovenia».
L’iniziativa, in realtà, è stata mirata sin dall’inizio a beffare non l’Italia, ma la Croazia. Operazione perfettamente riuscita se nel 2013 la Commissione europea per l’Agricoltura, tramite il portavoce Roger Waite, dichiarò – in risposta alla richiesta del ministro dell’Agricoltura Tihomir Jakovina, seccamente respinta dal ministro Dejan Židan, di procedere a una soluzione di compromesso, vale a dire alla tutela transnazionale del nome – che il Terrano, pur essendo vitigno autoctono in Istria, è riconosciuto «con il marchio di provenienza come vino sloveno» dato che «all’atto della registrazione nessuno aveva obiettato da parte croata».
La Croazia è però tornata alla carica nel dicembre 2014 con un’istanza ufficiale alla Commissione Ue «affinché si possa correggere l’errore fatto con la protezione del nome solo da parte dei viticoltori sloveni» e con l’eurodeputato Ivan Jakovcic, leader del partito regionalista Dieta democratica istriana (Ids), che ha esplicitamente parlato del “Teran”, davanti al commissario Phil Hogan, come di un «palese imbroglio». «Ai viticoltori croati come anche a quelli italiani – ha aggiunto – deve essere permesso di utilizzare il nome Teran/Terrano, trattandosi un vino autoctono dell’intera Istria». Una guerra che finisce ora con il coinvolgere anche i viticoltori del Carso italiano. «Dispiace dover scegliere tra gli interessi del nostro territorio e quelli dello Stato cui facciamo riferimento – commenta Gabrovec –. In assenza di contestazioni, la Slovenia ha peraltro ottenuto legittimamente la titolarità del nome, si tratta ora di favorire una soluzione che accontenti tutti». (m.b.)
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