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Il fatto

Oggetto di scrutinio da parte del Tribunale di Treviso, con la sentenza del 16.5.2023 oggetto del presente commento, è un giudizio di opposizione ex art.645 c.p.c. , incardinato da un ex cliente di una importante Banca nazionale, avverso il decreto con il quale gli era stato ingiunto il pagamento, in favore della cessionaria, di una somma a titolo di capitale residuo, interessi e spese del contratto di un mutuo chirografario, stipulato con l’anzidetta banca in data 29.1.2015 e garantito dalla contestuale costituzione di una garanzia sulle azioni dell’istituto di credito stesso, già in possesso del mutuatario e oggetto di apposito patto di ritenzione e compensazione del 19-21.1.2015.

Tra le varie censure sollevate in sede di opposizione, merita particolare attenzione quella con cui il cliente deduce che la descritta operazione, costituita dall’erogazione di un mutuo chirografario e dalla appena precedente costituzione in garanzia – con patto di ritenzione e compensazione – di azioni della banca mutuante, integri violazione del divieto di cui all’art. 2358 comma 7° c.c. (“La società non può, neppure per tramite di società fiduciaria, o per interposta persona, accettare azioni proprie in garanzia”), con conseguente nullità dell’intera operazione.

Brevi cenni sull’art. 2358 c.c.

L’art. 2358 comma 1° c.c. stabilisce che “la società non può, direttamente o indirettamente, accordare prestiti … per l’acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni”.

La disposizione, che impedisce qualsiasi forma di finanziamento diretto o indiretto che sia, fa quindi riferimento alla “società” che concede prestiti.

Considerato che la norma in questione è collocata nell’ambito della disciplina della società per azioni, essa si applica certamente a tale tipologia di società e fra esse vi rientrano anche le banche.

Il fatto che l’articolo in esame faccia un generico riferimento ai “ prestiti ”, ha fatto ritenere che per il legislatore siano indifferenti le modalità attraverso cui venga accordato il finanziamento vietato.

Prova ne sia che oggetto di censura è stato tanto il (classico) contratto di mutuo (ossia, “il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di danaro … e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità”) ma anche il contratto di apertura di credito (vale a dire, “il contratto col quale la banca si obbliga a tenere a disposizione dell’altra parte una somma di danaro per un dato periodo di tempo o a tempo indeterminato”).

La ratio sottesa all’art. 2358 c.c. è quella di assicurare la consistenza patrimoniale della società, che potrebbe essere messa a repentaglio qualora la società stessa finanziasse l’acquisto di azioni proprie. In buona sostanza, se dovessero sorgere esigenze finanziarie, la società potrebbe deliberare un aumento di capitale, nell’ambito del quale i soci che vi partecipano dovranno conferire risorse reali, cosa che, di contro, non avverrebbe nel caso in cui la società prestasse danaro ai soci per pagare gli aumenti di capitale: in tal caso, il conferimento non aumenterebbe la consistenza patrimoniale della società, atteso che la somma ivi apportata è uscita in precedenza sotto forma di finanziamento.

Come eccepito, nel caso di specie, dall’opponente, il superiore divieto, ai sensi dell’art. 2358 comma 7° c.c., si estende anche all’accettazione di azioni proprie date in garanzia. Pertanto, ove la costituzione della garanzia sia contestuale alla costituzione del debito garantito, sarà nulla l’intera operazione.

L’applicabilità dell’art. 2358 c.c. anche alle società cooperative

Il Tribunale di Treviso, in primo luogo, ritiene applicabile l’art. 2358 c.c. anche al di fuori del contesto delle società per azioni e quindi anche alle banche cooperative.

In difetto di una (analoga) norma espressa sull’assistenza finanziaria, nell’ambito delle società cooperative, opera l’art. 2519 comma 1° c.c., secondo cui “alle società cooperative, per quanto non previsto dal presente titolo, si applicano in quanto compatibili le disposizioni sulla società per azioni”. Sul punto, si evidenzia che la giurisprudenza di merito ha da tempo evidenziato la compatibilità dell’art 2358 con le società cooperative.

È stato, in particolare, affermato che anche nelle società cooperative la tutela del capitale sia centrale, in quanto lo scopo mutualistico che le caratterizza deve essere perseguito per il tramite di una struttura imprenditoriale che operi secondo criteri di economicità. Ciò, a maggior ragione, nelle banche popolari, in quanto in detti istituti di credito la mutualità può convivere con finalità lucrative, rendendo ancora più compatibile per tali banche la disciplina dettata per le società per azioni.

Del resto, sarebbe contraddittorio diminuire la tutela dei creditori proprio nell’ambito dell’attività bancaria per il solo fatto che gli istituti di credito rivestano la qualità di società cooperative per azioni (e non di società per azioni).

La nullità del finanziamento per l’acquisto di azioni e delle operazioni sottese all’accettazione di azioni proprie date in garanzia

È, inoltre, necessario comprendere quali siano le conseguenze derivanti dalla violazione dell’art. 2358 commi 1° e 7° c.c.

Invero, la disposizione tace sulle conseguenze della sua violazione, non indicando espressamente cosa succeda quando, come nel caso qui in esame, la società abbia accettato azione proprie a garanzia.

Per identificare il corretto rimedio, in caso d’inosservanza dell’articolo in questione, si deve partire dalla considerazione che tale disposizione è imperativa: essa mira quindi a tutelare gli interessi terzi e “superiori” dei creditori della società, che potrebbero essere danneggiati da aumenti di capitale fittizi, senza reale accrescimento delle risorse di cui dispone la società.

Pertanto, se l’art. 2358 comma 7° c.c. configura una disposizione imperativa, gli atti con i quali si viola detta disposizione sono nulli. Trova, infatti, applicazione l’art. 1418 comma 1° c.c., secondo cui “il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative”.

Nella fattispecie sottoposta al vaglio del Tribunale di Treviso, gli atti di autonomia contrattuale che violano l’art. 2358 comma 7° c.c. sono, in ordine cronologico, due:
• il patto di ritenzione e compensazione del 19-21.1.2015, avente a oggetto le azioni proprie della banca mutuante;
• il successivo mutuo chirografario, stipulato con l’anzidetta banca in data 29.1.2015 e garantito dalla contestuale costituzione di una garanzia sulle azioni dell’istituto di credito stesso, già oggetto del superiore patto.

La prova del collegamento tra il finanziamento e la garanzia

Affinché possa trovare applicazione l’art. 2358 commi 1° e 7° c.c. e l’autorità giudiziaria possa giungere a dichiarare la nullità del finanziamento e, come nel caso di specie, la concessione di garanzia su azioni proprie, è necessario che fra le due operazioni (finanziamento e garanzia) sussista un collegamento negoziale. Occorre cioè che il mutuo non sarebbe stato erogato senza il patto di ritenzione e compensazione avente a oggetto azioni proprie della mutuante.

Nella controversia sottoposta all’attenzione del Tribunale di Treviso, il giudicante ha accertato la presenza di un chiaro collegamento funzionale della costituzione della garanzia sui titoli azionari del cliente e la successiva stipulazione del mutuo chirografario, nel senso che il primo negozio trova causa esclusiva e non avrebbe avuto luogo se non in funzione del secondo, che, a sua volta, non sarebbe stato concluso ove non fosse stata costituita la garanzia sui titoli azionari.

A tal proposito, il giudice trevigiano, all’esito del giudizio, ha valorizzato i due seguenti dati:
un dato letterale, offerto dall’esplicito richiamo, nel patto di ritenzione e compensazione avente a oggetto azioni proprie della mutuante, alla “facilitazione di complessivi euro 420.000,00 sotto forma di mutuo chirografario ordinario m/l/t con scadenza 60 mesi” e alla conseguente destinazione finalistica, a garanzia di tale finanziamento, del diritto di disporre, chiedere il realizzo dei titoli e compensare con il ricavato detto credito sino al 30.6.2020, ossia una data sostanzialmente coincidente con la scadenza dell’ ammortamento di detto mutuo;
un dato temporale, consistente nella contiguità temporale tra le operazioni, poste in essere a distanza di meno di dieci giorni l’una dall’altra, e da un rapporto di proporzionalità prossimo all’equivalenza tra il capitale erogato e il controvalore dichiarato dei titoli costituiti in garanzia.

La decisione

Accertata l’applicabilità dell’art. 2358 comma 7° c.c. alle società cooperative nonché la sussistenza del collegamento tra finanziamento e garanzia, il Tribunale di Treviso accoglie la censura di nullità virtuale della descritta operazione economica, complessivamente considerata, e, conseguentemente, revoca il decreto ingiuntivo opposto dal cliente poiché il credito correlato al mutuo del 29.1.2015 non è in realtà validamente venuto ad esistenza.

 

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