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Il reato di bancarotta fraudolenta è previsto e punito dall’articolo 216 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il quale punisce l’imprenditore – dichiarato fallito – che «ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti» (comma 1, n. 1) o che «ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari» (comma 1, n. 2).

Il primo comma della disposizione de qua prevede due fattispecie criminose e, rispettivamente, il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale (c.d. bancarotta fraudolenta in senso stretto) e di bancarotta fraudolenta documentale: il legislatore mira a tutelare, nella prima ipotesi, il patrimonio sociale da eventuali atti depauperatori posti in essere a danno dei creditori e, nella seconda ipotesi, l’esatta conoscenza del patrimonio del debitore da parte dei creditori.

Le due ipotesi differiscono quanto a elemento psicologico.

Nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale l’ elemento soggettivo è costituito dal dolo generico, essendo «sufficiente che la condotta di colui che pone in essere o concorre nell’attività distrattiva sia assistita dalla consapevolezza che le operazioni che si compiono sul patrimonio sociale siano idonee a cagionare un danno ai creditori, senza che sia necessaria l’intenzione di causarlo» (Cass. pen., Sez. V, 11 dicembre 2014, n. 51715).

In altri termini, «oggetto del dolo non è la consapevolezza del dissesto o la sua prevedibilità in concreto, quanto la rappresentazione del pericolo che la condotta costituisce per la conservazione della garanzia patrimoniale e per la conseguente tutela degli interessi creditori» (Cass. pen., Sez. V, 2 ottobre 2014, n. 40981).

Per quanto riguarda il delitto di bancarotta fraudolenta documentale previsto dal numero 2 del primo comma dell’articolo 216 la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la norma «prevede due fattispecie alternative, quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che richiede il dolo generico» (Cass. pen., Sez. V, 22 settembre 2017, n. 43966. Conformi ex multis Cass. pen., Sez. V, 22 settembre 2017, n. 43977, 14 giugno 2019, n. 26379 e 25 novembre 2020, n. 33114).

Con riferimento alla questione dell’eventuale concorso nella commissione del reato di bancarotta fraudolenta da parte di soggetto diverso dall’imprenditore o dall’amministratore di una società in dissesto, successivamente dichiarata fallita, con la recente sentenza n. 18677/2021, pubblicata in data 12 maggio 2021, la Quinta Sezione penale della Corte di cassazione – chiamata a pronunciarsi sul ricorso per la cassazione della sentenza mediante la quale la Corte territoriale aveva affermato la responsabilità dell’imputato che, quale consulente di una società, era stato l’ideatore di complesse operazioni di fusione per incorporazione finalizzate alla dismissione del patrimonio della società fallita, predisponendo il contenuto degli atti negoziali e gestendo la definizione dei relativi rapporti economici – i Supremi Giudici – ponendosi in sostanziale continuità con l’orientamento della Sezione (cfr. ex multis sentenza n. 49472 del 9 dicembre 2013; sentenza n. 8276 del 29 febbraio 2016) – hanno enunciato il seguente principio di diritto: «Concorre in qualità di “extraneus” nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, il legale o il consulente contabile che, consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore o dell’amministratore di una società in dissesto, fornisca a questi consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o li assista nella conclusione dei relativi negozi, ovvero svolga un’attività diretta a garantire l’impunità o a rafforzare, con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui progetto delittuoso» (massima rv. 281042 – 01).

 

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