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Le novità in materia di tolleranze

 

Le novità riguardanti il mantenimento dell’opera eseguita in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali

La lett. d) dell’art. 1 del Decreto modifica il comma 5 dell’art. 31, prevedendo che, per evitare la demolizione:

  • l’opera abusiva non deve contrastare non solo con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico ma anche con interessi culturali e paesaggistici;
  • siano acquisiti i pareri delle amministrazioni competenti.

La valutazione, quindi, è più stringente e l’ufficio tecnico comunale dovrà attivarsi per i necessari pareri: da questo punto di vista, si può affermare che la novità comporti un aggravio delle procedure, ancorchè giustificate dalla rilevanza degli interessi in gioco.

Si prevede, inoltre, la possibilità di alienazione dell’immobile, condizionando sospensivamente il contratto alla effettiva rimozione da parte dell’acquirente delle opere abusive; ovviamente, il responsabile dell’abuso non potrà partecipare alla procedura di alienazione. Il valore venale dell’immobile è determinato dall’Agenzia del territorio tenendo conto dei costi per la rimozione delle opere abusive.

L’ipotesi dell’alienazione è una novità e, al fine di evitare elusioni della norma, opportunamente è stato previsto che l’acquirente sia tenuto alla rimozione delle opere abusive. Si tratta, in ogni caso, di un aspetto delicato, rispetto al quale l’ufficio tecnico comunale è chiamato alla massima vigilanza.

Le entrate derivanti dall’alienazione sono utilizzate, in misura pari ad un terzo: 

  • per la demolizione delle opere abusive presenti sul territorio comunale, fatta salva la ripetizione delle spese nei confronti del responsabile, 
  • e per la realizzazione di opere e di interventi di rigenerazione urbana, di riqualificazione di aree urbane degradate, di recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi o in via di dismissione e per iniziative economiche, sociali, culturali o di recupero ambientale.

Le novità in materia di tolleranze

La lett. e) del comma 1 dell’art. 1 del decreto introduce il nuovo comma 1-bis dell’art. 34-bis, con importanti novità in materia di tolleranze.

Per quanto concerne le tolleranze urbanistiche (ossia, le differenze rispetto ad alcuni parametri urbanistici indicati dalla norma), per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 si precisa che il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non rileva in ragione della superficie utile dell’unità immobiliare (e non dell’intero edificio, ove costituito da più unità), secondo il seguente schema: 

  • limite del 2% delle misure previste dal titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 metri quadrati;
  • limite del 3% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 300 e i 500 metri quadrati;
  • limite del 4% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 100 e i 300 metri quadrati;
  • limite del 5% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 metri quadrati.

Per gli interventi realizzati dal 25 maggio 2024 continua a valere la vecchia disciplina, secondo cui “Il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo”.

In pratica, il Legislatore ha voluto agevolare le costruzioni “eccedenti” del passato.

Può sorgere a questo punto una domanda: il soggetto che ha posto in essere una costruzione con un margine di tolleranza superiore al 2% (ad esempio, al 3%) e che, pertanto, è già destinatario di un provvedimento sanzionatorio, potrebbe invocare la novità? 

La risposta è negativa secondo la giurisprudenza (1), che ha affermato che agli abusi edilizi va applicato il regime sanzionatorio esistente alla data della irrogazione della sanzione e non quello risultante da una disposizione sopravvenuta.

Al contrario, il soggetto che ha realizzato tale maggiore eccedenza e non è mai stato destinatario di alcun provvedimento sanzionatorio, oggi potrebbe invocare la nuova norma? Evidentemente , perché altrimenti la norma stessa non potrebbe mai trovare applicazione.

Si tratta di aspetti su cui si pronuncerà la giurisprudenza nei prossimi mesi.

Ai fini del computo della superficie utile, si tiene conto della sola superficie assentita con il titolo edilizio che ha abilitato la realizzazione dell’intervento, al netto di eventuali frazionamenti dell’immobile o dell’unità immobiliare eseguiti nel corso del tempo (trattasi di precisazione finalizzata a evitare possibili condotte di frazionamento meramente strumentali a ottenere l’applicazione di un regime più favorevole).

Ancora, viene inserito il nuovo comma 2-bis all’art. 31-bis del Testo Unico Edilizia, secondo cui, per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, costituiscono tolleranze esecutive (ossia, in fase di realizzazione dell’unità trascurabile, solitamente riconducibili all’imprecisione dei mezzi di rilevazione, alla consistenza dei materiali o alla necessità di minimi adeguamenti) anche:

  • il minore dimensionamento dell’edificio, 
  • la mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali, 
  • le irregolarità esecutive di muri esterni ed interni e la difforme ubicazione delle aperture interne, 
  • la difforme esecuzione di opere rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria, 
  • gli errori progettuali corretti in cantiere,
  • gli errori materiali di rappresentazione progettuale delle opere.

Si tratta di un elenco “sostanzioso” e, al contempo, con utilizzo di locuzioni dal contenuto non definito: facile prevedere occasioni di divergenze di opinioni e conseguente contenzioso.

Un ruolo fondamentale è stato riservato al tecnico, considerato che tocca a lui la dichiarazione delle tolleranze effettivamente presenti, ai fini dell’attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie; inoltre, agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali dovrà essere allegata apposita dichiarazione asseverata.

Per quanto concerne le unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche diverse da quelle a bassa sismicità il tecnico attesta altresì che gli interventi siano rispettosi della normativa in materia sismica; tale attestazione, corredata dalla documentazione tecnica sull’intervento predisposta sulla base del contenuto minimo richiesto dalla legislazione regionale (ad esempio: rilievo dei materiali, valutazione della sicurezza, progetti, ecc.) è trasmessa allo sportello unico per l’acquisizione dell’autorizzazione dell’ufficio tecnico regionale ovvero per l’esercizio delle modalità di controllo previsto dalle regioni per le difformità che costituiscano interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza. Il tecnico abilitato allegherà alla dichiarazione l’autorizzazione regionale o l’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento o, in caso di difformità che costituiscono interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza, una dichiarazione asseverata circa il decorso del termine del procedimento per i controlli regionali in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di esito negativo dei controlli stessi.

Un ulteriore aspetto rilevante è che, comunque, restano salvi i diritti dei terzi. Si pensi, ad esempio, ad un aumento dell’altezza che pregiudica il diritto di veduta del vicino: in questi casi, sarà necessario l’accordo con il confinante per poter dare concreta attuazione alla norma.

Ancora una volta è il tecnico che:

  • verifica la sussistenza di possibili limitazioni dei diritti dei terzi;
  • provvede alle attività necessarie per eliminare tali limitazioni, presentando, ove necessario, i relativi titoli;
  • risponde di eventuali attestazioni false.

Prosegue, quindi, la tendenza a “caricare” sulla figura del professionista tecnico una miriade di adempimenti; ed infatti, egli dovrà:

  • valutare le tolleranze ed individuare la percentuale applicabile;
  • occuparsi di tutti gli aspetti “tecnici” nel caso di intervento in zona sismica di livello non basso e curare l’iter di presentazione alla regione;
  • verificare i diritti dei terzi e la loro eventuale lesione e preoccuparsi di ottenere i relativi titoli;
  • porre la massima attenzione alle dichiarazioni, onde evitare problematiche di natura anche penale, oltre che deontologiche.

Tolleranza e riflessi sull’autorizzazione paesaggistica

Si prevede, al fine evidente di un opportuno coordinamento con la normativa in materia di autorizzazioni paesaggistiche, che gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 e di cui all’art. 34-bis T.U. (Tolleranze costruttive) sono soggetti al regime di cui all’art. 2, comma 1, del DPR 13/02/2017, n. 31, con conseguente esclusione dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica, anche per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 che rientrino nei limiti delle tolleranze costruttive riparametrati ai sensi del nuovo comma 1-bis dell’articolo 34-bis e non solo nel limite del 2% come previsto, in via generale, dalla suddetta norma del DPR. 31/2017 (art. 3, comma 1, del decreto salva casa).

È evidente l’esigenza di allineare il regime delle tolleranze costruttive previsto dall’art. 34 bis a quello previsto Dpr 31/2017 (Allegato A., punto A. 31), che già include tra gli interventi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica “le opere ed interventi edilizi eseguiti in variante a progetti autorizzati ai fini paesaggistici che non eccedano il due per cento delle misure progettuali quanto ad altezza, distacchi, cubatura, superficie coperta o traslazioni dell’area di sedime”.

Tolleranze e parametri ministeriali in materia di distanze e requisiti igienico-sanitari

Nulla viene precisato per l’eventualità in cui gli scostamenti rientranti nelle tolleranze previste  determinino il superamento dei parametri previsti sia dal DM 2 aprile 1968, n. 1444, disciplinante “Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della L. 6 agosto 1967, n. 765” nè dal DM 5 luglio 1975, contenente “Modificazioni alle istruzioni ministeriali 20 giugno 1896, relativamente all’altezza minima ed ai requisiti igienico-sanitari principali dei locali di abitazione”.

Considerata la volontà “sanatoria” del decreto, ritengo che le tolleranze non possano considerarsi, in questi casi, violazioni rispetto ai citati DM.

Tolleranze e normative locali e regionali

Nulla si prevede in relazione ai casi in cui le tolleranze introdotte dal legislatore siano in contrasto con i regolamenti locali e/o con le norme regionali. 

Se applichiamo il criterio gerarchico, le norme contenute in una fonte statale devono considerarsi di livello superiore a quelle contenute nei regolamenti comunali e, quindi, le prime prevalgono sulle seconde. Maggiori dubbi possono porsi nel caso della legislazione regionale, visto che esiste una forma di legislazione concorrente.

Un esempio concreto potrà rendere più comprensibile il problema.

Come detto in precedenza, il decreto salva casa include tra le tolleranze “le irregolarità esecutive di muri esterni ed interni e la difforme ubicazione delle aperture interne”; la LR Umbria n. 1/2015 (art. 147-bis, comma 2, lett. c)), invece, considerare tolleranze “le irregolarità esecutive di muri esterni ed interni e la difforme ubicazione delle aperture interne purché non incidano sull’integrità strutturale e sui parametri edilizi progettuali”. Si pone, quindi, il problema di individuare la norma applicabile: quella statale (meno restrittiva) o quella regionale (più rigorosa)? La prima soluzione pare quella preferibile, alla luce dell’art. 2 del Testo Unico Edilizia, il cui comma 1 dispone che “Le regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico”.


Articolo di Mario Petrulli


(1) TAR Campania, Napoli, sez. III, sent. 15 maggio 2017, n. 2620 


–> Per approfondire alcuni aspetti: 

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