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Modifiche interne alle case realizzate spostando tramezzi, creando pareti in cartongesso, costruendo soppalchi, ampliando finestre, chiudendo balconi con verande. Insomma, piccole variazioni «che non incidono sulla struttura di un edificio né sulle sue caratteristiche essenziali», spiegano al ministero delle Infrastrutture. Per questo, aggiungono, «non è assolutamente un condono edilizio, ma un provvedimento per regolarizzare piccole difformità e irregolarità che interessano, secondo uno studio del Consiglio nazionale degli ingegneri, quasi l’80% del patrimonio immobiliare». 

Perché un decreto legge

Al ministero guidato da Matteo Salvini mettono così le mani avanti rispetto alle critiche delle opposizioni che parlano di condono e, dopo mesi di lavoro (il leader della Lega annunciò il piano «salva casa» a settembre) e numerosi incontri con le rappresentanze degli enti locali, delle associazioni di categoria e degli ordini professionali, sono determinati a portare in Consiglio dei ministri il decreto legge con le norme di sanatoria mercoledì. Un decreto perché il provvedimento, secondo il ministro Salvini, è urgente. Non tanto, come accusano le opposizioni, perché le elezioni europee sono vicine e la sanatoria riguarderebbe potenzialmente milioni di abitazioni, ma perché, ribattono i sostenitori del decreto, si tratta di norme chieste dagli stessi enti territoriali per smaltire un carico di pratiche pendenti di oltre 4 milioni. 

La doppia conformità

Pratiche che, oltretutto, spesso impediscono la compravendita degli immobili. È il caso, ha più volte detto lo stesso Salvini, della «doppia conformità» richiesta dalle norme attuali: un intervento edilizio, cioè, è sanabile solo se esso risulta conforme sia alle leggi vigenti quando è stato realizzato sia a quelle attualmente in vigore. Una condizione questa che spesso non si riesce a rispettare per via dei numerosi cambiamenti normativi intervenuti e che, di per sé, blocca la possibilità di vendere l’immobile.

Il titolo abilitativo

Per sostenere che il decreto legge non aprirà le porte a un nuovo condono edilizio, chi sta mettendo a punto le norme sottolinea che non sarà possibile sanare un abuso che poggi sulla mancanza del titolo abilitativo, permesso o licenza che sia. Le «tolleranze costruttive» e le «parziali difformità» saranno sanabili entro scostamenti dai parametri autorizzati «di misura talmente contenuta da non poter essere considerati un illecito edilizio», dicono. Seguendo la stessa logica, si potranno mettere in regola «interventi non eccessivamente pesanti e impattanti, che non richiedono alcun titolo abilitativo, come per esempio le tende da esterno». Stesso discorso anche per le piccole differenze costruttive rispetto al progetto, come «il minor dimensionamento dell’edificio o la mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali», a patto che non compromettano la stabilità della costruzione. Per le parziali difformità, «per esempio finestre o balconi, in particolare riguardanti gli edifici costruiti prima della fine degli anni Settanta, è prevista la regolarizzazione con semplice sanzione».
Cambi di destinazione

Evitare nuovi condoni

Ovviamente tutte queste rassicurazioni sulla portata limitata del provvedimento dovranno essere verificate quando il testo sarà uscito dal Consiglio dei ministri. Tanto più che nella stessa maggioranza, per esempio da parte di Forza Italia, sono partiti diversi avvertimenti a Salvini a evitare nuovi condoni. Nel provvedimento dovrebbero trovare posto anche la possibilità di sanare i cambi di destinazione d’uso purché «tra categorie omogenee» e una norma «salva-Milano per evitare problemi ad alcuni grattacieli».
Rigenerazione urbana

Altre sei proposte urbanistiche

Il decreto legge di Salvini, una volta che sarà stato approvato in Cdm, arriverà in Parlamento dove già ci sono sei proposte di legge in discussione sulla «rigenerazione urbana» presentate da Forza Italia (due proposte), Lega (una), Pd (due proposte), Movimento 5 Stelle (una). In particolare, il leader degli azzurri, Antonio Tajani, rivendica la primogenitura dell’attenzione al tema attraverso la proposta presentata già nella precedente legislatura (primo firmatario Maurizio Gasparri) che tuttavia, a parte la norma sulla semplificazione dei cambi di destinazione d’uso, ha ben poco in comune col disegno salviniano. Ma è evidente che, a poche settimane, dal voto, la gara, nella maggioranza, è a intestarsi un provvedimento ritenuto molto popolare.

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