Superbonus e bonus facciate? Più costi che benefici. A evidenziare il peso sulle casse statali delle agevolazioni per la casa è un paper dei ricercatori della Banca d’Italia che prende in esame l’impatto economico (non sono stati valutati impatto e risparmi ambientali) dei due crediti
di imposta, il «Bonus facciate» e il «Superbonus 110%», attivi
in Italia dalla seconda metà del 2020. Un’istantanea di quanto lo Stato abbia speso e quali siano stati i vantaggi per l’economia e per il comparto delle costruzioni.
Benefici minori dei costi
La conclusione è netta: «I benefici per il complesso dell’economia in termini di valore aggiunto sono stati più bassi rispetto ai costi sostenuti per le agevolazioni» e la misura «non si ripaga da sola» ma «crea ulteriore debito pubblico per le nuove generazioni» che dovrà essere ripagato in futuro. Il report confronta l’andamento della spesa per investimenti residenziali dell’Italia con quello di alcuni paesi europei che non avevano
adottato programmi simili e sottolinea come «il moltiplicatore
fiscale» della misura «sia stato inferiore all’unità».
I costi e la crescita
Le due misure, ricordano i ricercatori dell’istituto centrale, hanno comportato una spesa di oltre 170 miliardi nel periodo 2021-23 (circa il 3 per cento del Pil in media d’anno). Si stima che circa un quarto della spesa relativa agli investimenti sussidiati (oltre 45 miliardi) sarebbe stata effettuata anche in assenza degli incentivi. Con un 73% del valore totale degli investimenti in abitazioni stimolato invece dai crediti d’imposta. Il «Bonus facciate» e il «Superbonus 110%» sono stati però responsabili di circa 2,6-3,4 punti percentuali della crescita del 13,5% del settore costruzioni tra 2020 e 2023.
La posizione di Ance
Sulla questione non si è fatto attendere il commento di Ance, l’associazione nazionale costruttori edili. «Il più grande indiziato di sperpero pubblico degli ultimi anni è stato il Superbonus 110%» ma sono stati «evidenziati solo gli aspetti negativi di una misura che nel biennio 2021-2022 ha consentito all’Italia di crescere a ritmi superiori a quelli della Cina, (+12,3% Pil contro il loro +11,3%)». Così la presidente Federica Brancaccio, all’Assemblea annuale avvertendo che «ci sono già 7 miliardi di lavori fermi che rischiano di lasciare scheletri urbani».
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