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Il ministro della Salute, Orazio Schillaci propone nuove restrizioni anche per svapo e tabacco riscaldato. E il leader della Lega, che ha ricevuto finanziamenti da un’azienda del settore, attacca il provvedimento del collega di governo. Come ha fatto in passato per altre norme non gradite alla lobby del tabacco

Matteo Salvini ama lo svapo, il fumo elettronico. «Ha aiutato tanta gente», dice il capo della Lega e si schiera contro il progetto del ministro della Salute, Orazio Schillaci, che propone una stretta anti nicotina. Schillaci vorrebbe vietare le sigarette, comprese e-cig, svapo e Iqos (tabacco riscaldato), anche in alcuni luoghi all’aperto, come i parchi, se nelle vicinanze ci sono minori o donne in gravidanza, e poi alle fermate dell’autobus e nelle stazioni ferroviarie. Al momento il disegno di legge è solo una bozza (anticipata in un articolo pubblicato da La Stampa) che dovrà essere sottoposta al Parlamento, ma il progetto, di cui si era già discusso a gennaio, ha spaccato la maggioranza di governo.

 

«Le sigarette elettroniche stanno aiutando tanta gente ad abbandonare quelle normali. Da ex fumatore che ha smesso 4 anni fa, il divieto di fumarle all’aperto appare esagerato», ha scritto Salvini su Twitter.

 

Sull’efficacia delle e-cig e apparati simili per combattere il vizio del fumo, i pareri sono discordi nella comunità scientifica. Così come sulla nocività dei surrogati delle sigarette. Di sicuro però la Lega, e Salvini in particolare, sono da anni accaniti sostenitori di svapo e simili. Tanta attenzione è stata più volte generosamente ricambiata.

 

Nell’elenco dei finanziatori della Lega troviamo infatti anche la Vaporart, azienda specializzata nel commercio di liquidi per sigarette elettroniche, che nell’agosto scorso, cinquanta giorni prima delle elezioni politiche, ha versato un contributo di 50 mila euro, regolarmente denunciato, al partito del Carroccio. Un altro contributo targato Vaporart era arrivato alla Lega nel febbraio del 2018, poco prima che si tornasse alle urne.

 

Negli anni scorsi non si contano gli interventi pubblici di Salvini in difesa del business delle sigarette elettroniche, a partire già dal 2014 quando il capo della Lega partecipò allo “swapo day” organizzato per protestare contro l’aumento delle imposte proposto dal governo di Matteo Renzi.

 

Fino ad ora il governo Meloni si era dimostrato molto attento alle esigenze dei produttori di sigarette elettroniche e simili. Con la legge di bilancio per il 2023 è stato cancellato il previsto aumento delle imposte sui liquidi da inalazione, che è tornata quella in vigore ad aprile 2022. La lobby del fumo ha accolto con favore anche lo stop alla norma che dal primo gennaio di quest’anno avrebbe portato l’accisa sul tabacco riscaldato dal 36,5 al 40 per cento. Come L’Espresso ha raccontato in un’inchiesta, quest’ultimo provvedimento ha favorito in particolare il gruppo Philip Morris, che con il suo marchio Iqos è quasi monopolista nel segmento di mercato del tabacco riscaldato.

 

Da tempo le aziende lamentavano un «aumento esponenziale» dell’imposizione fiscale sulle sigarette elettroniche e la svolta del governo Meloni è stata salutata con toni entusiasti dagli imprenditori del settore. Umberto Roccatti, presidente di Anafe-Confindustria, associazione che riunisce le aziende di produzione e distribuzione di sigarette elettroniche e liquidi da inalazione, ha di recente commentato le nuove norme esprimendo soddisfazione e «ringraziando per l’impegno politico mantenuto, in particolare, il vice premier Matteo Salvini», insieme al vice ministro dell’Economia Maurizio Leo (Fratelli d’Italia) e il leghista Federico Freni, sottosegretario al Mef. Adesso il progetto di Schillaci cambia le carte in tavola e minaccia il business delle sigarette elettroniche.

 

Salvini, confermando l’antica passione, si è già messo di traverso e a favor di lobby, nella speranza che il disegno di legge si dissolva in una nuvola di fumo.

 

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