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Concorso tra norme di diritto comune a tutela del credito e norme pubblicistiche in materia di intervento sostitutivo della stazione appaltante ex art. 30 D.LGS. n. 50/2016 (Codice Appalti).

La tematica del concorso tra le norme civilistiche in materia di cause di prelazione (Libro VI, Titolo III, Capo I e II) del codice civile, unitamente alle norme processuali sul pignoramento presso terzi da una parte, e l’intervento sostitutivo previsto dall’art. 30 del d.lgs. n. 50/2016 dall’altra, può essere risolta alla luce del principio lex specialis derogat generali, ma anche con una lettura congiunta dei rapporti di forza tra le norme, ove quelle pubbliche si impongono a tutela di interessi generali.  Proprio da tale inquadramento discende che la problematica di cui trattasi ricade nell’ambito di applicazione della normativa di matrice pubblica e speciale, diretta a disciplinare i rapporti intersoggettivi tra appaltatore e committente pubblico. La normativa di diritto amministrativo introduce le c.d. deroghe pubblicistiche al diritto comune che in quanto tali costituiscono norme imperative per la disciplina della materia de qua.

Il caso concreto

Al riguardo, è stato prospettato, da parte di un lavoratore non retribuito dall’impresa, di poter pignorare presso terzi i crediti vantati dalla stessa verso il committente pubblico a titolo di contratto di appalto. La stazione appaltante ha ritenuto di non procedere al vincolo delle somme oggetto di pignoramento in quanto l’impresa era risultata inadempiente nei confronti degli Istituti previdenziali e assicurativi a seguito di verifica del DURC. Il creditore procedente ha configurato un concorso tra cause di prelazione del credito – includendo in tale categoria anche i crediti dei due Enti sociali (Inps, Inail) – ritenendo prevalente quello del lavoratore (privilegio) rispetto a qualsiasi altro.

Normativa

In realtà non si tratta di concorso tra cause di prelazione del credito, né vi è una sottrazione alla pignorabilità del credito che l’impresa vanta nei confronti del committente pubblico.

Sotto altra prospettiva, il legislatore, nella materia de qua, ha introdotto istituti prettamente pubblicistici per contrastare il fenomeno del lavoro sommerso già a partire dalla legislazione degli anni Novanta (articolo 3, comma 8, lett. b-bis del d.lgs. n. 14/8/1996 n. 494, oggi sostituito dal d.lgs. 9/4/2008 n. 81) che hanno previsto il Documento unico di regolarità contributiva (DURC), certificato che attesta contestualmente la regolarità di un operatore economico per quanto concerne gli adempimenti INPS, INAIL e Cassa Edile, costituendo tale regolarità contributiva uno dei requisiti delle imprese per entrare in rapporto con le stazioni appaltanti.

Senza indugiare nell’excursus normativo, con il vecchio Codice Appalti (d.lgs. 163/2006) l’intervento sostitutivo contributivo veniva introdotto a tutela degli interessi pubblici, e di riflesso anche necessariamente privati, prevedendone l’obbligatorietà operativa da parte del soggetto pubblico. Di più, con il nuovo Codice Appalti, d.lgs. n. 50/2016, è stata rafforzata la tutela degli interessi sottesi estendendo l’obbligatorietà della misura anche all’intervento sostitutivo “retributivo”, che in origine era facoltativo.

Dispone l’art. 30 d.lgs. n. 50/2016, al comma 5 “In caso di inadempienza contributiva  risultante  dal  documento unico di regolarità contributiva  relativo  a  personale  dipendente dell’affidatario o del subappaltatore  o  dei  soggetti  titolari  di subappalti   e   cottimi   di   cui   all’articolo   105,   impiegato nell’esecuzione del contratto, la stazione appaltante  trattiene  dal certificato di pagamento  l’importo  corrispondente  all’inadempienza per il  successivo  versamento  diretto  agli  enti  previdenziali  e assicurativi, compresa, nei lavori, la cassa edile”.

Il successivo comma 6, innovando rispetto al vecchio Codice Appalti, ha reso obbligatorio l’intervento sostitutivo “retributivo”: “In caso di ritardo nel pagamento delle  retribuzioni  dovute  al personale di cui al comma 5, il responsabile unico  del  procedimento invita per  iscritto  il  soggetto  inadempiente,  ed  in  ogni  caso l’affidatario, a provvedervi entro i successivi quindici giorni. Ove non sia stata contestata formalmente e  motivatamente  la  fondatezza della  richiesta  entro  il  termine  sopra  assegnato,  la  stazione appaltante paga anche in corso d’opera direttamente ai lavoratori  le retribuzioni arretrate, detraendo il  relativo  importo  dalle  somme dovute all’affidatario del contratto ovvero  dalle  somme  dovute  al subappaltatore inadempiente nel caso in cui sia previsto il pagamento diretto ai sensi dell’articolo 105”.

Giurisprudenza e prassi amministrativa

Ciò testimonia la specialità della materia e degli istituti operativi che vanno a configurare il c.d. regime derogatorio della disciplina comune.

A suffragio di tale tesi vi è il supporto della giurisprudenza ordinaria, amministrativa e contabile che converge unanimemente su tale impostazione, nonché atti propri delle amministrazioni di competenza (ex AVCP, Min. Lavoro, MEF) che con delibere e circolari interpretative sono intervenute per risolvere le antinomie con istituti altrettanto pubblicistici, sempre in favore dell’intervento sostitutivo.

L’ex Istituto di vigilanza AVCP, nella Deliberazione n. 36 del 10/09/2008 in relazione all’art. 38 del d.lgs. n. 163/06, afferma “La disciplina del DURC è strettamente connessa con quella dei contratti pubblici ai fini della valutazione, da parte della stazione appaltante, della regolarità contributiva del concorrente e, quindi, della affidabilità morale e professionale dello stesso. Tali requisiti formano oggetto di una verifica di tipo dinamico sulla perdurante attualità di detta idoneità e si riflettono sulla legittimazione a contrarre del concorrente. Il DURC accompagna ogni fase dell’attività dell’operatore economico e non si può prescindere da esso non solo per la stipula del contratto, ma anche per i pagamenti degli stati di avanzamento lavori e per gli stati finali”

Il Ministero dell’Economia e Finanze, alla circolare 21/03/2018 n. 13, al punto 7, affronta il potenziale contrasto tra l’art. 48-bis del DPR n. 602/1973 in materia di tributi e l’intervento sostitutivo contributivo, che si considera prioritario rispetto al primo “(…) l’intervento sostitutivo, anche nelle ipotesi di inadempienza verificata ai sensi dell’articolo 48-bis, impedisce il pagamento dell’appaltatore, in quanto le somme spettanti originariamente a quest’ultimo sono versate direttamente agli enti previdenziali, (…)” .

Per il Ministero del Lavoro si rinvia alla circolare n. 3/2012 diramata in data 16 febbraio 2012[1] che sostiene la stessa priorità.

Nella giurisprudenza, la tematica è stata affrontata dalla Corte dei conti Sezione Regionale di Controllo per la Campania, Del/Par N. 159 /2010, adunanza del 14 ottobre 2010, ove si legge che “E’ appena il caso di ricordare che il legislatore, in ragione del superiore interesse pubblico alla sana competitività tra le imprese e al contrasto all’economia sommersa, non ha inteso lasciare alla stazione appaltante alcun margine di valutazione o di apprezzamento in ordine alla concessione di uno spazio di tollerabilità a beneficio delle imprese affidatarie”.

La giurisprudenza amministrativa, con TAR Umbria sez. I, 03/01/2014 n. 23, nel raffrontare l’intervento sostitutivo contributivo con altro istituto pubblicistico, quale il fermo amministrativo, statuisce che “Il fermo e la successiva cessione forzosa del credito del contribuente in favore dell’Agente della riscossione, introdotti dall’art. 2, D.L. n. 262/2006 a modifica del t.u. 602/1973, realizzano una fattispecie analoga a quella del DPR 207/2010, di esecuzione del Codice dei contratti pubblici che, all’art. 4, prevede il pagamento delle inadempienze accertate mediante il documento unico di regolarità contributiva “direttamente agli enti previdenziali e assicurativi, compresa, nei lavori, la cassa edile”, previa trattenuta dall’importo corrispondente dal certificato di pagamento”.

Da ultimo, il giudice ordinario non si discosta da quanto affermato in una vicenda di contrapposizione dell’istituto de quo con una pregressa cessione del credito: “L’azienda (ASL) con la comparsa di costituzione ha infatti precisato che, (…) l’Area economico e Finanziaria dell’Azienda ha dovuto attivare, per legge, secondo quanto sancito dall’art. 4 del d.p.r. 5/10/2010 n. 207, gli interventi sostitutivi previsti a favore delle Ca. Edili di En. e di Pa., dell’Inail e dell’Inps di Pa. in relazione alle irregolarità nei versamenti dei contributi, con pagamento ai detti enti di complessivi euro 78.027,28, secondo ordinativi prodotti (Tribunale di Palermo, 01/08/2019, n. 3730).

Coordinate applicative

In sostanza, sulla scorta dei dati normativi e delle riferite coordinate ermeneutiche, se il DURC relativo al debitore esecutato è irregolare e negativo per la presenza di inadempienze nei confronti degli enti previdenziali e assicurativi, l’amministrazione terza pignorata non può e non deve pagare la fattura il cui credito è da ritenersi inesigibile e indisponibile per lo stesso appaltatore, con effetti opponibili verso i terzi ope legis.

L’ordinamento degli appalti pubblici impone alla P.A. committente di acquisire il DURC prima di procedere al pagamento di ciascuna fattura in acconto e a saldo, e l’esistenza di un DURC valido e positivo opera come vera e propria condizione sospensiva del diritto al pagamento.

L’obbligo legale della stazione appaltante di sanare l’irregolarità contributiva è dinamico e immanente al rapporto contrattuale e sorge prima di ogni altro fatto che possa eventualmente incidere sul rapporto di debito-credito. Già dalle trattative vi è la verifica del DURC in sede di valutazione delle offerte, a pena d’esclusione delle stesse; poi la verifica in sede di aggiudicazione e di stipulazione del contratto; proseguendo, in sede di esecuzione e degli stati di avanzamento dei pagamenti, l’amministrazione è obbligata a farsi garante della regolarità e del risanamento dei debiti contributivi dell’esecutore (D.L. n. 69/2013 art. 31 co. 3 e 4).

In ragione di ciò, sarebbe opportuno che il giudice dell’esecuzione prenda in considerazione, nel provvedimento di assegnazione, l’assenza di un DURC irregolare o, in subordine, limitare la somma da assegnare ai creditori procedenti sulla base di ciò che residua, eventualmente, a seguito del pagamento da parte della P.A. in esecuzione dell’obbligo legale “sostitutivo”.

Tra l’altro, il risanamento contributivo, anche quando parziale, non può non spiegare effetti favorevoli anche nei confronti dei lavoratori dell’impresa in relazione ai quali l’inadempienza si è verificata, i quali di riflesso sono beneficiati dalla relativa contribuzione previdenziale e assicurativa che avviene per tutta la comunità dei lavoratori.

Tutela per i lavoratori dell’impresa appaltatrice. Possibili soluzioni.

Per quanto concerne la tutela dei lavoratori dell’impresa, vista l’obbligatorietà estesa anche all’intervento sostitutivo retributivo dal comma 6 dell’art. 30 in parola, sarebbe più proficuo intraprendere tale procedura anziché agire in executivis, proprio a ragione dell’intervenuta disciplina di tale istituto con norme cogenti alla stessa stregua di quelle del comma 5, che pertanto non possono concorrere con altre norme di diritto comune ma si applicano prioritariamente in virtù del medesimo regime pubblicistico, condividendo le stesse argomentazioni espresse a favore dell’intervento sostitutivo contributivo.

Inoltre, l’art. 30 Codice Appalti, nel prevedere entrambi gli interventi sostitutivi come obbligatori, non pone una relazione di priorità nel caso di coesistenza delle medesime situazioni di inadempienza, pertanto in tal caso, in assenza di una norma esplicita sul punto, sarebbe ragionevole applicare un criterio di proporzionalità nel rimediare a entrambe le tipologie di inadempimento dell’impresa, procedendo a soddisfare parzialmente, in proporzione, sia gli Enti previdenziali, che i lavoratori dell’impresa.


[1] Il Ministero ha precisato che anche nel caso in cui opera la verifica degli adempimenti fiscali, ogni qualvolta le amministrazioni pubbliche debbano procedere a pagamenti di importi superiori a 10.000 euro, comunque l’intervento per i debiti contributivi ha la precedenza dinanzi a quelli fiscali.



 

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