Prestiti personali immediati

Mutui e prestiti aziendali

Utilizza la funzionalità di ricerca interna #finsubito.

Agevolazioni - Finanziamenti - Ricerca immobili

Puoi trovare una risposta alle tue domande.

 

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito
#finsubito news video
#finsubitoagevolazioni
Agevolazioni
Post dalla rete
Vendita Immobili
Zes agevolazioni
   


SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. Le varie tesi. – 3. Meritevolezza e alea. – 3.1 Meritevolezza e clausole claims made.

 

1. Introduzione.

Il tema della causa – prima intesa “in astratto” e ora, definitivamente, intesa nella sua accezione “in concreto – è stato oggetto di numerosi interventi dottrinali e giurisprudenziali.

Ad oggi, in particolare dalla sentenza della Cassazione che, intorno al 2006[1], per la prima volta ha utilizzato espressamente la formula “causa in concreto”, è assodato che la causa, intesa quale ragione giustificatrice del contratto ed elemento essenziale dello stesso, è la funzione che quest’ultimo svolge ed in vista della quale l’ordinamento giuridico dà rilevanza all’assetto di interessi perseguito dalle parti.

La causa, nel panorama giuridico attuale, si identifica con la funzione economico-individuale del contratto: in altri termini, non è più necessario che il contratto sia “socialmente meritorio”, cioè utile sia all’individuo che alla collettività (come strumento di attuazione dei superiori valori della solidarietà corporativa): le parti possono decidere di concluderlo anche se “socialmente inutile” purché “egoisticamente utile”.

Il mutamento dei rapporti tra libertà negoziale e controllo dell’ordinamento ha evidenziato il progressivo superamento della originaria concezione – che ha ispirato la disciplina codicistica del contratto – secondo cui, ai sensi dell’art. 1322 comma 2 c.c., l’autonomia negoziale deve perseguire “interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”.

 

2. Le varie tesi.

Stante l’attuale quadro sistematico, cosa si intende per “meritevolezza”? Essa ha ancora una funzione? Se sì, ha ancora la funzione di fungere da limite alla autonomia negoziale?

Si tratta di un interrogativo molto dibattuto tra gli studiosi del diritto, approdato anche al vaglio delle Sezioni Unite:

  • Secondo una prima tesi, il comma 2 dell’art. 1322 c.c. sarebbe ormai caduto in disuso a causa della incompatibilità tra il concetto di meritevolezza e l’attuale assetto che la Costituzione fornisce al rapporto tra libertà negoziale e utilità sociale.

Infatti, ai sensi dell’art. 41 della Costituzione – secondo cui “l’iniziativa economica privata è libera” – la libertà negoziale è protetta anche se non socialmente utile: basta che non sia socialmente dannosa.

Non sarebbe, pertanto, configurabile una distinzione tra liceità e meritevolezza: tutto ciò che è lecito è anche meritevole e viceversa;

A conferma di questo assunto si ritiene che quando il legislatore, in temi recenti, ha voluto “ripristinare” il requisito della meritevolezza lo detto espressamente, riferendolo a determinate figure negoziali. Sul punto, risulta emblematico l’art. 2645ter c.c., che si occupa della trascrivibilità di atti in forma pubblica “con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri […] sono destinati […] alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a Pubbliche Amministrazioni o ad altri enti o persone fisiche”. Si tratta di un negozio molto peculiare, come tale capace di apportare “deroghe” ad alcune regole fondamentali del diritto civile, che si caratterizza per il fatto di realizzare una destinazione patrimoniale su base negoziale (la cui ammissibilità è stata, in passato, molto controversa).

In questo caso, l’interesse perseguito da tale negozio di destinazione non deve essere solo lecito, ma anche meritevole, cioè socialmente utile: infatti, le eccezioni introdotte da questo negozio devono fondarsi sulla necessità di tutelare altri interessi, menzionati dalla norma, caratterizzati da meritevolezza sociale (come tali, quindi, esorbitanti dalla sfera della economia individuale);

  • Secondo un’altra tesi, il requisito della meritevolezza di cui al comma 2 dell’art. 1322 c.c. conserverebbe ancora una sua utilità, anche se non può essere utilizzato per sottoporre l’autonomia negoziale ad un controllo relativo ad accertarne la utilità sociale (come, invece, riteneva il legislatore del 1942).

Si propone, dunque, una lettura costituzionalmente orientata del requisito della meritevolezza, come tale collegata al dovere di solidarietà sociale di cui all’art. 2 della Costituzione e ai valori, contenuti nel codice civile, della buona fede in senso oggettivo e della correttezza: tali valori codicistici opererebbero come limiti imperativi all’autonomia negoziale, la cui violazione determinerebbe la nullità del contratto che, pur avendo causa lecita, sarebbe immeritevole.

Di conseguenza, un contratto atipico sarebbe immeritevole perché perseguirebbe un risultato contrastante con i principi di solidarietà che il nostro ordinamento pone a fondamenti delle relazioni tra privati[2].

 

3. Meritevolezza e alea.

Altro tema fondamentale concerne il rapporto tra meritevolezza e alea: secondo la giurisprudenza, un contratto aleatorio non è, per ciò solo, immeritevole di tutela, poiché il legislatore consente la possibilità di stipulare contratti aleatori, alcuni dei quali vengono tipizzati.

Di conseguenza l’aleatorietà non può ritenersi un requisito tale da desumere la immeritevolezza del contratto, in quanto il codice tipizza determinati contratti aleatori (es. contratto di assicurazione) e il legislatore concede la possibilità di stipulare anche contratti aleatori atipici (es. contratto di cd. vitalizio atipico, che comunque è in parte tipizzato).

 

3.1. Meritevolezza e clausola claims made.

Il tema della meritevolezza rispetto alla clausola claims made merita un approfondimento merito, poiché fonte di ampio dibattito tra gli studiosi e di continue sentenze della Cassazione, anche a Sezioni Unite (tra le più importanti si citano quelle di maggio 2016 e settembre 2018[3]).

L’art. 1917 c.c. si occupa della assicurazione della responsabilità civile e prevede, al comma 1, che “l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto. Sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi”: il rischio oggetto del contratto è rappresentato dalla circostanza che l’assicurato commetta un fatto illecito (purché non doloso) – fonte dell’obbligazione risarcitoria durante il periodo di vigenza della assicurazione, a prescindere da quando è pervenuta la richiesta di copertura da parte dell’assicurato (modello della c.d. loss occurence).

La clausola claims made (“a richiesta fatta”), derogando alla regola codicistica, è spesso inserita nel contratto di assicurazione della responsabilità civile: il rischio assicurato non è più il compimento dell’illecito, ma la presentazione di una richiesta di risarcimento (cd. claim).

Nella prassi assicurativa, tali clausole trovano poi ulteriori varianti:

  • claims pura, basata su richieste risarcitorie inoltrate durante il periodo di efficacia della clausola, indipendentemente dalla data di commissione del fatto illecito;
  • claims impura o mista, nella quale sia il fatto illecito che la richiesta risarcitoria intervengono durante il periodo di vigenza del contratto, con possibile retrodatazione della garanzia alle condotte poste in essere anteriormente;
  • sunset clause (o clausola di ultrattività o di “postuma”), che attribuisce all’assicurato una finestra temporale ulteriore e successiva rispetto alla durata del contratto entro la quale si può denunciare l’illecito alla compagnia assicurativa; ciò al fine di ottenere la copertura indennitaria e prolungare la copertura assicurativa della claims made.

Tale clausola di ultrattività è attualmente divenuta tipica grazie a recenti interventi legislativi, quali:

  • la legge cd. Gelli-Bianco del 2017 in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie, che ha disciplinato anche il profilo assicurativo di questi professionisti.

In particolare, l’art. 11 della citata legge, riguardante l’obbligo per le strutture sanitarie di assicurarsi per la responsabilità civile verso i terzi, prevede che la “garanzia assicurativa deve prevedere una operatività temporale anche per gli eventi accaduti nei dieci anni antecedenti la conclusioni del contratto assicurativo, purché denunciati all’impresa di assicurazione durante la vigenza temporale della polizza”. Ancora, qualora l’attività professionale dovesse cessare per qualsiasi causa, la garanzia assicurativa deve contemplare un periodo di ultrattività per le richieste di risarcimento “presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi nel periodo di efficacia della polizza, incluso il periodo di retroattività della copertura”.

Previsioni analoghe si ritrovano nel d.m. Giustizia del 2016, sulla responsabilità civile degli avvocati, e nella legge annuale sulla concorrenza n. 124/17 che, all’art. 1 comma 26, si occupa del regime temporale delle polizze obbligatorie che devono stipulare i professionisti (prevedendo un obbligo, a carico delle compagnie assicurative, di offrire ai propri assicurati liberi professionisti la possibilità di coprire i dieci anni ulteriori, così rendendo più concorrenziale l’offerta assicurativa).

Nel 2020 la Terza Sezione della Cassazione[4] è tornata sulla sunset clause o clausola di garanzia postuma, stabilendo che si tratta di una clausola vessatoria (e, quindi, da dichiarare nulla e si tratta di nullità parziale) se impone termini decadenziali che rendono troppo difficile l’esercizio del diritto di indennizzo nei confronti della compagnia assicurativa.

Nel caso di specie tale clausola aveva concesso all’assicurato la possibilità di denunciare il sinistro entro i dodici mesi successivi alla scadenza del contratto ma, a detta della Cassazione, «pone l’assicurato in una condizione di difficoltà e debolezza, in quanto la denuncia del sinistro all’assicurazione (entro i dodici mesi dalla scadenza) presuppone che l’assicurato abbia ricevuto una tempestiva richiesta di risarcimento dal danneggiato, o meglio, che l’abbia ricevuta» durante il tempo dell’assicurazione o nei 12 mesi successivi.

Pertanto, a detta della Cassazione, il termine annuale per denunciare il sinistro è da qualificare come termine di decadenza che, essendo tale, deve essere espressamente sottoscritto dalle parti ai sensi dell’art. 1341 c.c. A ciò si aggiunge il fatto che tale termine è nullo “perché rende, nella fattispecie, eccessivamente difficile l’esercizio del diritto dell’assicurato”, così violando l’art. 2965 c.c.

Al contrario, sempre la Cassazione ritiene che è diverso il caso in cui il termine utile per denunciare l’illecito si fa decorrere non dalla scadenza del contratto, ma dalla comunicazione del sinistro da parte del danneggiato.

La Cassazione ha, quindi, precisato che la clausola claims made può essere inserita in un contratto di assicurazione a condizione che la stipulazione di una sunset clause sia idonea ad estendere (e non a ridurre) il rischio individuato dal Codice, mantenendo inalterata la causa indennitaria tipica del contratto, ossia “tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo” (art. 1917, comma 1, c.c.).

Il quadro giuridico oggi presente in materia di clausola sunset è questo: essa fornisce sicuramente un aiuto importante all’assicurato che conclude un contratto con clausola claims made impura, perché permette – tramite la cd. finestra ultrattiva o retroattiva – di estendere la copertura nei confronti del soggetto assicurato, concedendo nuovamente al contratto di assicurazione la sua utilità tipica, cioè fornire un prodotto assicurativo adeguato alle esigenze del contraente.

L’assenza di questa clausola sunset pone rilevanti problemi legati alla immeritevolezza del contratto (da leggere nell’ottica della causa del contratto intesa in concreto) di assicurazione contenente la claims made impura, poiché il rischio sopportato dalla impresa di assicurazione diventa minimo e viene meno il fine ultimo del contratto di assicurazione, quello di garantire una copertura adeguata. Da ciò ne deriva la possibilità del giudice di effettuare una conformazione giudiziale (tramite la cd. nullità parziale conformativa della clausola claims made), così da ripristinare l’adeguatezza della copertura assicurativa.

 

 

_________________________________________________

[1] La prima sentenza che utilizza espressamente la formula “causa in concreto” è la sentenza della Cassazione n. 10490/06: la pronuncia definisce causa come “lo scopo pratico del negozio”.

[2] Una recente sentenza in tema di leasing indicizzato in valuta estera ha affermato che “la meritevolezza è un giudizio (non un requisito del contratto, come erroneamente sostenuto da parte della dottrina), e deve investire non il contratto in sé, ma il risultato con esso perseguito” – Cass. SS UU n. 5657/23.

[3] La sentenza n. 22347/18, superando il precedente arresto della sentenza n. 9140/16, ha superato la vecchia diatriba in merito alla legittimità delle polizze contenenti clausole claims made: esse, pur derogando all’art. 1917 c.c., non alterano la funzione tipica del contratto, la quale continua ad essere definita come la funzione di tenere indenne l’assicurato da un evento futuro e incerto verificatosi durante il tempo di vigenza dell’assicurazione. In questo modo sono stati superati i profili di vessatorietà che in passato erano emersi rispetto a tale tipo di clausola.

[4] Cass. civ. sez. III, n. 8894/20.

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Informativa sui diritti di autore

La legge sul diritto d’autore art. 70 consente l’utilizzazione libera del materiale laddove ricorrano determinate condizioni:  la citazione o riproduzione di brani o parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi qualora siano effettuati per uso di critica, discussione, insegnamento o ricerca scientifica entro i limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera citata o riprodotta.

Vuoi richiedere la rimozione dell’articolo?

Clicca qui

 

 

 

Per richiedere la rimozione dell’articolo clicca qui

La rete #dessonews è un aggregatore di news e replica gli articoli senza fini di lucro ma con finalità di critica, discussione od insegnamento,

come previsto dall’art. 70 legge sul diritto d’autore e art. 41 della costituzione Italiana. Al termine di ciascun articolo è indicata la provenienza dell’articolo.

Il presente sito contiene link ad altri siti Internet, che non sono sotto il controllo di #adessonews; la pubblicazione dei suddetti link sul presente sito non comporta l’approvazione o l’avallo da parte di #adessonews dei relativi siti e dei loro contenuti; né implica alcuna forma di garanzia da parte di quest’ultima.

L’utente, quindi, riconosce che #adessonews non è responsabile, a titolo meramente esemplificativo, della veridicità, correttezza, completezza, del rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e/o industriale, della legalità e/o di alcun altro aspetto dei suddetti siti Internet, né risponde della loro eventuale contrarietà all’ordine pubblico, al buon costume e/o comunque alla morale. #adessonews, pertanto, non si assume alcuna responsabilità per i link ad altri siti Internet e/o per i contenuti presenti sul sito e/o nei suddetti siti.

Per richiedere la rimozione dell’articolo clicca qui