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Muhammad Yunus è arrivato anche in Brasile. Non il Nobel della Pace 2006. La sua invenzione stradordiaria, quella che ha rivoluzionato il grande mondo del sommerso. Il suo microcredito. Misura semplice ed efficace per aggirare le difficoltà create dalle grandi banche a concedere prestiti e accendere una linea di piccoli crediti che facciano tirare avanti l’esercito di commercianti, ambulanti, imprenditori nei quartieri periferici delle metropoli. Così, sulla scia del G7 e del fratello G20, anche le favela del gigante sudamericano hanno creato il loro G10. Ne fanno parte appunto 10 agglomerati del paese: due di San Paolo, due di Rio de Janeiro e altri sei di altrettanti Stati del Brasile. Qualcosa come 45 milioni di persone. Uomini e donne, spesso giovanissimi, che si danno da fare tutto il giorno per vendere e comprare qualsiasi cosa serva alle immense favela scontrandosi spesso con le milizie paramilitari diventate con il tempo delle vere holding. Ma a differenza di questi Cartelli che campano con il pizzo, le estorsioni, le tasse su acqua, gas, elettricità, ghiaccio, tv via cavo, in cambio di protezione, sostituendosi allo Stato, gli aderenti al G10 puntano ad accendere un volano economico e produttivo in grado di generare fino a 1,3 miliardi di euro in consumi.

L’idea è nata un anno fa quando i delegati delle dieci favela si sono incontrati a Paraisopolis, la più grande di San Paolo, capitale finanziaria del paese. Ci fu una lunga e interessante discussione concentrata sull’obiettivo di fondo: unire gli sforzi per attirare degli investimenti nel commercio e nei progetti di questi slum diseredati. “Vogliamo convincere le persone dall’esterno e dall’interno della comunità sull’enorme potenziale degli affari che si possono sviluppare”, aveva spiegato uno degli organizzatori.

La cosa non è rimasta lettera morta. Ci sono stati dei contatti con gruppi finanziari stranieri e soprattutto con ricchi filantropi che, in maniera anonima, hanno contribuito personalmente. Ci hanno messo dei soldi e hanno seguito la creazione di una banca del minicredito adesso finalmente operativa. A fine febbraio, sempre a San Paolo, si terrà il secondo appuntamento per tracciare un bilancio dell’attività e espanderla con correzioni e nuove iniziative. La Fondazione che gestirà la banca comunitaria prevede l’accesso dei piccoli imprenditori delle favela ai prestiti e di rilasciare agli abitanti una carta di credito con la quale possano acquistare localmente i prodotti di base. Per soddisfare il massimo delle persone, i prestiti saranno limitati a 2.300 euro con un tasso il più basso possibile che dovrebbe consentire la restituzione senza ulteriori aggravi. La “Banca del G10” ha un capitale iniziale di 1,8 milioni di reais, che sono circa 280 mila euro. Sono per il momento sufficienti ad accendere i primi micro finanziamenti che metteranno in moto la macchina delle favela. L’istituto si avvarrà dei consigli di esperti e delle consulenze di collaboratori. Un terzo del tesoretto servirà a finanziare dei programmi sociali, come quelli messi in piedi durante la pandemia.

Si tratta di un’iniziativa concreta che può affrontare la gravissima crisi, anche di liquidità, che ha colpito le fasce più deboli del Brasile. Travolto da una seconda ondata di Covid, il paese ha visto aumentare il numero di disoccupati, adesso di 13 milioni, e resa più difficile la battaglia per la sopravvivenza. Nella favela ci si arrangia con tutto. Sono cresciute le promozioni su Facebook e altri social per i prodotti di base, come gli alimentari e quelli per la pulizia personale e di casa. C’è chi lotta per mantenere attivo un bar, piccoli ristoranti, agenzie automobilistiche, assicurative, di viaggi. E anche semplici parrucchieri, lavanderie. Ci sono poi strutture che hanno un potenziale enorme se sono incoraggiate e finanziate.

Un esempio per tutti è il “Bistrot Mains de Marie”, nel cuore di Paraisopolis. Racconta uno dei promotori a Liberation: “E’ un ristorante comunitario nato nel 2018 che ha svolto sempre attività sociali a favore degli abitanti di questa enorme favela”. Ha attivamente partecipato alla solidarietà locale sin dall’inizio della pandemia da Covid organizzando la distribuzione dei pasti. “Abbiamo sfamato fino a 1,3 milioni di persone”, confermano i gestori, “e questo grazie allo slancio di generosità. Ma da dicembre le donazioni private sono sparite e la macchina si è fermata”. La “Banca del G10” potrebbe sopperire a questo vuoto. Piccoli crediti per superare il momento drammatico e dare nuovo slancio a chi ci lavora e a chi ne usufruisce. Ha funzionato in molte parti del mondo: il banchiere del Bangladesh lo sa bene. Potrebbe funzionare anche in Brasile.

 

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