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La riunione del cdm più problematica dell’anno è stata alla fine tra le più tranquille e la cosa non sorprende. Le mine erano state fatte brillare tutte in anticipo, tutto era già stato deciso alla vigilia.

Non significa che la piccola ma intensa tempesta sia passata senza lasciare il segno e a raccontare chi ne è uscito bene, chi meno bene e chi decisamente male valgono più delle parole le espressioni dei volti a riunione terminata.

Giulivo e gongolante Salvini, molto meno lieta la premier che però a porte chiuse pare che fosse apertamente corrucciata. Il viceministro Leo, quello che dal tritacarne esce peggio, ha preferito disertare la conferenza stampa e già questo dice tutto.

Il governo ha licenziato una raffica di decreti, come annunciato e previsto. Ma li ha prima depurati, sotto dettatura degli uffici legislativi del Colle, dei passaggi che Mattarella aveva messo all’indice, aggiungendo che ove fossero rimasti lui avrebbe negato la firma.

Forse è un irrigidimento una tantum ma c’è anche il caso che il presidente si sia stancato di parlare invano e abbia deciso di stringere le maglie su quell’abuso della decretazione d’urgenza che aveva più volte denunciato.

Per il governo, che come tutti i predecessori campa di decreti emanati senza alcuna urgenza o necessità e di voti di fiducia a pioggia, sarebbe un grosso problema e la premier lo sa.

Sono passati così in forma soft i dl sullo sport, per istituire l’agenzia di controllo, e sulla scuola, per l’integrazione degli stranieri ma il precedente peserà.

Salvini ha incassato il suo decreto Casa. Non è una bomba e non è un vero condono. Passa la spugna su piccoli illeciti, variazioni in percentuale minima dei progetti originari, ritocchi all’appartamento sin qui illeciti ma modesti.

Elimina la cosiddetta “doppia conforme, in base alla quale un appartamento per essere venduto doveva essere in regola con le regole di oggi e con quelle che valevano al momento dell’acquisto”.

Sembra una sciocchezzuola ma bastava a rendere una via crucis le transazioni immobiliari. Accontentarsi delle regole in vigore all’origine è una mossa saggia.

Il dl non fa gran danno a nessuno ma va a vantaggio di uno solo, Matteo Salvini, che infatti sprizzava soddisfazione tanto più che i sondaggi per la prima volta da tempo immemorabile confortano la Lega.

La vera bomba, il redditometro, era stata disinnescata in anticipo. In materia fiscale il solo decreto approvato ieri dimezza le sanzioni per le irregolarità fiscali, dal 240 al 120% e i ministri tengono le dita ben intrecciate sperando che cancelli anche il più vago ricordo di quella paroletta che a destra vale come una bestemmia in chiesa: redditometro.

Ma dello strumento più aborrito si è dovuto parlare lo stesso. Leo ha presentato la sua relazione, quella richiesta dalla premier. Alla fine è stato pacifico e unanime decidere che per ora non se ne fa niente: rientrerà in vigore quando sarà stato rimodellato.

Come? Con la formula in base alla quale si potrà ficcare il naso solo nelle spese di chi omette la dichiarazione dei redditi ma supera alcune soglie, non ancora quantificate di spesa: quelli che dovrebbero non averci un soldo e spendono alla grande.

Ma l’offensiva congiunta Lega-Fi non si è fermata qui. Hanno ottenuto che non solo il maledetto redditometro ma l’intero provvedimento venga “scritto a più mani”, cioè anche da loro.

Per Leo, sin qui onnipotente proconsole sul fisco, è una mazzata micidiale, quasi il commissariamento. Ma anche Giorgia, di cui Leo è fedelissimo, ne esce ammaccata.

Anche se col cdm non c’entrava niente, Salvini ha colto l’occasione per lanciarsi in una virulenta intemerata contro Ursula von der Leyen: “Ha fatto più danni della grandine. Non la voterò mai”.

Non che sia una notizia nuova però sparare così sulla candidata del Ppe alla successione di se stessa come presidente della Commissione europea significa in realtà prendere di mira Meloni, che von der Leyen aveva elogiato appena 24 ore prima, che della presidente uscente è alleata e che, al contrario di Salvini, ha già deciso di votarla comunque, anche nella probabilissima ipotesi che significhi votare come i socialisti e all’opposto non solo del gruppo radicale Identità e Democrazia ma anche dei suoi stessi Conservatori.

Quella del capo leghista è chiaramente campagna elettorale ma non solo. Una volta messi alla porta gli impresentabili della AfD tedesca la coppia di testa della stessa Identità, il medesimo Salvini e Marine Le Pen, è decisa a incalzare Meloni senza tregua. Un altro guaio.

Insomma la riunione della discordia del cdm è finita senza traumi. Ma ha anche messo in fila tutti i problemi che stringono da presso Giorgia Meloni, senza contare quelli più grossi come la penuria di fondi e fattacci come il caso Toti. Una lista lunghissima.

 

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