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La questione riguarda la prova dell’inclusione dello specifico credito azionato nel contratto di cessione in blocco. Ebbene, la Corte Suprema di Cassazione[1], in merito alle cessioni di crediti in blocco e relativa prova, ha, come noto, indicato che «in caso di contestazione della titolarità del credito in capo alla asserita cessionaria, il mero fatto, pur pacifico, della cessione di crediti in blocco ex art. 58 TUB non è sufficiente ad attestare che lo specifico credito oggetto di causa sia compreso tra quelli oggetto di cessione». Dunque, la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare della parte creditrice originaria, in virtù di un’operazione di cessione in blocco ex art. 58 TUB, ha l’onere di dimostrare l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione in blocco, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, a meno che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta.

Peraltro, tale onere di dimostrare che lo specifico credito oggetto di cessione è incluso nella cessione stessa, non solo non vi è quando manchi una contestazione, ma anche quando il contratto individui con sufficiente chiarezza le singole categorie di crediti ceduti, così individuando senza incertezze i rapporti oggetto della cessione; invero, «in tema di cessione in blocco dei crediti da parte di una banca, ai sensi dell’art. 58 D. Lgs. 385/1993, è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione»[2]. E ancora, «Nel caso di cessioni in blocco ex art. 4 della legge n. 130 del 1999, la pubblicazione della notizia, richiamata anche dall’art. 58 del testo unico bancario (legge n. 385 del 1993), ha la funzione di esonerare dalla notificazione stabilita in generale dell’art. 1264, cod. civ.; le previsioni in parola, dunque, hanno inteso agevolare la realizzazione della cessione “in blocco” di rapporti giuridici, stabilendo, quale presupposto di efficacia della stessa nei confronti dei debitori ceduti, la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale e dispensando la cessionaria dall’onere di provvedere alla notifica della cessione alle singole controparti dei rapporti acquisiti: tale adempimento, ponendosi sullo stesso piano di quelli prescritti in via generale dall’art. 1264, cod. civ., può essere validamente surrogato da questi ultimi – e segnatamente dalla notificazione della cessione, che non è subordinata a particolari requisiti di forma; e può quindi aver luogo anche mediante l’atto di citazione con cui il cessionario intima il pagamento al debitore ceduto, ovvero nel corso del giudizio (Cass., 29/09/2020, n. 20495, Cass., 17/03/2006, n. 5997). In altri termini, la notifica al ceduto può avvenire utilmente e successivamente alla pubblicazione richiamata, rendendo quella specifica cessione egualmente opponibile».

 Ulteriormente, «in caso di cessione ‘in blocco’ dei crediti da parte di una banca ex art. 58 d.lgs. n. 385 del 1993, la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale che rechi l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti “in blocco” è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno dei rapporti oggetto della cessione, allorché gli elementi che accomunano le singole categorie consentano di individuarli senza incertezze; resta comunque devoluta al giudice di merito la valutazione dell’idoneità asseverativa, nei termini sopra indicati, del suddetto avviso, alla stregua di un accertamento di fatto non censurabile in sede di legittimità in mancanza dei presupposti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.»[3].

In particolare, la Cassazione fa chiarezza anche in termini di prova “processuale” dell’avvenuta cessione del credito in operazioni di cartolarizzazione, rispetto a rapporti contestati. Ciò detto, va peraltro osservato che, in base a una ancor più recente giurisprudenza di legittimità, «in tema di cessione di crediti in blocco ex art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, ove il debitore ceduto contesti l’esistenza dei contratti, ai fini della relativa prova non è sufficiente quella della notificazione della detta cessione, neppure se avvenuta mediante avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi dell’art. 58 del citato d.lgs., dovendo il giudice procedere ad un accertamento complessivo delle risultanze di fatto, nell’ambito del quale la citata notificazione può rivestire, peraltro, un valore indiziario, specialmente allorquando avvenuta su iniziativa della parte cedente»[4]. Pertanto, non è sufficiente la produzione dell’avviso ex art. 58 TUB pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il cui unico effetto sarà quello di esentare il cessionario dalla notifica della cessione al debitore ceduto, ma non quello di fornire la prova dell’avvenuta cessione, funzione di certo possibile ma che potrà concretizzarsi nel solo caso in cui l’avviso contenga tutti gli elementi necessari a identificare con precisione il credito, in modo tale da poter affermare con certezza la sua inclusione nella cessione stessa.

In altri termini, sul piano prettamente processuale, la prova della cessione del credito può essere data anche dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, osservando che questa può essere integrata, ad esempio, anche dagli atti d’intimazione del cessionario (si pensi alla notifica dell’atto di precetto per mezzo del quale è intimato, in via stragiudiziale, il pagamento al debitore ceduto; oppure con la notifica di un atto di citazione di un giudizio; o, anche in sede di giudizio, mediante il deposito dell’atto d’intervento ex art. 111 del cpc, adducendo la prova dell’esistenza del credito). Nello specifico, tra i vari modus idonei al raggiungimento della prova processuale della cessione del credito, si distinguono, in particolare: A) l’avviso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, con la specifica indicazione del credito ceduto (con indicazione del “Ndg” specifico); B) la produzione del contratto di credito unitamente all’elenco delle posizioni cedute e delle relative anagrafiche; C) eventuali comunicazioni stragiudiziali (si pensi alla missiva) con cui sia stata data adeguata notizia della cessione; D) le dichiarazioni confessorie della cedente.

Nel caso in esame, può fondatamente affermarsi come parte opposta non abbia provato la regolarità delle cessioni; difatti, la stessa si è limitata a depositare gli avvisi ex art. 58 TUB riferibili alle due intervenute cessioni, pubblicati in Gazzetta Ufficiale, nel quale non è presente alcun dato identificativo del credito ceduto (né lo specifico numero, né altro). Ebbene, tali elementi appaiono assolutamente generici e comunque incapaci a far superare l’incertezza sull’individuazione dei crediti effettivamente trasferiti, tanto che non può neppure essere attribuita alcuna valenza risolutiva alle dichiarazioni rese dai cedenti, posto che «trattandosi di uno scritto proveniente da un soggetto terzo, munito al più di valenza indiziaria e che tuttavia, in difetto di ulteriori elementi presuntivi, non pare possa assurgere al rango probatorio superiore»[5].

Dunque, nel caso in esame, in assenza del deposito del contratto di cessione, deve ritenersi che il creditore non abbia fornito la prova rigorosa della propria legittimazione nell’ambito della presente procedura esecutiva; consequenzialmente, l’istanza di sospensione deve essere accolta, ai sensi dell’art. 624 c.p.c.

 

 

 

_____________________________________________________________________

[1] Cfr. Cass. n. 24551/2020.

[2] Cfr. Cass. n. 31188/2017; nella specie, la Suprema Corte ha cassato la sentenza con la quale la corte di appello aveva ritenuto insufficiente la produzione dell’avviso di pubblicazione, recante l’indicazione per categorie dei rapporti esclusi dalla cessione, omettendo di verificare se il credito azionato fosse o meno riconducibile ad una delle predette categorie.

[3] Cfr. Cass. n. 4277/2023.

[4] Cfr. Cass. n. 3405/2024.

[5] Cfr. Trib. Brescia 17.04.2023.

 

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