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A cura della Redazione.

Per la Cassazione l’accordo con cui l’avvocato e il cliente stabiliscono il compenso per l’attività professionale svolta dal primo deve avere la forma scritta a pena di nullità; l’art. 13 comma 2 della L. 247/2012 (Legge professionale) non ha abrogato l’art. 2233 c.c. comma 3

In tal senso si è espressa la Suprema Corte nell’ordinanza n. 24213/2021.

Venerdi 15 Ottobre 2021

Il caso: l’Avv. Tizio propone ricorso straordinario per cassazione contro l’ordinanza del Tribunale di Foggia, con la quale e’ stato liquidato in suo favore, quale compenso per l’attivita’ difensiva svolta in favore della ditta Alfa s.n.c. in un giudizio civile, un importo inferiore rispetto alla richiesta: il Tribunale, in particolare, riconosceva, sulla scorta delle deposizioni testimoniali, l’esistenza di un accordo fra le parti per la determinazione del compenso nella misura ridotta così liquidata al legale.

Per il ricorrente, la sentenza impugnata viola l’articolo 2233 c.c., comma 3, secondo il quale e’ nullo, se non redatto in forma scritta, il patto fra avvocato e cliente con il quale si stabilisce il compenso professionale.

La Cassazione, nel ritenere fondata la censura, chiarisce quanto segue, anche in relazione al rapporto tra l’art. 2233 c.c e l’art. 13 L. 247/2012:

a) ex articolo 2233 c.c., comma 3, il patto di determinazione del compenso del professionista deve essere redatto in forma scritta, sotto pena di nullita’;

b) peraltro la norma non puo’ ritenersi implicitamente abrogata dalla L. n. 247 del 2012, articolo 13, comma 2, che stabilisce che il compenso spettante al professionista “sia pattuito di regola per iscritto”; infatti, secondo l’interpretazione preferibile, la novita’ legislativa ha lasciato impregiudicata la prescrizione contenuta nell’articolo 2233 c.c., comma 3: in base a questa interpretazione, la norma sopravvenuta non si riferisce alla forma del patto, ma al momento in cui stipularlo: essa, cioe’, stabilisce che il patto deve essere stipulato all’atto del conferimento dell’incarico;

c) pertanto, chiarito che il requisito formale, che e’ prescritto a pena di nullita’, valgono le regole generali:

1) la scrittura non puo’ essere sostituita da mezzi probatori diversi, neanche dalla confessione, ne’ e’ applicabile il principio di non contestazione;

2) ai sensi dell’articolo 2725 c.c., la prova testimoniale e’ ammissibile nella sola ipotesi dell’articolo 2724 c.c., n. 3, di perdita incolpevole del documento;

3) l’inammissibilita’ della prova, diversamente da quanto avviene quando il contratto deve essere provato per iscritto, e’ rilevabile d’ufficio e puo’ essere eccepita per la prima volta anche in cassazione.

Decisione: nel caso in esame, il tribunale non si e’ attenuto a tali principi: ha ritenuto dimostrata l’esistenza dell’accordo grazie alla prova per testimoni e sulla base di una corrispondenza intercorsa fra le parti, mentre non ha tenuto conto che l’esistenza del requisito di forma non puo’ essere sostituito da mezzi probatori diversi; pertanto la sentenza deve essere cassata.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza n.24213 2021

 

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