Il caso: Tizia conveniva dinanzi al Tribunale di Ragusa 1’Azienda Sanitaria Locale deducendo di essere stata sottoposta ad un intervento chirurgico in un ospedale gestito dall’ Azienda convenuta, per la correzione di una sindrome del tunnel carpale al polso destro, eseguito da Mevio e che a causa dell’imperita esecuzione dell’intervento aveva patito un danno neurologico, guarito con postumi permanenti; chiedeva pertanto la condanna dei convenuti al risarcimento del suddetto danno.
Mevio si costituiva e negava la propria responsabilità; anche la ASL si costituiva e, oltre a negare la propria responsabilità, chiamava in causa la società di assicurazione Delta s.p.a: la Asl aveva stipulato con la suddetta società un contratto di assicurazione a copertura della responsabilità civile sia dell’ azienda stessa, sia dei sanitari in essa operanti, e chiedeva che in caso di accoglimento della domanda attorea fosse garantita dalla suddetta società.
il Tribunale di Ragusa accoglieva la domanda attorea; accoglieva la domanda di garanzia formulata dalla ASL, mentre dichiarava inammissibile la domanda di garanzia formulata da Mevio nei confronti della suddetta società assicuratrice.
La Corte d’Appello, per quel che qui interessa, riteneva che correttamente il Tribunale aveva reputato “inammissibile” la domanda di garanzia formulata da Mevio nei confronti della compagnia di assicurazione: per la Corte d’appello, nei confronti della società di assicurazione Mevio non aveva operato la chiamata in causa dell’assicuratore nelle forme e nei termini di cui all’articolo 269 c.p.c., con la conseguenza che si era maturata la sua decadenza dal diritto ad essere manlevato.
Mevio ricorre in Cassazione, deducendo che:
a) l’originaria attrice aveva notificato la citazione introduttiva del giudizio di primo grado non solo alla ASL ed al chirurgo che l’aveva operata, ma anche direttamente alla compagnia di assicurazione, per cui quest’ultima doveva ritenersi “convenuta” al pari di Mevio;
b ) di conseguenza, l’odierno ricorrente per formulare la sua domanda di garanzia nei confronti della compagnia di assicurazione (e quindi una domanda formulata da un convenuto nei confronti di un altro convenuto) non aveva l’onere di rispettare le forme previste dall’articolo 269 c.p.c. per la chiamata in causa del terzo.
La Cassazione dà ragione al ricorrente: sul punto ribadisce i seguenti principi:
– Per costante giurisprudenza deve qualificarsi “domanda riconvenzionale”:
(a) quella che il convenuto formula nei confronti dell’attore;
(b) quella che il convenuto formula nei confronti di altro convenuto, che già sia parte del processo; (c) quella che il chiamato in causa formula nei confronti del chiamante o di altri convenuti, che già siano parti del processo;
– in tutte queste ipotesi la domanda proposta dal convenuto nel confronti di altro convenuto non esige le forme prescritte per la chiamata in causa del terzo, per l’evidente ragione che è fuori luogo discorrere di “chiamata in causa” rispetto ad un soggetto che è già parte del giudizio;
– mentre non è necessario che la riconvenzionale “trasversale” sia fondata sui medesimi fatti posati dall’attore principale a fondamento della sua domanda;
– pertanto, “il convenuto che intenda formulare una domanda nei confronti di altro convenuto non ha l’onere di richiedere il differimento dell’udienza ai sensi dell’articolo 269 c.p.c., ma è sufficiente che formuli la suddetta domanda nei termini e con le forme stabiliti per la domanda riconvenzionale dall’articolo 167, secondo comma, c.p.c.”.
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