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Dagli annunci, alla legge, al «da mo’ vale» il passo è diventato davvero breve. Tra meno di un mese entrerà in vigore la Zes unica, presentata come una rivoluzione dall’intero Governo – premier Meloni in testa – e voluta dal ministro per il Sud, la Coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto. Un passaggio oggi segnato da non pochi dubbi, non sciolti dagli attesi decreti attuativi, considerato che dal 1 gennaio 2024 dovrebbe concretizzarsi una piccola rivoluzione per le imprese.

Nel corso dell’iter di conversione in legge del decreto Sud, varato il 19 settembre 2023 e diventato legge il 16 novembre scorso, non sono mancate le polemiche dell’opposizione sui rischi di flop del nuovo strumento, così come concepito, tutte prontamente raffreddate dallo stesso Fitto. Punto dolente, la cancellazione dell’attuale sistema delle 8 Zes, ritenuto poco efficace, con la relativa abolizione delle varie strutture territoriali e il conseguente accentramento presso una struttura di missione governata dal ministro per il Sud.

Il ragionamento del ministro si basa essenzialmente sulla creazione di un «automatismo» che consenta a ciascuna impresa di poter accedere agli incentivi (che riguardano gli investimenti da un minimo di 200mila a un massimo di 100 milioni di euro), senza creare privilegi per quelle vicine – territorialmente parlando – alle attuali strutture commissariali. Tesi che potrebbe avere una sua giustificazione qualora le regole fossero chiare. E qui entrano in gioco i provvedimenti di secondo livello, i decreti attuativi che dovrebbero disciplinare le regole organizzative. Primo fra tutti, il decreto interministeriale sul credito di imposta e le relative aliquote, quello sul quale non sono mancate le schermaglie con i gruppi di opposizione (Pd in testa) che in più riprese hanno chiesto a Fitto di indicare le risorse stanziate, cioè di scrivere numeri certi a garanzia degli investimenti imprenditoriali. Le opposizioni hanno soprattutto denunciato le difficoltà organizzative demandando a una struttura di 60 persone (questi i numeri del decreto) – numero inferiore a quello delle attuali Zes – una mole di lavoro di gran lunga superiore a fronte di un territorio di riferimento pari a oltre 2550 comuni, un quarto della popolazione nazionale.

A rincarare la dose di incertezze ci ha pensato proprio l’articolo 22 delle disposizioni transitorie del decreto Sud nel quale è previsto che i Commissari straordinari – quelli che Fitto ha deciso di mandare a casa mettendo a capo della Zes unica un (super) Coordinatore non ancora individuato – dovranno svolgere le funzioni della struttura di missione provvedendo a operare con le nuove regole e tempi di smaltimento delle istanze, per far fronte a un inevitabile e consistente numero di richieste che arriveranno da ogni dove con non poche difficoltà interpretative della legge, ad oggi ancora rimaste senza risposta.
La finalità della norma è quella di garantire non solo agevolazioni fiscali ma un iter amministrativo accelerato. Fin qui nulla da dire, anzi una panacea per le imprese. Ma come potrà dall’1 gennaio una struttura commissariale che con poche persone ha lavorato un numero determinato di pratiche, gestire questa fase di transizione senza regole o orientamenti? C’è il rischio che il sistema delle imprese vada in sofferenza con buona pace di quella acclamata «burocrazia amica»

Chi stabilisce ad esempio, quali saranno le attività economiche ricomprese nella Zes e quali no? La risposta potrebbe arrivare dall’articolo 14 della norma laddove è previsto che «i progetti inerenti alle attività economiche ovvero all’insediamento di attività industriali, produttive e logistiche all’interno della Zes Unica» – non soggetti a Scia ovvero per i quali non è previsto il rilascio di titolo abilitativo – sono soggetti ad autorizzazione unica. Tale procedura fa salvo quanto previsto in materia di autorizzazione di impianti ed infrastrutture energetiche, in materia di opere ricadenti negli aeroporti o secondo quanto previsto dalla normativa sul commercio. Per intenderci, chi vuole aprire un chiosco dovrà seguire il suo iter al Suap del Comune, mentre probabilmente chi vorrà aprire una attività turistica potrà (o dovrà) rivolgersi allo sportello unico della Zes della regione di riferimento fino al passaggio di competenze alla struttura di missione. È così oppure no?

E ancora: chi dovrà firmare l’autorizzazione unica? Il Commissario in prorogatio o il Coordinatore se ne frattempo sarà nominato? Insomma, se da un lato lo spirito della legge (probabilmente scritta in fretta) è quello di rendere la vita più facile alle imprese accentrando a Roma, dall’altro dall’1 gennaio si scarica tutto sulle strutture commissariali che ad oggi sembrerebbero non aver ricevuto alcuna indicazione, circolare o direttiva. A fare da regìa dovrebbe essere il Dipartimento per la coesione, quello nel quale sono confluite parte delle unità impegnate nella Agenzia per la Coesione, dal 1 dicembre soppressa per legge (con un ritardo di circa 6 mesi). Tuttavia il Dipartimento è alle prese con una radicale riorganizzazione e sembra che proprio Fitto nelle ultime settimane abbia impresso un’accelerazione, forse nella consapevolezza dei tempi ristretti.

Ma i fatti sono questi e le incognite, almeno per ora, restano. Le imprese, raccogliendo gli appelli e annunci del Governo in questi mesi, credono fortemente nello strumento Zes unica, la cui istituzione fu annunciata dal ministro Fitto a luglio scorso durante una assemblea di Confindustria a Bari. Ma al tempo stesso chiedono regole chiare su come poter operare anche perché, allo stato delle cose, il 1 gennaio 2024 gli sportelli unici dei vari commissari rischiano di essere inondati di istanze «al buio», con l’inevitabile rischio di creare un effetto imbuto e vanificare i benefici della Zes unica. Indubbiamente, diventa prioritaria anche la scrittura del famoso Piano strategico, esteso a tutto il Mezzogiorno, nel quale individuare le priorità e gli asset strategici nei vari territori: lavoro, in cui «coinvolgere» le Regioni, non ancora iniziato visto che manca il Coordinatore e la struttura di missione non è stata ancora costituita. Tutti nodi che vanno sciolti al più presto.

 

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