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le nuove imprese “parlano” straniero. Crollo degli imprenditori italiani #finsubito prestito immediato


Firenze, 2 novembre 2024 – Ad avviare nuove attività imprenditoriali in Italia sono rimasti, in larga parte, solo gli stranieri. Tra il 2013 e il 2023, le imprese attive con titolari nati all’estero sono cresciute in Italia del 29,5 per cento, pari a quasi 134mila aziende in più. Al contrario, quelle guidate da italiani sono calate del 4,7 per cento, con una perdita di oltre 222mila imprese. È quanto emerge da un’analisi dell’ufficio studi della Cgia di Mestre. La tendenza è la stessa in Toscana, dove le imprese a conduzione straniera sono oggi oltre 15mila in più di dieci anni fa, mentre quelle guidate da italiani sono quasi 58mila in meno.

In tutte le province toscane gli imprenditori stranieri aumentano, mentre gli italiani diminuiscono. Firenze si colloca al settimo posto in Italia per crescita di imprenditori stranieri, subito dopo le province di Milano, Napoli, Roma, Torino, Genova e Bologna. Nel 2023, a Firenze, gli imprenditori stranieri sono oltre 4mila in più rispetto al 2013, mentre le imprese italiane sono diminuite di oltre 14mila.

Prato ha registrato un aumento di 2.640 imprese straniere nell’ultimo decennio, mentre le aziende guidate da italiani sono scese di oltre 6mila unità. Ad Arezzo, le imprese con titolari stranieri sono aumentate di 1.535, a fronte di un calo di circa 6.400 imprese italiane. A Pistoia si contano 1.414 imprenditori stranieri in più e 5.591 italiani in meno. La stessa tendenza si osserva a Livorno (+1.352 imprese straniere e -4.109 italiane), Grosseto (+1.272 e oltre -2.900), e Pisa (+1.062 e -5.814).

Anche a Lucca le imprese straniere sono cresciute, superando quota 1.000, mentre quelle italiane sono scese di 5.251. A Siena si rilevano 617 imprese straniere in più e 5.647 italiane in meno, mentre a Massa Carrara l’aumento è di 445 unità per le imprese straniere, con un calo di 2.521 aziende italiane.

Perché le imprese straniere crescono e le italiane calano

Secondo l’ufficio studi della Cgia di Mestre, il trend demografico registrato in questi ultimi anni nel nostro Paese ha sicuramente condizionato questi risultati. Tuttavia, tra tasse, burocrazia, caro-bollette, costo degli affitti e un senso perenne di precarietà che attanaglia la vita di tantissime partite Iva hanno smorzato in molti italiani la voglia di affermarsi nel mondo del lavoro attraverso l’auto-imprenditorialità. Occasione, invece, che gli stranieri non si stanno lasciando scappare. Basta girare per le nostre città per notare che diversi bazar, parecchi banchi dei mercati rionali, tanti negozi di alimentari, molte botteghe di frutta/verdura, altrettanti bar e ristoranti sono a conduzione straniera. Ma anche nei cantieri edili e in alcuni settori manifatturieri la presenza degli stranieri è sempre più diffusa. Non solo tra i dipendenti, ma anche tra i titolari d’azienda.

I pro e i contro

Diversi esperti sostengono che in alcuni comparti stia avvenendo un “effetto sostituzione”: le imprese straniere starebbero rimpiazzando quelle autoctone. Altri segnalano che gli immigrati presentano una forte propensione ad aprire la partita Iva perché ritengono più dignitoso lavorare in qualità di autonomi, anziché come dipendenti. Secondo la Cgia questo trend rappresenta un vantaggio perché «chi apre una attività imprenditoriale dimostra di aver attivato un percorso di inclusione importante, perché è stato costretto a rapportarsi con alcune istituzioni pubbliche, eventualmente con un istituto di credito a cui è stato chiesto un prestito, periodicamente con il commercialista e una volta iniziata l’attività con i propri fornitori. Insomma, queste persone diventano parte attiva del sistema economico». C’è d’altra parte, anche il rovescio della medaglia. «Non sarebbero trascurabili le attività economiche a guida straniera avviate per “coprire” operazioni di evasione e commercializzazione su larga scala di merce contraffatta. Creando non pochi problemi anche di concorrenza sleale nei confronti delle imprese italiane dello stesso settore. Fenomeni, questi ultimi, che le forze dell’ordine – conclude la Cgia di Mestre – devono continuare a monitorare con maggiore attenzione».

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