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Bologna, 12 luglio 2022 – Rinvio a giudizio : questo chiede la Procura, con il procuratore aggiunto Francesco Caleca e il sostituto Michele Martorelli, per nove imputati del processo per il crac di Bio On, la start up di bioplastiche fallita nel 2019 dopo essere stata quotata in Borsa ed essere arrivata a valere un 1,3 miliardi di euro. Tra loro, il fondatore ed ex presidente di Bio On, Marco Astorri, rappresentato dall’avvocato Tommaso Guerini.

Crac Bio-on, il revisore: “Patteggio” E i risparmiatori rischiano la beffa – Caso Bio On, nuova accusa per gli ex vertici

Le accuse sono bancarotta fraudolenta impropria e per distrazione, manipolazione del mercato e tentato ricorso abusivo al credito. Per il decimo imputato, il revisore dei conti di Ernst & Young Alberto Rosa, già la scorsa settimana è stata presentata di concerto con la Procura la contestatissima richiesta di patteggiamento a un anno e mezzo, per manipolazione del mercato e bancarotta fraudolenta impropria, con riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti e sospensione condizionale della pena. Una richiesta che ha infuocato le parti civili (un migliaio di azionisti), che rischiano infatti, qualora venisse accolta, di non essere risarcite in sede penale da Ernst & Young. Intanto, il giudice dell’udienza preliminare Maria Cristina Sarli, ha chiesto di motivare la richiesta legata alle attenuanti generiche. L’intervento dell’avvocato di Rosa, Giovanni Domeniconi, è atteso per il prossimo lunedì.

Ieri in ogni caso, nell’aula bunker della Dozza, i legali delle parti civili sono intervenuti associandosi, come prevedibile, alla richiesta di rinvio a giudizio della pubblica accusa. Procura che ha argomentato la richiesta illustrando come Bio On fosse da tempo male amministrata e che i bilanci fossero manomessi per mascherare tale mancanza.

Riguardo alla richiesta di patteggiamento per Rosa, gli avvocati di circa 120 azionisti – Alessandro Gamberini, Salvatore Tesoriero, Federico Fischer e Marco Sforzi – nei giorni scorsi hanno depositato una memoria in cui informano la gup di come nessuna volontà risarcitoria sia stata manifestata dall’imputato, e ieri ne hanno dato conto in aula. “In questo processo il danno lamentato dalle parti civili è enorme e nessuno può far finta che non sia parte integrante del procedimento, se non il suo cuore – così l’avvocato Tesoriero –. Il risarcimento del danno potrebbe anche in parte riparare la frattura recata dal reato. Il patteggiamento non contempla il risarcimento delle parti civili, di questo prendiamo atto e qualora venga accolta la richiesta agiremo in altra sede: non spetta a noi intervenire su una decisione che è esclusivamente del giudice. Ma in questo particolare processo, credo che non si possa prescindere dal riconoscimento di un danno tanto ingente, di centinaia di milioni di euro”.

Più duro invece l’avvocato Corrado Canafoglia, responsabile dell’ufficio legale dell’Unione Nazionale Consumatori, che tutela oltre 80 azionisti: “Se l’istanza di patteggiamento fosse accettata significherebbe far passare un messaggio pericoloso di quasi impunità per chi è accusato di bancarotta. È legittimo per l’indagato chiedere una pena così ridotta, ma il problema è che di conseguenza si libererebbe Ernst & Young dalla responsabilità civile degli obblighi verso gli azionisti danneggiati. Una beffa…” commenta.

L’udienza preliminare dovrebbe concludersi entro fine mese: prossimi appuntamenti 18 e 22 luglio, non più in aula bunker, ma a Palazzo Pizzardi .

 

 

 

 

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