Naufragano i tentativi della giunta e del Cda di ricucire i rapporti. La sindaca aveva chiesto a tutti di tornare nei ranghi ma Bagnoli ha posto una serie di condizioni. Si attende una nota da Palazzo Frizzoni
Convocato ieri (31 ottobre 2024) alle 17, il Consiglio d’amministrazione straordinario della Fondazione Accademia Carrara era visto, dall’esterno, come il tentativo in extremis della diplomazia istituzionale di trovare una via d’uscita alle dimissioni presentate nei giorni scorsi da Martina Bagnoli. Una mediazione che scongiurasse l’addio definitivo, con la lettera già firmata sul tavolo da qualche giorno ma, in considerazione della determinazione della direttrice del museo (riconosciuta come «un osso duro»), accreditata di poche chances di successo. Previsione azzeccata. Dopo otto mesi Martina Bagnoli lascia Bergamo, l’Accademia Carrara e il suo ruolo di direttrice assunto soltanto a febbraio di quest’anno.
Fine di un mandato apicale, se non il più breve, tra i più brevi della storia della pinacoteca cittadina non senza, a quanto trapela, una grande amarezza da parte della diretta interessata. Arrivata a Bergamo, per sua stessa ammissione e come aveva più volte avuto modo di dire, «animata dalla più ampia disponibilità a servizio dell’Accademia». L’epilogo, comunque lo si guardi, è amarissimo per una serie di implicazioni non solo operative, ma anche per le ripercussioni all’immagine del più prezioso museo del territorio e della Fondazione. Una settimana fa, appena deflagrato il caso, era stata diffusa una nota in cui il Cda della Fondazione aveva assicurato di «stare lavorando in un clima di assoluta serenità, insieme alla sindaca e all’assessore alla Cultura per consentire a tutti di svolgere al meglio le proprie funzioni». Se sul clima di assoluta serenità qualche dubbio era legittimo averlo, il lavoro di ricucitura, condiviso in più incontri con i consiglieri della Fondazione, aveva visto nei giorni scorsi la sindaca Elena Carnevali investita del ruolo non tanto di pompiere tra Bagnoli e Bonaldi, ma soprattutto di «padrona di casa», pronta a rivendicare il peso pubblico del bene amministrato. Che deve funzionare, appunto, per il bene di tutti e della città. L’auspicio era quello che si potesse arrivare almeno a una tregua (armata) tra i due.
Per questo, in accordo con i consiglieri, la strada percorsa nella prospettiva del Cda di ieri sera, era stata quella di mettere in campo una sorta di «richiamo all’ordine» ai rispettivi ruoli e compiti sia di Bagnoli che del general manager, Gianpietro Bonaldi. Un appello alla professionalità e, nello stesso tempo, ad una responsabilità di vertice. Da parte sua, però, Bagnoli aveva messo nero su bianco alcune proposte indirizzate al Cda per rintuzzare gli ambiti di competenza di Bonaldi e per «allargare» il proprio campo d’azione, puntando ad inserirsi — con cognizione di causa — anche in altri comparti operativi dell’Accademia appannaggio di Bonaldi. Tra le richieste, ad esempio, anche quella di poter dire la propria nell’ambito della comunicazione. A quanto risulta, il Cda, però, non avrebbe accolto nessuna istanza avanzata da Bagnoli che — sono i racconti filtrati dalla seduta straordinaria in serata —, davanti a questi niet e a una conferma dello status quo, si sarebbe sentita isolata, sola contro un consiglio compattato e convinto del ruolo fin qui svolto da Bonaldi. Agli occhi di Bagnoli, che pur all’atto di accettazione dell’incarico era ben conscia della «governance duale» dell’Accademia, il panel di incarichi di Bonaldi lo rende in sostanza un «plenipotenziario» nel museo (se non in assoluto, almeno per come lei stessa si era prospettata il lavoro in Accademia Carrara).
E così ieri sera, come nella miglior tradizione letteraria, la parola fine è stata scritta a las cinco de la tarde nel silenzio di Palazzo Frizzoni che, è l’unica cosa che ufficialmente fa sapere lo staff della sindaca, sull’epilogo triste, solitario y final del caso Bagnoli, diramerà nella giornata di oggi una nota stampa.
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