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Il 25 giugno 2018 entrerà in vigore il decreto legislativo n. 54/2018 che introduce nuove incompatibilità rispetto all’ufficio degli amministratori giudiziari, dei loro coadiutori, dei curatori fallimentari e degli altri organi delle procedure concorsuali.

Una normativa che aspira ad assicurare la trasparenza effettiva nel conferimento degli incarichi ad alcuni ausiliari del giudice e la verifica delle cause di incompatibilità, ma che non pare immune da difetti e da pericoli di elusione. Viene varata una disciplina dell’incompatibilità da prossimità qualificata dell’ausiliario all’ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che conferisce l’incarico provvista di rigidità ben superiore a quella collegata a relazioni dirette con il magistrato conferente ma esposta a possibili elusioni che potrebbero vanificare parte consistente della concreta portata precettiva della riforma. La mancata inclusione nel perimetro delle nuove incompatibilità del collega di studio o del socio del professionista nominato ausiliario del giudice costituisce una delle ragioni di maggiore criticità. Anche se non la sola.

Le premesse della riforma: la legge delega

qg_bigL’art. 33, comma 2, della Legge n. 161/2017 ha delegato il Governo ad adottare un decreto legislativo per disciplinare il regime delle incompatibilità relative agli uffici di amministratore giudiziario e di coadiutore nell’amministrazione giudiziaria, nonché di curatore nelle procedure fallimentari e delle figure affini delle altre procedure concorsuali.

La legge delega ha fissato i seguenti princìpi e criteri direttivi: a) prevedere l’incompatibilità per rapporti di parentela, affinità, convivenza e, comunque, assidua frequentazione con magistrati addetti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il magistrato che conferisce l’incarico; b) prevedere che il presidente della Corte di appello eserciti la vigilanza sulle nomine ai predetti incarichi conferite a soggetti che abbiano con i magistrati del distretto giudiziario, in cui ha sede l’ufficio titolare del procedimento, gli indicati rapporti di parentela, affinità, coniugio o frequentazione assidua, in modo tale da evitare indebite commistioni e compromissione della credibilità della funzione giudiziaria.

In data 16 maggio 2018 il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva lo schema di decreto legislativo volto ad introdurre specifiche cause di incompatibilità. In data 26 maggio 2018 il decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 54 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ed entrerà in vigore il 25 giugno 2018.

In breve, la nomina dell’amministratore giudiziario e dei coaudiutori

Ai sensi all’art. 35 del D.Lgs. n. 159/2011 (d’ora in poi anche Codice antimafia) con il provvedimento con il quale dispone il sequestro il tribunale nomina il giudice delegato alla procedura e un amministratore giudiziario; qualora la gestione dei beni in sequestro sia particolarmente complessa, è ammessa la nomina di più amministratori giudiziari.

L’amministratore giudiziario di beni immobili sequestrati deve essere scelto, nell’ambito degli iscritti all’apposito albo, secondo criteri di trasparenza, di rotazione degli incarichi e di corrispondenza tra i profili professionali del professionista individuato e la tipologia e l’entità dei beni appresi in via cautelare; l’amministratore giudiziario di aziende sequestrate deve essere scelto fra i soggetti iscritti nell’apposita sezione di esperti in gestione aziendale dell’Albo nazionale degli amministratori giudiziari; l’amministratore giudiziario, infine, può essere anche nominato tra il personale dipendente dell’Agenzia nazionale.

La nomina avviene con decreto motivato ed al momento della nomina l’amministratore giudiziario è tenuto a comunicare al tribunale l’eventuale titolarità di altri incarichi di analoga natura.

L’amministratore giudiziario può chiedere al giudice delegato di essere autorizzato, ove necessario, a farsi coadiuvare, sotto la sua responsabilità, da tecnici o da altri soggetti qualificati, potendo così organizzare un proprio ufficio di coadiuzione.

Cause ostative per relazioni dirette

L’articolo 35, comma 3, del Codice antimafia (come sostituito dall’art. 13, comma 1, lett. a), L. 17 ottobre 2017, n. 161) definisce le cause ostative all’assunzione dell’incarico di amministratore giudiziario.

Anzitutto, non possono essere nominate le persone nei cui confronti il provvedimento è stato disposto, il coniuge, i parenti, gli affini e le persone con esse conviventi, né le persone condannate a una pena che importi l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o le pene accessorie previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 , o coloro cui sia stata irrogata una misura di prevenzione o nei confronti dei quali sia stato disposto il rinvio a giudizio per i reati di cui all’articolo 4 del D.Lgs. n. 159/2011 o per uno dei reati previsti dal libro II, titolo II, capo I (delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione), e titolo III, capo I (delitti contro l’attività giudiziaria), del codice penale. Inoltre, non possono essere nominate le persone che abbiano svolto attività lavorativa o professionale in favore del proposto o delle imprese a lui riconducibili, persone che non possono, altresì, svolgere le funzioni di coadiutore o di diretto collaboratore dell’amministratore giudiziario nell’attività di gestione.

Altre incompatibilità attengono a relazioni direttetra il professionista e il magistrato che lo ha nominato. Mette conto rimarcare che rispetto ad esse il D.Lgs. n. 54/2018 non ha realizzato alcuna innovazione.

In base all’art. 35, comma 3, cit., infatti, avendo riguardo al magistrato che conferisce l’incarico, non possono assumere l’ufficio di amministratore giudiziario, né quelli di coadiutore o diretto collaboratore dell’amministratore giudiziario i seguenti soggetti:

— il coniuge, i parenti fino al quarto grado, gli affini entro il secondo grado, i conviventi o commensali abituali;

— i creditori o debitori del magistrato, del coniuge o dei figli del magistrato, né le persone legate da uno stabile rapporto di collaborazione professionale con il coniuge o i figli del magistrato;

— i prossimi congiunti, i conviventi, i creditori o debitori del dirigente di cancelleria che assiste il magistrato.

Merita rimarcare che l’assetto normativoappena descritto — diversamente da quello che avviene con la riforma in commento — non è richiamato per i diversi soggetti ai quali, pure, il D.Lgs. n. 54/2018 estende le cause di incompatibilità per relazioni indirette (curatore, coadiutore, commissario e liquidatore giudiziale, commissario della società ammesse all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, etc.).

In base all’art. 28 L. fall., ad esempio, dopo la definizione dei requisiti per la nomina (art. 28, comma 1, L. fall.), è stabilito solo che «non possono essere nominati curatore il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito, i creditori di questo e chi ha concorso al dissesto dell’impresa, nonché chiunque si trovi in conflitto di interessi con il fallimento».

A tal proposito, può rilevarsi che a tale disciplina si affianca quella dell’ordinamento giudiziario (RD 12/1941) che prevede l’incompatibilità di sede del magistrato per rapporti di parentela o affinità con esercenti la professione forense (che peraltro è solo una delle categorie professionali ammesse all’incarico di curatore). In particolare, l’art. 18 dell’ordinamento giudiziario prevede che i magistrati delle Corti di appello e dei tribunali non possono appartenere ad uffici giudiziari nelle sedi nelle quali i loro parenti fino al secondo grado, gli affini in primo grado, il coniuge o il convivente, esercitano la professione di avvocato.

Ma si tratta di preclusione (almeno parzialmente) derogabile, poiché la ricorrenza in concreto dell’incompatibilità di sede è verificata sulla base dei seguenti criteri: a) rilevanza della professione forense svolta dai soggetti di cui al primo comma avanti all’ufficio di appartenenza del magistrato, tenuto, altresì, conto dello svolgimento continuativo di una porzione minore della professione forense e di eventuali forme di esercizio non individuale dell’attività da parte dei medesimi soggetti; b) dimensione del predetto ufficio, con particolare riferimento alla organizzazione tabellare; c) materia trattata sia dal magistrato che dal professionista, avendo rilievo la distinzione dei settori del diritto civile, del diritto penale e del diritto del lavoro e della previdenza, ed ancora, all’interno dei predetti e specie del settore del diritto civile, dei settori di ulteriore specializzazione come risulta, per il magistrato, dalla organizzazione tabellare; d) funzione specialistica dell’ufficio giudiziario. Restano limitati i casi di non derogabilità del divieto (cfr. art. 18, commi da 3 a 5, RD n. 12/41).

Le nuove cause ostative per collegamenti indiretti (art. 1, lett. a, D.Lgs. n. 54/2018: il nuovo art. 35, comma 4bis, D.Lgs. n. 159/2011)

L’articolo 1, lett. a), del D.Lgs. n. 54/2018 integra con un nuovo comma (4-bis) l’art. 35 del Codice antimafia (D.Lgs. 159 del 2011) introducendo nei procedimenti di prevenzione un sistema di incompatibilità alla nomina di amministratore giudiziario (o di suo coadiutore) derivante da legami di parentela o da rapporti amicali o di natura affettiva con magistrati addetti all’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che conferisce l’incarico.

In dettaglio, secondo il nuovo comma 4-bis dell’art. 35 del Codice, risultano ostativi alla nomina ad amministratore giudiziario (e coadiutore dello stesso) i seguenti legami o rapporti tra il professionista e il magistrato addetto all’ufficio giudiziario al quale appartiene il magistrato che conferisce l’incarico:

— il rapporto di coniugio, di unione civile o convivenza di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016 n. 76;

— la parentela entro il terzo grado (ad es. quella tra zio e nipote);

— l’affinità entro il secondo grado (quella tra cognati);

— il rapporto di assidua frequentazione; tale ultima relazione è specificamente definita dal comma 4-bis come derivante: a) da una relazione sentimentale; b) da un rapporto di amicizia consolidato (“stabilmente protrattosi nel tempo”) e connotato da “reciproca confidenza”; c) dal rapporto di frequentazione tra commensali abituali (già prevista per le incompatibilità da relazione indiretta).

Come si vede, il grado di parentela ostativo è più contenuto delle incompatibilità “dirette” di cui all’art. 35, comma 3, del Codice antimafia. Ciò in ragione dell’opportunità di non restringere a dismisura l’ambito dei professionisti da nominare, considerando che non viene in rilievo un collegamento diretto con il magistrato che conferisce incarico ma solo l’appartenenza di quest’ultimo allo stesso ufficio giudiziario in cui lavora un altro magistrato collegato al professionista.

Con riguardo all’affinità viene mutuata la previsione del comma 3 dall’art. 35 cit., mentre il riferimento alla «convivenza di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016 n. 76» è valso a prevenire incertezze collegate alla formulazione originaria dell’ipotesi di di riforma, riferita alla «stabile convivenza».

Sul tema si segnala:

Check List – Codice Antimafia: cosa cambia?
di Cisterna Alberto, ALTALEX EDITORE, 2018

La dichiarazione “preventiva” dell’amministratore giudiziario e del coadiutore (art. 1, lett. b, D.Lgs. n. 54/2018: il nuovo art. 35.1, D.Lgs. n. 159/2011)

L’articolo 1, lett. b) aggiunge al Codice antimafia l’art. 35.1, con le quali definite le modalità di accertamento della sussistenza delle cause di incompatibilità.

Il legame o il rapporto ostativo all’assunzione dell’ufficio non riguarda il magistrato conferente l’incarico, questi ben potrebbe ignorarne l’esistenza; è solo il professionista incaricato, dunque, a poter avvisare l’autorità che lo ha nominato dei suoi rapporti con altri magistrati dell’ufficio ed a poter fornire informazioni al presidente della Corte di appello su sue eventuali relazioni con magistrati del distretto.

In base al nuovo art. 35.1 D.Lgs. n. 159/2011 l’amministratore giudiziario deve depositare al momento dell’accettazione dell’incarico e comunque entro due giorni dalla comunicazione della nomina nella cancelleria dell’ufficio giudiziario conferente l’incarico una dichiarazione che attesti l’assenza delle situazioni di incompatibilità previste dal comma 4-bis dell’art. 35. Le dichiarazioni previste dalla norma saranno depositate telematicamente non appena ciò sarà reso tecnicamente possibile a tutti i destinatari dell’obbligo.

Al mancato deposito o alla successiva emersione di profili di incompatibilità consegue la sostituzione del professionista da parte del tribunale in via d’urgenza.

In caso di dichiarazione di circostanze manifestamente non corrispondenti al vero effettuata da un soggetto iscritto ad un albo professionale, il tribunale lo segnala all’organo competente dell’ordine o del collegio professionale per le sue valutazioni e al presidente della Corte di appello affinché dia notizia della segnalazione a tutti i magistrati del distretto. La previsione opera solo per le incompatibilità derivanti dai rapporti esistenti tra ausiliario del giudice e magistrato appartenente all’ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha conferito l’incarico, non essendosi ritenuto compatibile con l’articolo 76 Cost. intervenire sul diverso regime dettato dal legislatore per le cause di incompatibilità che riguardano il rapporto diretto tra magistrato conferente l’incarico e soggetto nominato.

A prescindere dall’esercizio dei poteri di revoca, la segnalazione del tribunale all’organo competente all’eventuale avvio del procedimento disciplinare ed al presidente della Corte di appello affinché ne dia notizia ai magistrati del distretto appare essenzialmente funzionale a consentire a questi ultimi di tenerne conto nel caso di futuro conferimento di incarichi. E’ evidente, infatti, che la valutazione della condotta sotto il profilo deontologico compete solo all’organo cui è affidata la tenuta dell’albo.

Ai fini della vigilanza del presidente della Corte d’appello di cui al successivo art. 35.2, l’amministratore giudiziario deve comunque indicare l’esistenza dei legami o rapporti previsti dal nuovo comma 4-bis con magistrati, giudicanti o requirenti, del distretto di Corte di appello nel quale ha sede l’ufficio giudiziario presso il quale è pendente il procedimento (art. 35.1, comma 2). Analoga dichiarazione del coadiutore attestante l’assenza delle incompatibilità deve essere consegnata da questi all’amministratore giudiziario entro due giorni dalla nomina (e, comunque, prima di iniziare la sua attività). Quest’ultimo, nelle successive 48 ore, la deposita nella cancelleria del giudice; in assenza di consegna della dichiarazione da parte del coadiutore o in caso di incompatibilità sopravvenuta, consegue anche qui l’impossibilità per l’amministratore giudiziario di avvalersi dell’apporto del coadiutore (art. 35.1, comma 3).

Appare evidente da quanto appena detto che il contenuto del dovere di comunicazione del professionista è più vasto della stretta rappresentazione dell’assenza di ragioni di incompatibilità per relazioni conl’ufficio giudiziario presso il quale è pendente il procedimento, essendo calibrato sul potere di sorveglianza sui magistrati giudicanti del presidente della Corte di appello. Posta l’esistenza di un potere di sorveglianza sui magistrati requirenti del distretto (R.D. Lgs. 511/1946, art. 16) si sarebbe potuto accennare ad un equivalente interesse — non espressamente riconosciuto dal testo normativo — del procuratore generale presso la Corte di appello a divenire destinatario di analoga diretta comunicazione.

A decorrere dal trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento con cui il responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia attesta la piena funzionalità dei sistemi in relazione a quanto previsto dai commi l, 2 e 3, il deposito della dichiarazione prevista dai predetti commi ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.

I poteri di vigilanza del presidente della Corte di appello (art. 1, lett. b, D.Lgs. n. 54/2018: il nuovo art. 35.2, D.Lgs. n. 159/2011)

Sempre l’articolo 1, lett. b) del D.Lgs. 54/2018 aggiunge al Codice antimafia l’art. 35.2.

La norma disciplina la vigilanza, da parte del presidente della Corte di appello, su tutti gli incarichi conferiti nel distretto, «considerato che nomine di per sé lecite, in quanto effettuate a favore di professionisti legati a magistrati appartenenti a differenti uffici giudiziari rispetto a quello conferente l’incarico, potrebbero, in ragione delle frequentazioni e dei legami tra la persona incaricata ed appartenenti alla magistratura giudicante o requirente, celare indebiti scambi di favori o comunque ledere l’immagine di terzietà della magistratura» (in tal senso la relazione illustrativa del provvedimento).

La vigilanza del presidente della Corte d’appello sugli incarichi affidati ai professionisti si concreta nella concreta possibilità riconosciuta al primo di estrarre per via informatica i dati più rilevanti sulle incompatibilità contenute nelle dichiarazioni depositate dagli amministratori giudiziari ai sensi dell’art. 35.1.

Si tratta in particolare dei seguenti dati: — il nome del giudice che ha assegnato l’incarico e la sezione di appartenenza; — il nome dell’ausiliario e la tipologia di incarico; — la data di conferimento dell’incarico; — il nome del magistrato del distretto con il quale il professionista incaricato ha dichiarato di essere legato da uno dei rapporti di cui alla nuova disciplina delle incompatibilità (indicata dall’art. 35.1, comma 3); — la natura di tale rapporto.

Quanto alla vigenza di tale disciplina, l’articolo 5, comma 2, del D.Lgs. n. 54/2018 prevede che la stessa decorra dal trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento del responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, da adottarsi entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto, attestante la piena funzionalità dei sistemi di estrazione, con modalità informatiche ed in forma massiva dei dati necessari all’esercizio della funzione di sorveglianza.

I risultati dei controlli assumono rilievo in relazione al più ampio potere di vigilanza che la legge sulle guarentigie della magistratura attribuisce al presidente della Corte d’appello sui magistrati del distretto (R.D. Lgs. 511/1946, art. 14).

Riepilogo degli amministratori giudiziari e coauditori interessati dalle nuove cause di incompatibilità e dai doveri dichiarativi del D.lgs. n. 54/2018

Volendo riepilogare la platea degli amministratori e coaudiutori interessati dalle nuove cause di incompatibilità e dai conseguenti doveri dichiarativi, essa si compone dei seguenti soggetti:

— gli amministratori giudiziari ed i loro coadiutori, nominati nel corso di procedimenti di prevenzione, ivi compresi quelli nominati in altri procedimenti previsti dallo stesso D.Lgs. 159/2011 quali l’amministrazione giudiziaria di beni personali (art. 33) e aziendali (art. 34); nel primo caso opera il rinvio alla disciplina dell’art. 35 (anche se sarebbe forse preferibile estendere il rinvio anche a quella del nuovo art. 35.1) mentre nel secondo quello al capo I del titolo III del libro primo del Codice (in cui lo stesso art. 35 è contenuto); almeno in termini letterali non sussiste analogo rinvio per la nomina (eventuale) dell’amministratore giudiziario in caso di controllo giudiziario delle aziende (art. 34-bis del Codice);

— gli amministratori giudiziari nominati in relazione ai sequestri preventivi emessi in seno alla giurisdizionale penale aventi per oggetto aziende, società ovvero beni di cui sia necessario assicurare l’amministrazione, esclusi quelli destinati ad affluire nel Fondo unico giustizia, di cui all’articolo 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (art. 104 bis, comma 1 e 1 bis disp. att. C.p.p., che richiama e rende applicabili le norme di cui al libro I, titolo III, del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e successive modificazioni);

— gli amministratori giudiziari nominati per sequestri e confische in casi particolari previsti dall’articolo 240-bis del codice penale (ipotesi di confisca allargata del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica e correlativeconfische per equivalente) o dalle altre disposizioni di legge che a questo articolo rinviano (art. 104 bis, comma 1 quater disp. att. C.p.p., che richiama, tra l’altro, le disposizioni in materia di amministrazione previste dal codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159);

— gli amministratori giudiziari nominati negli altri casi di sequestro e confisca di beni adottati nei procedimenti relativi ai delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del c.p.p., per i quali è competente l’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente (si tratta dei delitti consumati o tentati, di cui agli articoli 416, sesto e settimo comma, 416, realizzato allo scopo di commettere taluno dei delitti di cui all’articolo 12, commi 3 e 3-ter, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, 416, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 473 e 474, 600, 601, 602, 416-bis, 416 ter, 452 quaterdecies e 630 del codice penale, i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché i delitti previsti dall’articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, dall’articolo 291-quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43).

L’estensione della disciplina sulle incompatibilità, sulla dichiarazione preventiva e sulla vigilanza (art. 2, 3, 4 D.Lgs. n. 54/2018)

I successivi articoli del D.Lgs. n. 54/2018 estendono ad altri professionisti nominati in specifiche procedure la disciplina introdotta dall’art. 1 per gli amministratori giudiziari nei procedimenti di prevenzione.

L’articolo 2 aggiunge un comma all’art. 28 della legge fallimentare (RD 267 del 1942) per estendere alla nomina dei curatori fallimentari e dei loro coadiutori (nominati ex art. 32 L. fall.) l’applicazione della nuova disciplina dell’incompatibilità (art. 35, comma 4bis, D.lgs.n. 159/2011), della dichiarazione (art. 35.1, D.Lgs.n. 159/2011) e della vigilanza (35.2, D.Lgs.n. 159/2011).

La modifica dell’art. 28 cit., a sua volta, consente l’estensione della disciplina ora in considerazione anche ai commissari giudiziali e liquidatori giudiziali nominati nell’ambito di procedimenti di concordato preventivo. Infatti, l’art. 28 della legge fallimentare disciplina la nomina dei curatori fallimentari, specificando i necessari requisiti e le cause ostative alla nomina stessa, ed è a tale norma che svolgono espresso rinvio gli artt. 163 e 182 comma 2, della legge fallimentare.

L’articolo 3 del D.Lgs. n. 54/2018 aggiunge un comma 3-bis all’art. 8 della legge n. 270 del 1999 (relativa alla disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza) con il quale dispone l’applicazione della disciplina dell’incompatibilità, della dichiarazione e della vigilanza anche per la nomina – da parte del tribunale – del commissario giudiziale (indicato dal Ministero dello sviluppo economico o nominato autonomamente se tale indicazione non perviene nel termine stabilito dalla legge) a seguito della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza dell’impresa; analoga disciplina va applicata ai coadiutori del commissario in virtù del rinvio all’art. 32 della legge fallimentare operato dall’art. 19, comma 3, della legge 270 (che prevede che il curatore possa delegare altri soggetti per l’esecuzione di specifiche operazioni del proprio ufficio).

L’articolo 4 del D.Lgs 54/2018, infine, estende la nuova disciplina dell’incompatibilità, della dichiarazione e della vigilanza anche al gestore della liquidazione e ai liquidatori nelle procedure per la composizione delle crisi da sovraindebitamento.

Sono a tal fine novellati gli artt. 7 e 14-quinquies della legge n. 3 del 2012, che disciplina, tra l’altro, proprio le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (ovverosia la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente). In particolare il novellato art. 7 della legge n. 3/2012 prevede la possibilità di affidare il patrimonio del debitore ad un gestorenominato dal giudice, per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori, da individuarsi in un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 28 della l. fallimentare. L’articolo 13 della legge 3/2012, dispone che per la soddisfazione dei crediti sono utilizzati beni sottoposti a pignoramento ovvero se previsto dall’accordo o dal piano del consumatore; il giudice, su proposta dell’organismo di composizione della crisi, nomina un liquidatore il quale dispone in via esclusiva degli stessi e delle somme incassate. In tal caso si applica l’articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Inoltre, l’art. 14 quinquies della legge 3/2012 disciplina la nomina dei liquidatori, da individuarsi in un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 28 L. fallimentare. In virtù dell’espresso rinvio all’art. 28 L. fall., dunque, la nuova disciplina qui in commento si applica anche per la nomina del liquidatore nominato dal giudice (su proposta dell’organismo di composizione della crisi) quando per la soddisfazione dei crediti sono utilizzati beni pignorati ovvero se così è previsto dall’accordo o dal piano del consumatore.

Le cause di incompatibilità non inserite: le “ragioni” delle scelte

Il D.lgs. n. 54/2018 non prevede come causa di incompatibilità l’ipotesi della sussistenza di un rapporto di debito o credito tra il professionista incaricato ed uno dei magistrati addetti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il magistrato che conferisce l’incarico; infatti, il legislatore delegato ha ritenuto la fattispecie estranea al perimetro fissato dalla legge delega.

Inoltre, in sede di lavori parlamentari era stato chiesto di valutare l’opportunità di precisare che l’incompatibilità di nuovo conio valeva anche in caso del conferimento dell’incarico al collega di studio od al socio del professionista che intrattiene i rapporti qualificati (di amicizia, parentali ovvero di altro tipo) con il magistrato addetto all’ufficio giudiziario al quale appartiene il magistrato che conferisce l’incarico ora introdotti dalla novella. In particolare, in seno alle commissioni parlamentari sono state prospettate osservazioni critiche in merito alla mancata previsione di cause di incompatibilità che tengano conto dei rapporti associativi tra professionisti, con particolare riferimento allo svolgimento dell’attività legale mediante la costituzione di grandi studi professionali ovvero mediante la formazione di società tra professionisti. La circostanza, infatti, è stata considerata potenzialmente funzionale all’elusione dell’incompatibilità in caso di conferimento dell’incarico non al professionista che intrattiene i rapporti delineati dal predetto comma 4-bis, ma al collega di studio od al socio dello stesso.

La posizione governativa è stata, come noto, quella di ritenere che la legge delega «non attribuisce rilievo ai rapporti di associazione professionale o di società di professionisti (…) prevedendo quale causa di incompatibilità unicamente i rapporti tra il soggetto nominato ed un magistrato addetto all’ufficio cui appartiene il giudice che ha conferito l”incarico». Tale estensione è stata ritenuta dal legislatore delegato non compatibile con i principi e criteri di delega che non attribuisce rilievo ai rapporti di associazione professionale o di società tra professionisti, prevedendo quale causa di incompatibilità unicamente i rapporti tra il soggetto nominato ed un magistrato addetto all’ufficio cui appartiene il giudice che ha conferito l’incarico. Infatti, la legge n.161 del 2017 ha valorizzato anche i rapporti di stabile collaborazione professionaleunicamente nel ridotto ambito delle cause di incompatibilità derivanti dai rapporti tra soggetto conferente l’incarico ed incaricato (art. 35, comma 3, Codice antimafia).

In senso contrario, ancora, era stato segnalato che la legge delega, sulla questione evidenziata, congegnava il sistema di incompatibilità prima che sul soggetto nominato sugli «uffici di amministratore giudiziario e di coadiutore dell’amministrazione giudiziaria, nonché di curatore nelle procedure fallimentari e figure affini delle altre procedure concorsuali»; definizione che, attenuando il profilo personale del soggetto destinatario della disposizione, rendeva possibile menzionare anche i rapporti associativi tra professionisti. Muovendo da tali premesse la Commissione speciale per l’esame degli atti del Governo costituita aveva sostenuto, con riferimento all’ipotesi di incompatibilità tra il singolo professionista in rapporti di amicizia, parentali ovvero di altro tipo con il magistrato addetto all’ufficio giudiziario al quale appartiene il magistrato che conferisce l’incarico, di valutare l’opportunità di precisare che l’incompatibilità valeva anche in caso del conferimento dell’incarico al collega di studio od al socio del professionista che intrattiene i suddetti rapporti. L’invito non è stato accolto.

L’originaria versione dello schema di provvedimento prevedeva l’inserimento di un comma 4-ter in seno all’art. 35 del Codice antimafia, con una specifica definizione di ufficio giudiziario ai sensi del precedente comma 4-bis. Così mentre l’incompatibilità si riteneva potesse sussistere sempre in presenza di ufficio organizzato in sezione unica, nel caso di più sezioni, il riferimento all’ufficio veniva inteso alla sezione alla quale appartenevano i componenti del collegio. Tale previsione è stata però soppressa, assumendo non ragionevole diversificare il regime di incompatibilità di cui al comma 4-bis in base all’organizzazione dell’ufficio giudiziario. Così a l’incompatibilità opera non sul piano strutturale e organizzativo ma in ragione delle attribuzioni funzionali dell’ufficio («magistrati addetti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il magistrato che conferisce l’incarico»).

Brevi considerazioni conclusive

Il legislatore delegato ha introdotto un rigido sistema di incompatibilità del professionista scaturente, in automatico, dalla rilevazione di collegamenti con i magistrati dell’ufficio giudiziario in cui matura la nomina all’incarico di ausiliario del giudice. Per ciò, si sono evitati meccanismi derogatori per verificare se l’esistenza dei rapporti tipizzati a livello normativo ingeneri, in concreto, una significativa compromissione della credibilità della funzione giudiziaria. Se quest’ultimo era l’obiettivo cui si aspirava, non pare possano trattenersi alcune osservazioni critiche Osservazioni che, in ogni caso, non possono trascurare l’obiettiva difficoltà di disciplinare la “scivolosa” materia.

In primo luogo, un regime tanto rigido non è previsto per le cause di incompatibilità da relazioni qualificate intercorrenti direttamente tra il magistrato conferente l’incarico e alcuni suoi ausiliari, come i curatori, i coadiutori, i commissari e liquidatori giudiziali, etc.

Parimenti il sistema della dichiarazione preventiva del professionista ai sensi dell’art. 35.1 del Codice antimafia è previsto solo per le ipotesi di incompatibilità da collegamenti con magistrati dell’ufficio giudiziario in cui opera il magistrato conferente l’incarico e non per quelle da collegamenti diretti con quest’ultimo. Il ché appare, quantomeno, contraddittorio tenuto conto del fatto che quest’ultima è condizione che dovrebbe autorizzare soluzioni ben più prudenziali in punto di incompatibilità, al di fuori e prima di altri sistemi di contenimento (siano esse le regole deontologiche, le norme dell’ordinamento giudiziario e sin anche quelle penali).

In secondo luogo, a fronte di una meritoria aspirazione alla predeterminazione delle situazioni, non sfugge che il risultato cui è pervenuto il legislatore storico appare, in alcune porzioni, assai evanescente. Si pensi alla definizione del rapporto di assidua frequentazione. Tale relazione è specificamente definita dal comma 4-bis, oltre che come derivante da una relazione sentimentale e da un rapporto di frequentazione tra commensali abituali anche quale rapporto di amicizia consolidato (“stabilmente protrattosi nel tempo”) e connotato da “reciproca confidenza”. Quale sia il grado di confidenza reciproca che potrà consolidare il rapporto di amicizia tra l’ausiliario ed il magistrato (non conferente) dell’ufficio tanto da trasformarlo in una ragione impeditiva del conferimento dell’incarico da parte di altro magistrato del medesimo ufficio giudiziario è quanto di più enigmatico si possa pensare. Senza trascurare che, almeno direttamente, la “reciproca confidenza” non è prevista quale ragione di incompatibilità per rapporti fra ausiliario e magistrato conferente che non siano anche commensali abituali.

In ogni caso se lo scopo della normativa introdotta era quello assicurare la trasparenza effettiva nel conferimento degli incarichi, secondo un’impostazione di sano e severo realismo che rifugge anche il solo sospetto di scambi di favori in contesti professionali sostanzialmente unitari ed osmotici, non può tacersi di rilevare che il timore dell’eccesso di delega —dichiarato dal legislatore delegato per trattenersi dal precisare che l’incompatibilità valeva anche in caso del conferimento dell’incarico al collega di studio od al socio del professionista che intrattiene i suddetti rapporti qualificati — appare sorprendente. Con il rischio di segnare una involontaria e silente direttrice di azione per coloro che potranno sfruttare più strutturate e poliedriche organizzazioni di professionalità dislocate in diversificati contesti territoriali.

(Altalex, 31 maggio 2018. Nota di Fabio Di Vizio tratta da Il Quotidiano Giuridico Wolters Kluwer)

 

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