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Pronti i chiarimenti per l’elezione di domicilio. Con la sentenza n. 14878 depositata oggi, la Sezione lavoro della Cassazione ha infatti accolto il ricorso del Comune di Parma contro la decisione della Corte di appello di Bologna che ne aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione perché depositata oltre il termine breve (art. 325 cod. proc. civ.) dalla notificazione della sentenza, sul rilievo della ritualità della predetta notifica, eseguita al difensore del Comune nel domicilio eletto dalla parte per il giudizio.

Per il Comune la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto idonea a far decorrere il termine breve per ‘impugnare la notificazione della sentenza del Tribunale di Parma eseguita presso il domicilio eletto dalla parte (“presso il Servizio Affari Legali del Comune di Parma”) invece che presso il procuratore costituito, con studio a Bologna, che aveva espressamente optato per l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata quale recapito da utilizzare per le comunicazioni e notificazioni relative al processo. In particolare, il difensore di parte ricorrente ha dedotto di aver indicato nel proprio atto l’indirizzo di Pec quale recapito da utilizzare per le comunicazioni e notificazioni relative al processo, invocando l’applicazione del principio espresso da Cass. Sez. U., 20/06/2012, n. 10143, secondo cui la domiciliazione “ex lege” presso la cancelleria consegue soltanto ove il difensore non abbia indicato l’indirizzo Pec.

La Suprema corte al termine di una ricostruzione normativa e giurisprudenziale, richiamando anche il “concetto” di domicilio digitale, ha affermato che nel caso di specie, “non poteva reputarsi correttamente eseguita la notifica presso il domicilio indicato dalla parte e non già dal procuratore costituito e, in difetto di domiciliazione presso la circoscrizione dell’ufficio adito, la notificazione in cancelleria risultava comunque preclusa per effetto dell’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata del difensore (secondo l’indirizzo ermeneutico aperto dalle Sezioni Unite nel 2012 in ordine al regime applicabile ratione temporis, che prevedeva, ai sensi dell’art. 125 cod. proc. civ., come modificato dalla l. n. 183 del 2012, l’espressa indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, sino all’eliminazione di tale obbligo, disposta dall’art. 45-bis, comma 1, del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 agosto 2014, n. 114, in parallelo con l’istituzione del domicilio digitale, introdotto con l’art. 16 sexies del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221 (articolo inserito dall’art. 52, comma 1, lett. b), del d.l. n. 90 del 2014, cit).)”.

Da qui l’affermazione del principio di diritto per cui: “Ai sensi dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934 il procuratore che eserciti il suo ministero fuori della circoscrizione del tribunale cui è assegnato deve eleggere domicilio, all’atto di costituirsi in giudizio, nel luogo dove ha sede l’ufficio giudiziario presso il quale è in corso il processo ovvero, a decorrere dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 cod. proc. civ., apportate dall’art. 25 della legge 12 novembre 2011, n. 183, e sino all’entrata in vigore dell’art. 16 sexies del d.l. n. 179 del 2012, conv. con modif. in l. n. 221 del 2012, indicare l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, intendendosi, in difetto, che egli abbia eletto domicilio presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria, rimanendo per converso irrilevante, ai fini della notifica della sentenza per il decorso del termine breve per l’impugnazione, nonché per la notifica dell’atto di impugnazione, l’indicazione della residenza o anche l’elezione del domicilio fatta dalla parte stessa nella procura alle liti”.

 

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