Nel decreto oggetto di nota, il Tribunale di Bologna si è espresso sulle misure protettive di cui all’art. 55 CCII e, nello specifico, sulla possibilità di chiedere la concessione di tali misure anche con istanza non contestuale alla domanda di cui all’art. 40 CCII e, nello specifico, quando il termine delle misure protettive originariamente richieste è scaduto senza che ne sia stata domandata la proroga in modo tempestivo.
In materia, è necessario evidenziare la importanza del d. lgs. n. 155/17[1], i cui criteri – insieme a quelli della Direttiva n. 1023/19[2] – sono stati recepiti dal Codice della Crisi: le misure protettive individuate dal legislatore della riforma hanno risposto all’obiettivo di inquadrarsi quale strumento di protezione flessibile e facoltativo, richiedendo sempre la domanda di parte e non essendo più automatiche come, invece, lo erano nel vigore della legge fallimentare.
Il legislatore, inoltre, ha previsto una durata massima di tali misure – 12 mesi -, concedendo però all’imprenditore la possibilità di scegliere quando e come richiederle tenendo conto dell’andamento concreto dei rapporti con i creditori.
Pertanto, il debitore può chiedere al Tribunale la concessione delle misure protettive tipiche anche nel corso del procedimento unitario, anche se non aveva avanzato iniziale richiesta in tal senso e anche dopo la scadenza di quelle inizialmente ottenute.
Gli effetti di tali misure, ai sensi dell’art. 54 C.C.I. si producono automaticamente a partire dalla pubblicazione della domanda nel registro delle imprese, ma la loro efficacia è provvisoria: più in particolare, il giudice deve verificare la sussistenza dei presupposti e decidere in ordine alla loro conferma (e contestualmente stabilirne la durata, estensibile fino a 12 mesi) o la revoca.
Vari interrogativi sono sorti rispetto alla natura del termine di durata, stante l’assenza di una espressa qualificazione: esso è perentorio o no? Ad oggi si potrebbe azzardare rispetto ad una risposta affermativa, stante l’attenzione del legislatore alla loro durata (sconosciuta nel vigore della legge fallimentare) e al concetto stesso di proroga, che presuppone che il termine sia ancora pendente al momento dell’istanza (così da escludere la possibilità di presentare una istanza di proroga dopo la scadenza).
Tuttavia, una volta scaduto il termine, il debitore non rimane necessariamente senza protezione, ben potendo domandare specifiche misura cautelari che, però, non godono di alcun automatismo e, pertanto, richiedono sempre il vaglio del giudice delegato all’esito del contraddittorio con i creditori necessari. L’imprenditore, inoltre, può sempre domandare il riconoscimento delle misure protettive anche in un momento successivo alla presentazione della domanda ex art. 40 C.C.I., purché non abbia ancora esaurito il termine massimo di durata delle stesse (pari, come già evidenziato, a 12 mesi).
Sono due i limiti previsi in materia di misure protettive:
- Il rispetto della loro durata massima;
- Il divieto di abusare delle prerogative processuali: l’abuso del diritto è sempre stato un tema di grande rilevanza in materia concorsuale, rappresentando un limite all’azione del titolare dello stesso. Tale abuso si verifica in tutti i casi in cui la domanda viene realizzata con uno scopo diverso rispetto a quello tipico, in violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo.
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[1] Legge delega per la riforma della disciplina della crisi d’impresa e della insolvenza.
[2] Direttiva sulla ristrutturazione e l’insolvenza, c.d. Insolvency.
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