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Il reato di omesso versamento dell’assegno periodico per il mantenimento e l’istruzione dei figli è perseguibile d’ufficio.

Questo è quanto emerge dalla sentenza 24 febbraio 2020, n. 7277 (testo in calce) della Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione.

Il caso vedeva un uomo essersi sottratto all’obbligo di corresponsione dell’assegno mensile di euro 200,00 dal mese di maggio 2012 al mese di settembre 2012 e della somma di euro 250,00 dal mese di ottobre 2012 al mese di ottobre 2015 a favore della figlia, oltre al 50% delle spese straordinarie. Il giudice di primo grado, riteneva il reato procedibile a querela in forza del richiamo dell’art. 570, comma 1, c.p.e, per effetto della remissione di querela accettata dall’imputato dichiarava non doversi procedere per estinzione del reato.

Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, il delitto di omesso versamento dell’assegno periodico per il mantenimento e l’istruzione dei figli, previsto dall’art. 570-bis c.p., è configurabile anche in caso di violazione degli obblighi di natura patrimoniale stabiliti nei confronti di figli minori nati da genitori non legati da vincolo formale di matrimonio, anche prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 1° marzo 2018, n. 21, essendovi continuità normativa tra la fattispecie prevista dall’art. 570-bis e quella contemplata dalla Legge 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3.

Come chiarito nella Relazione ministeriale allo schema del D.Lgs., si afferma che il nuovo art. 570-bis c.p., assorbe le previsioni di cui alla Legge 1° dicembre 1970, n. 898, art. 12-sexies e di cui alla l. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3, specificando che la modifica non incide sul regime di procedibilità d’ufficio, la cui corrispondenza alla Costituzione è stata affermata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 220 del 2015.

Secondo consolidata giurisprudenza, il reato in oggetto è sempre stato ritenuto perseguibile d’ufficio. Tale soluzione interpretativa, avallata anche dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 31 maggio 2013, n. 23866, si fonda sul rilievo che il richiamo all’art. 570 c.p., operato dalla l. n. 54 del 2006, art. 3, che a sua volta rinviava alla Legge n. 898 del 1970, art. 12-sexies, fosse finalizzato solo a determinare il trattamento sanzionatorio e non potesse, dunque, reputarsi comprensivo del regime di perseguibilità a querela previsto dalla norma richiamata.

Conseguentemente, in difetto di nuove disposizioni di legge sul tema della procedibilità si deve confermare il regime di perseguibilità d’ufficio previsto per le ipotesi di reato punite dall’art. 570-bis c.p.

CASSAZIONE PENALE, SENTENZA N. 7277/2020 >> SCARICA IL TESTO PDF

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