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Nelle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento il Tribunale può superare il voto negativo espresso dall’Agenzia delle Entrate e procedere all’omologazione dell’accordo proposto dal debitore con conseguente neutralizzazione del voto contrario dell’Amministrazione Finanziaria qualora il Giudice riscontri la convenienza dell’accordo rispetto all’alternativa liquidatoria attestata dall’O.C.C.

Il novellato articolo 12, comma 3 quater, legge 3/2012, in vigore dal 25 dicembre 2020, dispone che « il tribunale omologa l’accordo di composizione della crisi anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all’articolo 11, comma 2, e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione dell’organismo di composizione della crisi, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria».

Il testo prevede dunque due condizioni ricorrendo le quali “la mancata adesione” dell’amministrazione finanziaria può essere superata e l’accordo può essere validamente omologato.

Per “mancata adesione” si intende chiaramente il voto contrario espresso in quanto la mancata espressione del voto sarebbe considerata iuris et de iure come espressione del voto favorevole. A conferma di questa lettura della norma, i Tribunali di La Spezia e di Forlì, rispettivamente con sentenze del 14 gennaio 2021 e del 15 marzo 2021, hanno sostenuto l’applicazione della normativa in questione anche con riferimento al caso in cui l’ente impositore manifesti di non aderire ad una proposta di trattamento del credito fiscale formulata dal debitore in sede di accordo di composizione ex art. 8 della legge 3/2012 posto che vigendo in questo ambito il meccanismo del silenzio-assenso il mero non voto equivarrebbe a voto positivo“.

Basti ricordare, infatti, che l’art. 11 della legge 3/2012 prevede espressamente che i creditori debbano esprimere il proprio voto entro dieci giorni prima dell’udienza e che “In mancanza, si ritiene che abbiano prestato consenso alla proposta nei termini in cui è stata loro comunicata.

Nulla quaestio, dunque, nel ritenere che la “mancata adesione” prevista dalla novella legislativa faccia riferimento unicamente al voto contrario.

Altrettanto favorevole a questa interpretazione è stato il Tribunale di Rovigo che, con decreto del 12 febbraio 2021, ha ritenuto l’applicabilità immediata delle nuove regole, anche ai giudizi in corso.

E’ di tutta evidenza che tale novella è applicabile anche laddove sia presente soltanto una posizione debitoria nei confronti dell’Erario, posto che per il raggiungimento della soglia richiesta per l’omologazione dell’accordo in caso di unico creditore l’adesione di quest’ultimo è decisiva. La novella legislativa ha pertanto previsto che per evitare blocchi ingiustificati da parte dei creditori pubblici qualificati, la mancata adesione dell’Amministrazione Finanziaria possa essere superata dal Tribunale, a prescindere dalla presenza di ulteriori creditori.

Unica condizione è che l’O.C.C. attesti la fattibilità e convenienza dell’accordo a seguito della manifestazione di voto da parte del creditore Agenzia delle Entrate-Riscossione come richiesto dalla norma ex art. 12 comma 3 quater, legge 3/2012.

Il depotenziamento del voto dell’Amministrazione Finanziaria ha peraltro interessato anche la procedura di concordato preventivo proprio perché la ratio di questo snellimento è da rinvenirsi nella volontà di favorire il più possibile, in particolare in questo periodo di crisi, i tentativi di soluzione negoziale delle crisi d’impresa superando l’impasse dei rigetti troppo rigidi ed ingiustificati da parte dell’Amministrazione finanziaria delle proposte di transazione.

D’altronde, proprio nel testo della Relazione Illustrativa della Camera dei Deputati al D.Lgs. 14/2019 (Codice della Crisi e dell’Insolvenza), era già evidenziato che la nuova disciplina dettata per l’omologazione del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti veniva introdotta “al fine di superare ingiustificate resistenze alle soluzioni concordate, spesso registrate nella prassi” con chiaro riferimento al blocco creato dalla amministrazione finanziaria e dagli enti previdenziali ed assistenziali.

Così, il legislatore che ha la disponibilità del credito tributario, ha ritenuto di sostituirsi alla valutazione degli uffici fiscali i quali dal punto di vista sostanziale sono gestori del credito per conto dello Stato, escludendo qualunque parametro di giudizio che non sia quello della convenienza e affidando l’analisi sulla sussistenza della stessa alla obiettiva valutazione del giudice che sia supportata dalla relazione dell’OCC.

Al contrario sostenere la necessità di una pluralità di creditori come condizione per l’applicazione della normativa cui si fa riferimento, da un lato, equivale ad estrapolare dal testo della norma un presupposto che essa non pone e, dall’altro, suggerisce erroneamente che in presenza anche di un solo altro creditore minore la normativa troverebbe invece applicazione.

Peraltro si noti che anche la giurisprudenza, seppur in un obiter dictum, si è espressa nel senso favorevole al contribuente: la circostanza che nella già richiamata pronuncia del 15.03.2021, il Tribunale di Forlì ha neutralizzato il voto contrario dell’Amministrazione finanziaria (ricomprendendo questa sia Agenzia delle Entrate che l’agente della riscossione) e, definendo quest’ultima quale “unico creditore destinatario della proposta”, ha sostenuto che “la sua mancata adesione è evidentemente decisiva“.

*a cura dell’avv. Edoardo Tamagnone dello Studio Tamagnone Di Marco

 

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