Caso in questione – La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 10.10.2024, n. 26466, ha stabilito che un lavoratore che svolge un’attività intellettuale, anche senza vincolo di esclusività e pur avendo un proprio studio professionale, può essere considerato subordinato. Il caso riguardava un fotoreporter che, pur svolgendo attività per altri committenti, lavorava in modo continuativo per un quotidiano locale. Il punto centrale della questione verteva sulla natura del rapporto di lavoro che, a detta del lavoratore, era di tipo subordinato, nonostante le apparenze facessero propendere per una prestazione autonoma.
Contestazione del lavoratore – Il lavoratore, che ha svolto incarichi per un quotidiano dal 1986 al 2004, chiedeva il riconoscimento della subordinazione, sottolineando l’integrazione nella struttura aziendale. Elementi come i turni fissi, la reperibilità e i compiti assegnati direttamente dalla redazione evidenziavano, secondo il ricorrente, una condizione lavorativa tipica della subordinazione.
Tuttavia, le precedenti decisioni di Tribunale e Corte d’Appello avevano ritenuto il rapporto di lavoro come autonomo, basandosi su fattori quali l’esistenza di uno studio fotografico indipendente e la possibilità per il lavoratore di operare per altri committenti.
Punto di vista della Corte di Cassazione – La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore, ritenendo che la Corte d’Appello non avesse esaminato adeguatamente i fattori chiave per definire il rapporto. Secondo la Suprema Corte, non è sufficiente la presenza di un’attività autonoma parallela per escludere la subordinazione. Ciò che conta è l’effettiva integrazione sistematica del lavoratore nella struttura dell’azienda, così come l’assegnazione di incarichi e turni fissi. La Cassazione ha messo in risalto che, nonostante l’apparente autonomia, l’elemento rilevante è la dipendenza organizzativa.
Conseguenze della decisione – Questa ordinanza della Cassazione costituisce un importante riferimento per il mondo del lavoro, in particolare per i settori che operano con professionisti intellettuali come giornalisti, avvocati, consulenti e altri professionisti. La Corte ha voluto sottolineare come, nonostante le apparenze di autonomia legate alla possibilità di lavorare per più clienti o avere una propria struttura, l’effettiva integrazione nell’organizzazione dell’impresa e il controllo da parte del datore di lavoro rimangono elementi determinanti per definire la subordinazione.
Verso un nuovo giudizio – La sentenza, accogliendo il ricorso del lavoratore, riporta ora la questione alla Corte d’Appello di Cagliari per un nuovo giudizio, che dovrà considerare con maggiore attenzione gli indizi di subordinazione evidenziati. La decisione della Corte di Cassazione può avere ripercussioni importanti in casi simili, dove la linea di confine tra autonomia e subordinazione è particolarmente sottile, specialmente nel contesto del lavoro intellettuale.
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