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Ora che il decreto «salva casa» è entrato in vigore dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il Parlamento ha 60 giorni di tempo per convertirlo in legge. Il provvedimento, fortemente voluto dal ministro Matteo Salvini, punta soprattutto a un obiettivo: sbloccare lo stallo delle compravendite a causa di piccole irregolarità. Nel 2023, i rogiti in Italia sono stati circa 709mila, in calo del 9,5% dell’anno precedente. Secondo il ministero delle Infrastrutture, a pesare su questo dato sono anche le piccole difformità e irregolarità strutturali che complicano le compravendite. Secondo una delle ultime rilevazioni del Cresme sugli abusi edilizi, le irregolarità strutturali riguardano circa 15 unità ogni 100, con grandi differenze territoriali tra Nord e Sud.

L’iter parlamentare e le regole locali

Nella relazione che ha accompagnato il decreto salva casa, il dicastero guidato da Salvini cita uno studio del 2021 del Consiglio nazionale degli ingegneri, secondo cui le piccole irregolarità interesserebbero quasi l’80% del patrimonio immobiliare italiano. Secondo Il Sole 24 Ore, saranno tre le variabili che determineranno il successo o il fallimento del decreto salva casa: l’impatto sul mercato immobiliare, il costo dei proprietari e le modifiche in sede di conversione. Durante l’iter parlamentare, infatti, è probabile che la sanatoria voluta da Salvini subisca qualche piccola modifica. «Il Salva casa potrebbe favorire un aumento dell’offerta delle abitazioni regolarizzate, in particolare delle cosiddette “mini case”, di qualità non elevata e rivolte agli acquirenti più in difficoltà con il credito», spiega Luca Dondi, ad di Nomisma.

Alcuni esempi di interventi «sanabili»

Oltre alle modifiche che saranno votate dal Parlamento, c’è un’altra componente che influenzerà il successo (o meno) dell’iniziativa di Salvini. Si tratta delle regole che adotteranno gli amministratori locali, che – in base a quanto scritto nel decreto – potranno allentare le regole edilizie per favorire le sanatorie.

L’aggiunta di due locali

Il Sole 24 Ore cita alcuni esempi di difformità strutturali sanabili con il nuovo decreto salva casa. Un primo caso riguarda un’abitazione degli anni Cinquanta, che a un certo punto è stata ristrutturata per aggiungere due piccoli locali in più: un ripostiglio e un locale cottura. In base alle regole in vigore fino a poco tempo fa, il proprietario sarebbe stato obbligato a rimuovere la difformità oppure a pagare una sanzione «pari al doppio del costo di produzione della parte dell’opera realizzata in difformità dal titolo abitativo». Con il Salva casa, invece, l’intervento può essere sanato dimostrando la conformità con le norme urbanistiche vigenti e pagando un sanzione pari al doppio dell’aumento del valore di mercato dell’immobile, in misura compresa tra 1.032 e 30.984 euro.

La parete non dichiarata

Un altro esempio di piccola difformità strutturale è la presenza di una parete interna non dichiarata. In base alle regole in vigore prima del decreto Salvini, la sanzione previsto era pari a mille euro. Con le nuove regole del Salva casa, l’intervento configura una tolleranza esecutiva, che non costituisce violazione edilizia. Pertanto, si può sanare senza pagare alcuna sanzione.

Un soppalco a uso abitativo

Il soppalco (non dichiarato) a uso abitativo rappresenta un altro esempio di intervento sanabile con il decreto Salva casa. In base alle vecchie regole, la struttura sarebbe da demolire o, in alternativa, si potrebbe sanare con il pagamento di una sanzione «pari al doppio del costo di produzione della parte dell’opera realizzata in difformità dal titolo abitativo». Con il nuovo decreto, il soppalco difforme rispetto al titolo edilizio può essere sanato pagando una sanzione compresa tra 1.032 e 30.984 euro, in valore proporzionale rispetto all’aumento del valore dell’immobile.

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