Comune, Regione e sindacati fanno squadra: «La città non sia usata per operazioni di immagine»
Fino all’incontro di lunedì 18 novembre all’hotel Bologna di Mestre sembravano due pianeti agli antipodi che non si sarebbero mai sfiorati. Da un lato i sindacati Cgil, Cisl e Uil, abituati ad andare nelle fabbriche e a denunciare lo sfruttamento di personale e a farsi carico di chiusure di aziende. Dall’altro le lavoratrici e i lavoratori del T Fondaco che con un contratto a tempo indeterminato nel settore del lusso mai avrebbero pensato di restare a casa da un giorno all’altro. La lettera di licenziamento da parte di Dfs ai 226 lavoratori ha cambiato le dinamiche del mondo del lavoro. Nel giro di poche ore, sindacati, Comune e Regione si sono organizzati creando una alleanza per difendere e tentare di salvare i posti di lavoro, portando avanti ognuno la propria parte. I sindacati all’hotel Bologna hanno incontrato i lavoratori in due turni, presentandosi e spiegando loro i vari scenari del futuro, incluso una possibile mobilitazione. Poi c’è stato un incontro tra i sindacati e l’assessore comunale alla Coesione sociale Simone Venturini che parlerà nei prossimi giorni con la proprietà dell’immobile del grande magazzino (è in capo al fondo Dekus, titolare Sabrina Benetton). Oggi ci sarà un tavolo a Veneto Lavoro con sindacati, Comune e Regione per lo stato di crisi e per informare anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso di quanto sta accadendo.
Tra i lavoratori ansia e paura di comunicare
«Non riusciamo a capacitarci di quanto è successo perché il giorno prima molte persone avevano ricevuto la conferma dell’avanzamento di carriera per aver raggiunto gli obiettivi che si erano prefissati con l’azienda — racconta un gruppo di lavoratori fuori dall’albergo di Mestre —. Siamo qui per capire che cosa fare». Tra tutti vige l’imperativo di non parlare alla stampa per paura di essere individuati dalla società e di perdere anche la possibilità di essere ricollocati. Il clima è di rabbia e terrore. «C’è tanta tensione perché la situazione è drammatica, basti pensare a chi ha figli e mutui — hanno detto Nicola Pegoraro di Fisascat Cisl, Caterina Boato di Filcams Cgil e Fabio Marchiori di Uiltucs Uil —. Dobbiamo parlare con l’azienda per capire la situazione. Il nostro impegno sarà per ricollocare i lavoratori, introdurre una buona uscita o un ammortizzatore sociale, a seconda degli scenari che si prospetteranno».
La ricerca di un nuovo timoniere
Per adesso la soluzione più auspicata sarebbe quella di trovare un imprenditore che possa subentrare. «L’incontro con i sindacati ha dimostrato grande unità di intenti — ha detto Venturini —. L’impegno è quello di trovare le condizioni per soggetti nuovi di investire e garantire continuità in quell’immobile». Nell’incontro avvenuto a Villa Querini è stata ribadita la ferma condanna alla scelta di lasciare a casa senza preavviso i 226 lavoratori, più oltre un centinaio parte dell’indotto. «La città non può essere utilizzata per mere operazioni di immagine — hanno detto in un comunicato congiunto amministrazione comunale e sindacati dopo l’incontro a cui hanno partecipato anche Daniele Giordano della Cgil e Giuliano Gargano della Uil —. Servono progetti solidi e credibili fondati su occupazione stabile e adeguatamente retribuita. Chiediamo all’azienda di rivedere la propria scelta e aprire un confronto utile a verificare tutte le possibili soluzioni alternative».
Personale e prospettive
Intanto la consigliera M5S Erika Baldin ha presentato una interrogazione chiedendo che si mettano in campo tutte le azioni necessarie per tutelare il personale. Giorni fa Ava si era detta disponibile ad assorbire i lavoratori licenziati nelle proprie strutture, ma il primo passo sarà quello di trovare una soluzione che non costringa la persona a cambiare mansione e stipendio. Su questo i compensi sono variabili, si parte dal contratto collettivo nazionale del commercio, più una serie di benefit e premialità. Intanto i lavoratori sono pronti alla mobilitazione, che potrebbe avvenire nelle prossime settimane qualora la società continuasse nella linea della fermezza.
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