Calano i trasferimenti correnti dello Stato verso i Comuni. Che così, per tenere in equilibrio i propri bilanci, aumentano la pressione sui cittadini con la riscossione dei tributi locali e delle tariffe per i servizi erogati. Questa “pressione finanziaria” è salita in un anno di quasi 50 euro a cittadino, passando da 746,6 euro a 795,9. I numeri emergono dalla pubblicazione «Numeri in tasca», elaborata dall’Ifel, l’Istituto per la finanza locale, la fondazione che fa capo all’Anci, l’associazione dei Comuni italiani. I dati saranno consegnati domani a tutti i sindaci convocati per l’assemblea generale dell’Anci, convocata per l’elezione del nuovo presidente che prenderà il posto di Antonio Decaro. A succedere al sindaco di Bari, eletto al Parlamento europeo, sarà salvo sorprese, il primo cittadino di Napoli Gaetano Manfredi. Ma torniamo ai numeri che saranno presentati durante l’Assemblea. I Comuni con la “pressione finanziaria” più elevata, sono quelli che si trovano in Valle D’Aosta, dove il prelievo pro-capite medio annuo sui cittadini è di ben 1.331 euro. In quattro anni la pressione sui cittadini della ragione è salita del 7,8 per cento. Poco distante, sempre per prelievo pro-capite sui residenti, si piazza la Liguria, con 1.150 euro a cittadino.
DATI IN CRESCITA
Un dato in aumento dell’8,6 per cento negli ultimi quattro anni. Subito dopo ci sono gli abitanti di un’altra Regione a statuto speciale, quelli del Trentino Alto-Adige, dove la pressione è di 1.049 euro pro-capite, con un aumento di oltre il 12 per cento in un quadriennio. E i cittadini del Lazio? Sono i quarti in classifica per la pressione finanziaria esercitata su di loro dai Comuni. Tra tasse (Imu e addizionali comunali) e tariffe, versano ogni anno nelle casse dei sindaci 1.019 euro l’anno in media. Roma, come noto, ha un’addizionale regionale maggiorata (0,9 per cento) perché ancora sta rimborsando il debito pregresso conferito a una gestione commissariale.Negli ultimi quattro anni la pressione sui cittadini del Lazio è cresciuta, ma meno di altre regioni italiane, solo il 3,3 per cento. Ma quali sono i territori che, invece, chiedono meno ai propri cittadini per il funzionamento delle amministrazioni comunali. In coda a tutti c’è la Basilicata. I residenti lucani pagano in media solo 526 euro l’anno, un dato in aumento del 6,4 per cento negli ultimi quattro anni. Ma sono tutti i cittadini delle Regioni del Sud ad avere una pressione più bassa. Si va dai 635 euro della Puglia, ai 671 della Campania, ai 686 della Sicilia, fino ai 655 della Sardegna. Salendo verso Nord, i Comuni meno “richiedenti” sono quelli del Veneto, con 710 euro circa, il Friuli Venezia Giulia con 694 euro e l’Emilia Romagna con 816 euro medi pro-capite l’anno. Va poi segnalato che l’unica Regione i cui Comuni hanno ridotto la pressione sui propri cittadini è l’Umbria, con un calo dello 0,5 per cento negli ultimi quattro anni.
IL PIANO DI RIPRESA
In qualche misura l’aumento del prelievo sui cittadini è servito, probabilmente, a compensare la riduzione dei trasferimenti correnti da parte dello Stato, scesi in un anno di sette euro per cittadino, da 139 a 131 euro. Sono invece aumentati molto i trasferimenti in conto capitale, quelli cioè destinati agli investimenti. In questo ovviamente, un peso preponderante lo hanno avuto i fondi del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Bisognerà adesso invece, capire bene quale sarà l’impatto sulle finanze comunali dell’ultima manovra di Bilancio. Il sacrificio chiesto ai Comuni è di un accantonamento di 130 milioni nel 2025, 260 milioni annui nel 2026-28 e 440 milioni nel 2029. Totale: 1,35 miliardi in cinque anni, a cui si affiancano i 150 milioni (10 nel 2025, 30 all’anno nel 2026-28 e 50 nel 2029) chiesti a Province e Città metropolitane. Soldi che comunque vanno aggiunti al taglio di 1,25 miliardi deciso con la manovra dello scorso anno. A questo si aggiungono una lunga serie di definanziamenti di opere pubbliche che sono in capo ai Comuni. Il caso che ha fatto più scalpore è quello della Metro C di Roma, ma i tagli hanno riguardato numerose infrastrutture. Sui Comuni, inoltre, è destinato a pesare in maniera rilevante, anche il nuovo blocco parziale del turn over. La norma inserita dal governo in manovra, limita le assunzioni al 75 per cento dei pensionamenti dello stesso anno. Significa che ogni quattro persone che lasceranno il lavoro, ne potranno entrare soltanto tre. Per i Comuni si tratta di un problema fondamentale, visto che negli ultimi quindici anni hanno perso, proprio a causa dei vari blocco del turno over, circa 140 mila dipendenti, passando da 479 mila a 342 mila funzionari. Sul tema comunque, il governo sembrerebbe intenzionato a intervenire esonerando dal blocco almeno alcuni profili ritenuti essenziali, come le maestre d’asilo o la polizia municipale.
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