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‘Ndrangheta a Platì, il vecchio boss con la “Corona” a cui hanno sequestrato tutto #finsubito richiedi mutuo fino 100%


LAMEZIA TERME Un «ruolo verticistico» nella cosca di ‘ndrangheta operante a Platì e una «pericolosità sociale» qualificata. Già nel 1965, ad esempio, veniva identificato come «mafioso» dal Questore di Reggio Calabria e, nonostante la diffida, ha continuato a delinquere, tanto da essere denunciato in diverse occasioni per delitti di furto e violenza fino ad inserirsi, in maniera radicale e con moli via via sempre più importanti, in contesti associativi. Uno di quelli dotato di “Corona”, come dirà di lui Domenico Agresta “Micu Mc Donald”, pentito eccellente e condannato in via definitiva per omicidio e associazione di tipo mafioso nel locale di ‘ndrangheta di Volpiano, strettamente connessa a quella di Platì.

Non bastano i processi e le sentenze emesse nei suoi confronti. Il profilo criminale di Rosario Barbaro “Massara”, classe 1940, storico capobastone dell’omonimo clan di ‘ndrangheta, emerge anche dall’ultimo provvedimento di sequestro ai fini di confisca che ha riguardato l’intero patrimonio dal valore di circa 6 milioni di euro in suo possesso, direttamente e indirettamente attraverso fidati prestanome. Tra terreni, particelle e fabbricato sono in tutto 59 i beni sottratti. Tra questi anche l’intero patrimonio aziendale della ditta individuale “Il Parco d’Aspromonte” di Anna Romeo e il Circolo privato “Poker d’Assi”, attività che ha sostituito la società “Il Nuovo Platano Sas”.

Saggezza

Il lungo percorso criminale di Barbaro è culminato con la condanna nel processo “Saggezza” – 15 anni di reclusione – per il reato di associazione mafiosa, con il ruolo di capo promotore. Ma, nel corso degli anni, sono stati diversi i collaboratori di giustizia che hanno reso dichiarazioni concordanti rispetto al ruolo di vertice assoluto della ‘ndrina di Platì, anche in “Mandamento Ionico”, “Marine” e in quello in cui Barbaro risulta ancora imputato per il reato di omicidio. Da Marando a Varacalli, passando per Agresta e Romeo, le cui dichiarazioni hanno costituito la principale fonte di prova che, supportata da ulteriori accertamenti investigativi, hanno condotto proprio alla condanna di Barbaro.

Questa volta ad essere colpito è stato il patrimonio di Rosario Barbaro e i beni di “disponibilità diretta” e “indiretta”, intestati solo formalmente a soggetti terzi ma comunque riconducili al boss di Platì. In questo senso, gli accertamenti economico-patrimoniali condotti dalla pg competente hanno interessato un ampio lasso di tempo compreso tra il 1961 e il 2019. In questi anni, dagli accertamenti effettuati dalla Guardia di Finanza, «sarebbe emersa chiaramente l’esistenza di un’elevata sperequazione tra i redditi lecitamente acquisiti e gli esborsi effettuati, al netto della spesa familiare annua mediamente sostenuta desunta dalle pubblicazioni ISTAT con la conseguenza che, anche sotto il profilo della sproporzione, sussistono i presupposti per disporre il sequestro dei beni richiesti dal pm». Secondo quanto emerso, dunque, la famiglia Barbaro avrebbe condotto «un tenore di vita adeguato solo avvalendosi di capitali di provenienza illecita» perché, al netto dei costi, le rimanenze a disposizione non avrebbero consentito di soddisfare le minime esigenze quotidiane.

Il caso del Nuovo Platano

Con riferimento, quindi, alle imprese commerciali, il Tribunale di Reggio Calabria – sezione misure di prevenzione – richiama le emergenze riguarda la disponibilità di Rosario Barbaro de “Il Nuovo Platano” – alle aggiudicazioni delle gare di appalto oggetto del procedimento Marine e le aggiudicazioni delle gare di appalto oggetto del procedimento Marine. “Il Nuovo Platano” – ora circolo privato “Poker d’Assi” dal gennaio 2022 – si tratta di un palazzo di quattro piani, edificato dai coniugi Barbaro-Agresta nel 1983 e di un locale adibito a ristorante di circa 1.500 mq, donato dai coniugi Barbaro alla nuora. Nella proposta, però, viene evidenziata la tempistica delle donazioni – in data 30 novembre 2005 – ovverossia meno di tre mesi prima dell’emissione della sentenza nell’ambito del procedimento “Marine”, del 17 febbraio 2016. Il processo peraltro aveva ad oggetto gli appalti della refezione scolastica nel Comune di Platì, il cui servizio era stato gestito, dal 1995 al 2003, in regime di sostanziale monopolio, proprio dal ristorante “Il Platano”. I giudici sottolineano come nonostante l’assoluzione di Barbaro, alla luce delle dichiarazioni rese dai collaboratori giustizia in quel procedimento, è emerso come i numerosi appalti «siano stati acquisiti dal ristorante di Barbaro proprio grazie all’esercizio del suo potere mafioso in forza del quale ne è scaturito un accordo mafioso con la politica di Platì che gli assicurava il pubblico servizio».

Le risultanze investigative oggetto del procedimento “Mandamento Ionico” confermano la riconducibilità delle predette attività commerciali a Rosario Barbaro nonché la natura mafiosa delle stesse, sebbene la gestione sia stata rimessa al figlio Francesco. «(…) lui quando lì nella sala grande no, lì tutte le volte è sempre stato presente, però nella sala… c’è un’altra sala al di là della cucina, si metteva lì con i suoi chiamiamoli amici, chiamiamoli come vuoi, sempre nell’altra sala… Lui è sempre stato presente che l’ho visto pure io che qualche volta sono andato… A mangiare, a mangiare e a fare le… che anche si vede con gli uomini di ‘ndrangheta e di tutto…». E ancora: «No, gestire l’ha sempre gestito il genero, perlomeno Francesco detto Paglia o come cavolo si chiama, che è il marito della figlia, lui no, lui ha sempre gestito…». Queste le dichiarazioni rese in sede processuale da Rocco Marando. «Io so che li è tutto suo, ha comprato lui tanti anni fa, no? Adesso l’ha diviso ai figli, l’ha diviso ai figli, comunque abita anche lì lui…». Tesi confermata anche da un pentito eccellente come Domenico Agresta: «L’unico ristorante due c’è a Plati dove fanno i matrimoni… non so negli atti chi è il proprietario ma so che il proprietario del ristorante è Rosario Barbaro. Non so se è intestatario… lo so perché Rosario è anche zio, è anche parente acquisito di mio zio, poi a Platì siamo tutti parenti, comunque, o quasi e sappiamo…». (g.curcio@corrieracal.it)

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