La Russia ha deciso di interrompere la fornitura di gas all’Austria, a causa di un contenzioso contrattuale tra Gazprom, il gigante energetico russo, e OMV, l’azienda austriaca. L’Austria era uno dei pochi paesi europei, insieme a Slovacchia e Ungheria, a ricevere ancora gas dalla Russia, mentre gran parte delle nazioni europee avevano cessato gli acquisti dopo l’invasione dell’Ucraina iniziata più di due anni fa.
OMV, consapevole della possibile interruzione, aveva già adottato misure preventive. Le riserve di gas austriache risultano adeguate, e il paese può contare su forniture alternative provenienti da Germania, Italia e Paesi Bassi. La sospensione arriva pochi mesi prima della scadenza naturale dell’accordo tra Russia e Ucraina per il transito del gas, siglato nel 2019 e valido fino alla fine del 2024. L’Ucraina, inoltre, ha dichiarato che non rinnoverà questo accordo, rendendo possibile una cessazione totale delle forniture russe attraverso il suo territorio dal gennaio 2025.
Il cancelliere austriaco Karl Nehammer ha rassicurato la popolazione, garantendo che le abitazioni non rimarranno senza riscaldamento e che le scorte sono sufficienti. Tuttavia, la notizia ha generato preoccupazione nei mercati, con un aumento dei prezzi del gas. Nonostante ciò, l’impatto sembra contenuto, dato che i flussi di gas russo verso l’Europa, tramite Ucraina, sono ormai drasticamente ridotti: nel 2023, si è trattato di circa 15 miliardi di metri cubi, una quantità esigua rispetto al periodo 2018-2019, quando coprivano quasi la metà della domanda europea.
La rete di gasdotti utilizzata per il transito, come l’Urengoy-Pomary-Uzhgorod, attraversa territori oggi sotto controllo ucraino e arriva in Slovacchia, da dove il gas si dirama verso altri paesi, inclusa l’Austria. Mentre Slovacchia e Ungheria continuano a dipendere in larga misura dal gas russo, altri paesi, come la Repubblica Ceca, hanno quasi azzerato le importazioni dalla Russia, salvo riprenderle nel 2024.
Le rotte di trasporto del gas russo verso l’Europa sono ormai limitate. Oltre al gasdotto attraverso l’Ucraina, restano attive solo le infrastrutture Blue Stream e TurkStream, che attraversano la Turchia e garantiscono flussi ridotti. Tuttavia, la posizione di Austria, Slovacchia e Ungheria, storicamente favorevoli al gas russo per motivi economici, ha spesso contrastato l’orientamento dell’Unione Europea di ridurre la dipendenza da Mosca.
L’Ucraina, dal canto suo, guadagna ancora attraverso le tasse di transito, ma ha dichiarato di non voler più collaborare con la Russia per il rinnovo degli accordi. Nonostante Mosca si sia detta pronta a prolungare il contratto, Kiev ha ribadito il proprio rifiuto.
Il caso italiano
L’Italia ha ridotto drasticamente le importazioni di gas russo, che rappresentano ora meno del 2% del totale. Grazie a una gestione efficiente, il paese ha accumulato significative riserve, pari al 98,5% della capacità di stoccaggio, ben sopra la media europea. Questo posizionamento permette all’Italia di esportare gas verso paesi vicini, inclusa l’Austria. Tuttavia, i prezzi domestici dell’energia sono cresciuti del 16% rispetto all’anno precedente, non tanto per l’aumento del costo del gas, ma per la rimozione di agevolazioni e l’effetto della liberalizzazione del mercato.
L’interruzione delle forniture russe verso l’Austria rappresenta un ulteriore passo nel processo di distacco energetico dell’Europa dalla Russia, ma il continente sembra ormai preparato a gestire questa transizione, grazie a riserve adeguate e rotte alternative.
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