L’economia circolare è un modello di produzione e consumo che si basa su condivisione, riutilizzo, riparazione e riciclo di materiali e prodotti, prolungandone il ciclo di vita. A differenza del modello lineare “estrarre, produrre, usare e gettare”, la circolarità punta a chiudere il cerchio delle risorse. Riduce i rifiuti e massimizza il recupero dei materiali. Quando un prodotto termina la sua funzione, i materiali che lo compongono vengono reintrodotti nel ciclo produttivo, riducendo l’impatto ambientale e generando nuovo valore.
Questo modello aiuta a contrastare il consumo eccessivo di risorse e i danni agli ecosistemi, contribuendo alla riduzione delle emissioni di gas serra. L’economia circolare tutela l’ambiente, stimola innovazione e crea opportunità di crescita e lavoro.
Per promuovere questa trasformazione, è fondamentale adottare pratiche sostenibili e misurabili. Come abbiamo già evidenziato in “La sfida dell’integrazione degli SDGs nelle strategie aziendali“, implementare un modello di economia circolare o di sviluppo sostenibile non è sufficiente. Bisogna poter dimostrare e rendicontare i risultati. Anche il Regolatore, vedi la CSRD, sta andando in questa direzione, richiedendo misurazioni basate su standard coerenti, comparabili e monitorabili.
Gli indicatori dell’economia circolare
Gli indicatori dell’economia circolare sono strumenti essenziali per misurare l’efficacia delle strategie aziendali, monitorare i progressi e orientare le politiche di sviluppo, dimostrando concretamente l’impatto positivo e rafforzando la fiducia degli stakeholder.
Misurare la circolarità significa valutare quanto un’azienda riesca a utilizzare le risorse in modo efficiente e sostenibile, riducendo sprechi e impatto ambientale. Gli indicatori offrono dati misurabili su aspetti cruciali come il consumo di materiali, i livelli di riciclo e la produzione di rifiuti, monitorando i progressi verso un modello più circolare.
Grazie a questi dati, le aziende possono prendere decisioni informate, rispondere a normative sempre più stringenti e rafforzare la propria competitività in un mercato orientato alla sostenibilità.
I tre livelli di indicatori OCSE
Indicatori di base, indicatori complementari e indicatori di contesto.
Per misurare l’economia circolare, l’OCSE ha sviluppato un sistema a tre livelli che combina differenti prospettive, offrendo una visione completa e versatile della circolarità aziendale.
La struttura multilivello facilita dunque un approccio integrato, capace di rispondere a domande di alto livello e di fornire dettagli per chi desidera esplorare aspetti mirati.
Si passa da un livello centrale, che fornisce dati sintetici e facilmente monitorabili, a livelli che permettono approfondimenti su aspetti specifici come materiali, settori o aree geografiche, fino a indicatori che considerano variabili socio-economiche e ambientali, essenziali per interpretare i risultati in contesti diversi.
Grazie a questa organizzazione, le aziende possono monitorare il proprio impatto ambientale e l’efficienza dei propri sforzi in modo trasparente. I risultati rappresentano un ottimo riferimento per orientare o riorientare le strategie di sostenibilità e affrontare le sfide di mercato. Un mercato in cui la responsabilità uno dei pilastri della competitività.
I quattro macro-temi
Gli indicatori dell’economia circolare proposti dall’OCSE sono suddivisi in quattro macro-temi, che riflettono le diverse dimensioni della circolarità aziendale. LA suddivisione permette di analizzare in modo completo e strutturato l’impatto della circolarità aziendale, fornendo spunti per orientare strategie di sostenibilità efficaci. La visione d’insieme d’impatto delle attività considera l’uso delle risorse, gli effetti ambientali, le politiche di supporto e le opportunità socio-economiche.
- Ciclo di vita dei materiali e catena del valore. Questo tema segue l’intero percorso dei materiali, dall’estrazione fino alla gestione dei rifiuti. Misurare il tasso di utilizzo di materie prime seconde o il tasso di riciclo aiuta a comprendere la capacità dell’azienda di reintrodurre materiali nel ciclo produttivo, riducendo la dipendenza da risorse vergini.
- Interazioni ambientali. Il focus qui è sugli effetti ambientali delle attività aziendali, come l’impronta di carbonio e il consumo di acqua. Questi indicatori permettono di valutare l’impatto dell’azienda in termini di emissioni, inquinamento e consumo delle risorse naturali.
- Risposte politiche e normative. Questo tema valuta l’efficacia delle politiche per sostenere l’economia circolare, attraverso strumenti come incentivi per materiali riciclati o schemi di deposito su cauzione. Misure pensate per facilitare pratiche come riuso e riciclo.
- Opportunità socio-economiche. Misura i benefici economici e sociali legati all’economia circolare, come la crescita dei green jobs e l’adozione di modelli di sharing economy. Questi indicatori evidenziano come la circolarità possa generare valore economico e sociale, promuovendo una transizione giusta.
Esempi di applicazione
Per tradurre l’economia circolare in pratica, è utile osservare alcuni indicatori chiave e capire come vengono utilizzati dalle aziende per monitorare efficienza e impatto delle attività. Questi strumenti misurano il consumo delle risorse e offrono anche una base solida per identificare miglioramenti e comunicare i risultati in modo trasparente.
Un indicatore di base è il consumo di materiali, che calcola la quantità di materie prime utilizzate nei processi produttivi. Un’azienda manifatturiera, ad esempio, può monitorare il consumo di plastica o metalli e sostituire una parte delle materie prime con materiali riciclati, riducendo costi e impatto ambientale.
Il tasso di riutilizzo dei prodotti misura la capacità di un’azienda di recuperare e riutilizzare componenti senza passare per il riciclo. In settori come quello tecnologico, recuperare componenti può ridurre la domanda di nuove risorse e valorizzare materiali altrimenti destinati allo scarto.
Un altro parametro importante è il tasso di riciclo, che riflette la percentuale di materiali di scarto recuperati e reintrodotti nei processi produttivi. Ad esempio, nel settore alimentare, gli scarti organici possono essere trasformati in compost, minimizzando i rifiuti e creando valore aggiunto.
La percentuale di materiali riciclati fornisce una misura della quantità di risorse riciclate rispetto al totale impiegato nella produzione. Un’azienda tessile che utilizza fibre riciclate nei suoi tessuti riduce la dipendenza da risorse vergini. E ovviamente migliora il profilo di sostenibilità di prodotto per consumatori attenti all’ambiente.
Nelle industrie con un forte consumo idrico, l’efficienza nell’uso dell’acqua è un altro indicatore fondamentale. Ridurre l’uso di acqua per unità di prodotto dimostra l’impegno aziendale verso la sostenibilità e permette di risparmiare risorse naturali.
L’impronta di carbonio per unità di prodotto è un indicatore che calcola le emissioni di gas serra generate durante la produzione. Diminuire queste emissioni implica adottare processi più puliti, spesso utilizzando energie rinnovabili o aumentando l’efficienza energetica.
La sfida della raccolta dati
Misurare l’economia circolare è complesso.
Principalmente a causa della varietà delle filiere produttive, delle fonti di materiali e delle differenze nei metodi di raccolta dei dati tra i vari settori. Fattori che possono generare lacune e discrepanze, e rendere difficile ottenere un quadro completo e preciso della circolarità. A ciò si aggiunge la difficoltà di disporre di dati omogenei sui flussi di materiali e informazioni dettagliate su rifiuti e tassi di riciclo, soprattutto considerando le differenze tra paesi e settori economici.
Per superare queste sfide, l’OECD suggerisce alcune soluzioni chiave.
L’uso di tecnologie avanzate è una di queste. Come l’IoT e i sensori digitali per raccogliere dati in tempo reale sui flussi di materiali e il consumo delle risorse.
Fonti di dati alternative, come quelle provenienti da associazioni di settore e database aziendali, possono invece integrare le informazioni pubbliche, fornendo dettagli aggiornati soprattutto per i settori con scarse risorse di dati ufficiali.
La collaborazione tra aziende, enti pubblici e organizzazioni internazionali per armonizzare la raccolta dati, rendendo le metriche più coerenti e i confronti più affidabili è un dictat. Infine, l’OCSE incoraggia lo sviluppo di metodologie standardizzate e coordinate a livello internazionale, per facilitare il confronto dei dati tra paesi e settori e misurare più efficacemente i progressi verso l’economia circolare.
Cronologia evoluzione normativa Ue sull’economia circolare
L’Unione Europea ha intrapreso passi decisivi verso un modello economico circolare attraverso una serie di interventi normativi:
- Marzo 2020. La Commissione europea presenta un piano d’azione per una nuova economia circolare nell’ambito del Green Deal europeo, in linea con la nuova strategia industriale.
- Febbraio 2021. Il Parlamento europeo approva il nuovo piano d’azione per l’economia circolare, richiedendo misure aggiuntive per un’economia completamente circolare, sostenibile e libera da sostanze tossiche entro il 2050.
- Marzo 2022. La Commissione pubblica un primo pacchetto di misure per accelerare la transizione verso un’economia circolare.
- Novembre 2022. Viene proposto un secondo pacchetto contenente nuove norme sugli imballaggi, inclusa la transizione verso plastiche a base biologica e biodegradabili.
- Gennaio 2023. entra in vigore la CSRD sulla rendicontazione di sostneibilità delle imprese. La CSRD include l’economia circolare nell’ESRS E5, che obbliga le aziende a implementare politiche per un uso efficiente delle risorse e la riduzione dei rifiuti. Richiede l’adozione di pratiche circolari (come riutilizzo e riciclaggio) e il monitoraggio dei flussi di risorse per misurare i progressi verso la sostenibilità. Questo standard promuove l’adattamento dei modelli aziendali per minimizzare l’impatto ambientale e usare le risorse in modo sostenibile.
- Marzo 2024. L’UE approva nuove regole per rendere più trasparente la comunicazione ambientale, combattere l’obsolescenza programmata e rafforzare il “diritto alla riparazione” per i consumatori.
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