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Le ondate di caldo molto forti riducono il prezzo dei beni alimentari #finsubito prestito immediato


Le ondate di caldo interferiscono con i prezzi dei beni alimentari e l’inflazione. Ne ha parlato Christine Lagarde, presidente della Bce, alla conferenza “Cigno Verde 2024”. Per l’occasione, è intervenuta sul tema dell’impatto economico dei cambiamenti climatici. Secondo i dati dell’indice dei prezzi al consumo, citati dalla presidente della Bce: se l’ondata di caldo è moderata i prezzi dei beni alimentari aumentano, mentre in caso di evento estremo le conseguenze sono “positive” (almeno in apparenza) e aiutano la riduzione dell’inflazione. Si tratta di un apparente paradosso logico del fenomeno, nel quale certamente non sperare, ma che ci ricorda di posizionare il clima come un attore protagonista sulla scena economica.

Ondate di caldo moderate: l’effetto sull’inflazione

Durante la conferenza “Cigno Verde 2024”, la presidente della Banc centrale europea ha parlato dell’impatto dei cambiamenti climatici sull’economia. Tra le varie analisi portare, come quella della migrazione climatica, Lagarde ha voluto dare spazio anche ai più recenti dati Cpi.

Ondate di caldo moderate portano a un aumento dell’inflazione nelle economie avanzate, con prezzi alimentari più alti.

L’affermazione di Lagarde ha centrato un problema non scontato, ovvero come le ondate di caldo “moderate” abbiano un impatto diretto sui prezzi dei beni alimentari. Quando le temperature sono elevate, ma non estreme, le coltivazioni soffrono un calo di produttività: la minor disponibilità di prodotti agricoli comporta un aumento dei prezzi. Lo abbiamo visto di recente con il mercato delle zucche e delle patate, due prodotti poveri della stagione fredda.

Nei mercati delle economie avanzate, questo si traduce in un incremento dell’inflazione, specialmente per i beni primari. Un fenomeno spiegabile come un riflesso della sensibilità della domanda dei consumatori per i beni alimentari essenziali, il cui prezzo continua a salire in presenza di una domanda che resta relativamente stabile, nonostante le oscillazioni dovute al clima.

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L’impatto sulle economie avanzate è diretto, dato che l’aumento dei prezzi alimentari si riflette direttamente sull’indice dei prezzi al consumo (CPI), uno degli indicatori principali dell’inflazione. Con le ondate moderate, quindi, l’inflazione tende a crescere a causa della pressione sui settori primari e dei cambiamenti nelle abitudini dei consumatori, che si orientano verso un consumo ridotto di beni più costosi e verso l’acquisto di beni più accessibili.

L’effetto (opposto) delle ondate di caldo molto forti

Il paradosso logico arriva con l’analisi delle ondate di caldo estremo. A un primo impatto, ci si aspetterebbe che, con temperature ancora più alte, la scarsità di beni alimentari aumenti e con essa anche l’inflazione. Secondo Lagarde, le ondate molto forti determinano una contrazione della domanda complessiva.

Ondate di caldo molto forti riducono l’inflazione, misurata dall’indice dei prezzi al consumo (CPI), di 0,6 punti percentuali dopo due anni. C’è un effetto negativo sulla domanda.

Una spiegazione c’è. Quello che afferma la presidente della Bce è vero e accade perché il caldo eccessivo colpisce l’intera catena produttiva e influenza i consumi in modo molto più significativo. Nel concreto, le persone riducono la spesa e le imprese non riescono a mantenere lo stesso livello di produzione. In una situazione in cui il consumo generale rallenta, l’effetto dell’aumento dei prezzi alimentari viene compensato dalla riduzione complessiva della domanda.

L’effetto netto è che l’inflazione, almeno in senso aggregato, tende a ridursi: il calo dello 0,6% nel CPI segnalato da Lagarde dopo due anni è un indicatore di questa tendenza. Questo tipo di fenomeno rivela una nuova dimensione negativa del cambiamento climatico sull’economia globale. Il primo sguardo “positivo” deve destare invece preoccupazione e deve rimettere al centro le abitudini dei consumatori. Gli impatti del clima infatti non sono solo legati alla scarsità dei beni, ma anche alla capacità della popolazione di sostenere un livello di consumo in condizioni ambientali estreme. Serve quindi educare alla sostenibilità l’agricoltura e i cittadini.





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