Come ogni anno, la Regione Campania ha rinnovato il bando per i contributi destinati ai viaggi di istruzione, un’iniziativa nata per incentivare gli studenti e le studentesse a scoprire il proprio territorio, comprendere l’identità regionale e, allo stesso tempo, fare in modo che le classi provenienti da altre regioni diventino ambasciatrici dei valori culturali e ambientali della Campania. Un progetto teoricamente ineccepibile, che però sembra non fare breccia sugli istituti scolastici della provincia di Avellino.
Il bando riconosce priorità nella concessione del contributo agli istituti di I e II grado che organizzano almeno due pernottamenti nelle strutture ricettive di aree considerate marginali, tra cui il Cilento interno, il Fortore, l’Alto Matese, il Tammaro-Titerno, il Vallo di Diano e l’area Seta. L’obiettivo? Sostenere il turismo, la conoscenza e l’economia locale di queste aree poco battute da turisti e viaggiatori, se non di passaggio. Tuttavia, su 187 scuole che hanno ricevuto il contributo – 3 mila euro – soltanto quattro provengono dall’Irpinia: Istituto Comprensivo “P.S. Mancini”, Istituto Tecnico Economico Statale “Luigi Amabile”, IIS G. “De Gruttola” (Ariano Irpino) e Liceo Statale Publio Virgilio Marone”.
Solo quattro su centottantasette, a fronte di un territorio che avrebbe molto da offrire – anche in termini di sapere migliore – ma che si ritrova ad essere ignorato persino da chi lo abita.
Viene da chiedersi: le scuole sono poco interessate a promuovere il turismo locale o mancano indicazioni chiare per incentivare la partecipazione a un progetto di questo tipo? Un Provveditorato più attento e lungimirante non avrebbe potuto, forse, orientare meglio la scelta? Sarebbe stato un modo per portare alla luce, anche solo per poco, il volto meno noto della Campania: quello dell’Alta Irpinia e di tutte quelle realtà che, per tanti studenti, sono poco più che nomi su una mappa. Ma, a quanto pare, l’occasione è stata persa.
Ci si interroga sul senso di una simile iniziativa se poi chi dovrebbe usufruirne sembra non trovarvi alcuna validità. La disillusione che si respira sui territori e nei piccoli comuni irpini – dove ogni iniziativa sembra una boccata d’aria fresca – è ormai esasperata. Ed è comprensibile, perché se nessuno si impegna a riconoscere valore a queste aree con proposte mirate, chi mai potrà considerarle? Perché, se i giovani campani non imparano a scoprire il proprio territorio, dovrebbero un domani volerci rimanere o, più in generale, interessarsi alla cultura, alle tradizioni, alla storia, alle radici?
Ma alla fine l’unica, vera, domanda è un’altra: vale davvero la pena far scoprire alle nuove generazioni l’Irpinia e le aree interne, quando la prospettiva per molti di loro sarà comunque quella di andarsene? Possibilmente subito dopo il diploma…
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