La Suprema Corte di Cassazione ha affrontato un tema centrale nel diritto di famiglia: l’addebito della separazione in caso di maltrattamenti
Addebito separazione per maltrattamenti
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Con l’ordinanza n. 11208 del 26 aprile 2024, la Suprema Corte di Cassazione ha affrontato un tema centrale nel diritto di famiglia: l’addebito della separazione in caso di maltrattamenti.
Questa pronuncia, pur non introducendo nuovi principi in materia, assume notevole rilevanza poiché offre per la prima volta una sintesi organica dei tratti distintivi dell’addebito per maltrattamenti rispetto alle altre cause di addebito della separazione.
La Corte, infatti, ha tracciato un breve excursus sui presupposti per l’addebito e sull’onere della prova a carico delle parti coinvolte, sia in generale che con specifico riferimento ai maltrattamenti, richiamando i più importanti arresti giurisprudenziali che si sono succeduti nel corso degli ultimi anni.
In questo articolo esamineremo nel dettaglio il percorso argomentativo seguito dalla Corte.
Il caso
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L’ordinanza in commento prende in considerazione la vicenda di due coniugi che si sono separati nell’anno 2020 avanti al Tribunale di Pescara.
Con sentenza n. 1240/2020 il suddetto Tribunale, dopo aver pronunciato sentenza di separazione personale dei coniugi con addebito alla moglie, aveva respinto la richiesta di addebito al marito formulata da quest’ultima e di conseguenza anche la domanda volta a ottenere un contributo al proprio mantenimento.
Lo stesso Tribunale aveva poi disposto l’affido condiviso del figlio minore delle parti con collocamento presso il padre e aveva disciplinato le modalità di visita e di frequentazione della madre, ponendo a carico di quest’ultima, con decorrenza dal novembre 2020 l’obbligo di versare entro il giorno 5 di ogni mese la somma di euro 150,00 a titolo di contributo al mantenimento, oltre al pagamento del 50% delle spese straordinarie.
Di contro, la separazione era stata addebitata alla moglie per aver compiuto reiterate aggressioni fisiche nei confronti del marito.
La Corte D’Appello di L’Aquila ha poi confermato la sentenza del giudice di prime cure.
I motivi di ricorso
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Contro la decisione della Corte D’Appello di L’Aquila la moglie ha proposto ricorso per cassazione fondato su due specifici motivi di impugnazione:
Primo motivo di ricorso
Con il primo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 143 e 151 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte d’appello addebitato la separazione alla moglie senza verificare l’assolvimento del duplice onere probatorio, poiché a detta della ricorrente la dimostrazione della violazione degli obblighi derivanti dal matrimonio deve essere accompagnata dall’accertamento del nesso di causalità tra la violazione dei doveri commessi dalla ricorrente e la fine dell’unione familiare;
Secondo motivo di ricorso
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 315 bis e 337 ter c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte d’appello vietato l’espatrio del minore senza una valida ragione.
Per chiarezza espositiva ed evitare di focalizzare l’attenzione su questioni che non riguardano il tema oggetto di discussione, in questo articolo esamineremo solo il primo dei due motivi di impugnazione, che risulta essere l’unico attinente all’argomento odierno: l’addebito della separazione per maltrattamenti.
Presupposti per la dichiarazione di addebito in generale
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La Suprema Corte nel suo percorso logico-argomentativo ha ricordato che i presupposti per ottenere una pronuncia di addebito della separazione sono essenzialmente due:
- l’accertamento dell’intervenuta violazione dei doveri posti dall’art. 143 c.c. a carico dei coniugi;
- l’accertamento che tale violazione, lungi dall’essere intervenuta quando era già maturata una situazione in cui la convivenza non era più tollerabile, abbia assunto efficacia causale nel determinare tale situazione.
L’onere della prova
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L’onere probatorio incombente su chi richiede l’addebito della separazione
Con riguardo all’onere della prova, la Corte di Cassazione ha poi rammentato che, in base alle regole generali, deve ritenersi gravante sulla parte che richiede l’addebito della separazione l’onere di provare sia il comportamento del coniuge contrario ai doveri che derivano dal matrimonio, sia l’efficacia causale di tali comportamenti nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza.
Ovviamente, l’indagine sull’intollerabilità della convivenza deve essere svolta sulla base della valutazione globale e sulla comparazione dei comportamenti tenuti da entrambi i coniugi, non potendo essere giudicata la condotta dell’uno senza un raffronto con quella dell’altro.
Solo tale comparazione consente in concreto di riscontrare se e quale incidenza queste condotte abbiano riservato nel verificarsi della crisi matrimoniale.
L’onere probatorio incombente su chi respinge la richiesta di addebito
È, invece, onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui la propria eccezione si fonda, vale a dire la preesistenza della crisi matrimoniale rispetto alla violazione dell’obbligo derivante dal matrimonio.
Presupposti per la dichiarazione di addebito in caso di maltrattamenti
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Ciò premesso, in questa ordinanza la Suprema Corte ha chiarito che i principi pocanzi accennati, che si applicano per le altre cause di addebito della separazione, non possono applicarsi alla particolare causa di addebito della separazione per maltrattamenti.
Con specifico riferimento alle violenze inflitte da un coniuge all’altro, la Suprema Corte ha invero precisato che esse costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, non solo la pronuncia di separazione personale ma anche la dichiarazione di addebito all’autore delle stesse.
La prova della violazione in caso di maltrattamenti
Come espressamente chiarito dalla Suprema Corte, a differenza di quanto avviene per le altre cause di addebito della separazione, l’accertamento delle condotte violente esonera il giudice da effettuare una comparazione con i comportamenti dell’altro coniuge, trattandosi di atti sostanzialmente non comparabili in quanto non omogenei (Cass., Sez. I, ordinanza n. 31351 del 24 ottobre 2022; Cass., Sez. VI, ordinanza n. 3925 del 19 febbraio 2018; v. già Cass., Sez. I, Sentenza n. 7321 del 07 aprile 2005 e Cass., Sez. I, Sentenza n. 11844 del 19 maggio 2006).
La prova della violazione in caso di violenze fisiche
Con particolare riguardo, poi, alle violenze fisiche, sempre la Corte di Cassazione ha ritenuto che esse costituiscono violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole – quand’anche concretantisi in un unico episodio di percosse – la pronuncia di separazione personale con addebito all’autore, esonerando il giudice del merito dal dovere di comparare con esse, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze (Cass., Sez. VI, ordinanza n. 7388 del 22 marzo 2017; Cass., Sez. VI, Sentenza n. 433 del 14 gennaio 2016).
La prova del nesso causale tra la condotta maltrattante e la crisi coniugale
Quanto alla prova del nesso causale tra la violenza commessa e la crisi coniugale, la Corte di Cassazione ha chiarito che nel caso di addebito per violenze fisiche è irrilevante la posteriorità temporale delle violenze rispetto all’insorgenza della crisi coniugale.
Conclusioni
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Sulla base dei principi appena menzionati, la Corte ha respinto il ricorso proposto dalla moglie ritenendo sufficiente per disporre l’addebito della separazione nei suoi confronti la prova degli avvenuti episodi di aggressione fisica compiuti dalla medesima nei confronti del marito.
In sostanza, nel caso delle violenze fisiche, non è necessario dimostrare il nesso causale tra le aggressioni e la crisi coniugale. L’addebito della separazione, inoltre, viene riconosciuto altresì se la violenza si verifica successivamente all’insorgere della crisi.
Questi principi rappresentano senz’altro un ulteriore passo avanti nel riconoscimento e nella tutela dei diritti delle vittime di violenza domestica anche nell’ambito del processo civile di separazione personale.
Avvocato Cristiano Galli
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