«Nel Mezzogiorno il prodotto e l’occupazione sono cresciuti più della media nazionale. È un elemento di novità importante, anche se potrebbe in parte riflettere fattori di natura temporanea, data la particolare rilevanza per l’economia meridionale degli ampi interventi pubblici adottati in risposta agli shock globali». La Banca d’Italia conferma, con la consueta prudenza, che è cambiato il paradigma a proposito dell’economia italiana e che il Mezzogiorno tra Pil, occupati ed export è finalmente allineato al Paese. Lo fa con un approfondimento puntuale e dettagliato («L’economia delle regioni italiane Dinamiche recenti e aspetti strutturali») diffuso ieri e al quale seguiranno nei prossimi giorni i report dettagliati delle singole regioni.
La fotografia del Sud post Covid prende atto del ruolo di traino di questa parte del Paese nella consapevolezza che «per favorire la riduzione strutturale del divario di sviluppo del Mezzogiorno è necessario dare continuità alla ripresa in atto attraverso politiche che facciano leva sugli investimenti e sulla qualità delle istituzioni e dell’azione pubblica, con l’obiettivo di innalzare la capacità produttiva dell’economia meridionale».
È il ragionamento sviluppato a più riprese dal Governatore Fabio Panetta sulle prospettive della macroarea la cui spinta, secondo l’analisi di Bankitalia, è stata indotta da «una maggiore espansione dell’attività nei comparti delle costruzioni e del terziario e di una minore contrazione dell’industria. Le esportazioni reali sono aumentate nel Sud e nelle Isole, in contrasto con la riduzione registrata nel Centro-Nord. Le misure di spesa del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e gli incentivi per la riqualificazione del patrimonio immobiliare hanno continuato a sostenere il settore dell’edilizia, che è risultato quello a più alta crescita nell’intero Paese».
Il Sud non è ancora competitivo sul fronte delle nuove tecnologie e dell’applicazione dell’Intelligenza Artificiale (come del resto l’intero Paese), sconta gli ormai noti problemi di rischiosità del credito (ma i prestiti alle famiglie consumatrici continuano a crescere solo qui nonostante l’impatto dell’inflazione) e ha un numero ancora molto elevato quantunque in diminuzione di neet, i giovani che non studiamo e non cercano un lavoro. Ma è al Sud il maggior numero di imprese che hanno visto crescere la loro produzione e la tendenza all’aumento dell’occupazione si sta confermando anche nel 2024 dopo il clamoroso exploit dello scorso anno.
Il vero rischio si chiama denatalità o spopolamento. Non è una novità in assoluto ma l’analisi di Bankitalia è precisa, inequivocabile: «Il calo e l’invecchiamento della popolazione, già in atto per la maggior parte delle regioni italiane dalla prima metà dello scorso decennio, continueranno a interessare il Paese nei prossimi anni, influenzandone le prospettive di crescita economica. La popolazione residente in Italia è aumentata fino a raggiungere un massimo storico di 60,3 milioni nel 2014, per poi ridursi del 2,1 per cento negli anni successivi, tornando pressoché ai livelli del 2007: all’inizio del 2024 i residenti nel nostro Paese erano 59 milioni, di cui il 46,6 per cento nel Nord, il 19,9 al Centro e il 33,5 nel Mezzogiorno. Alla diminuzione ha contribuito, in tutte le ripartizioni, il peggioramento sia del saldo naturale sia di quello migratorio, quest’ultimo in forte riduzione soprattutto al Centro».
Perché è così preoccupante questo dato? Perché «la dinamica e la composizione della popolazione concorrono a determinare gli andamenti dell’attività economica». Se nel periodo 2007-13 «in concomitanza con la crisi finanziaria e quella dei debiti sovrani, in tutte le macroaree si è registrato un calo del PIL pro capite maggiore della media delle aree europee prese a confronto», al Sud la flessione è stata determinata dalla diminuzione del tasso di occupazione. «Tra il 2023 e il 2043 in Italia la popolazione residente si contrarrebbe del 4,3 per cento, riflettendo una lieve crescita nel Nord (0,9 per cento), più che compensata da un ampio calo al Centro e, in particolare, nel Mezzogiorno (rispettivamente del 3,6 e dell’11,9 per cento).
Il calo sarà ancora più marcato per la popolazione in età da lavoro: il numero delle persone tra 15 e 64 anni diminuirebbe in media di oltre il 16 per cento, con andamenti differenziati fra le diverse macroaree: -11 per cento nel Nord, -16 al Centro e -24 nel Mezzogiorno».
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