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Dagli asili in Sicilia e Sardegna a bonus assunzioni e servizi sociali: il governo ha fatto scadere 204 decreti attuativi. Inattuate 25 norme della manovra 2024: valgono 1,5 miliardi #finsubito prestito immediato


Gli 1,1 miliardi in tre anni per il bonus giovani, cioè la decontribuzione per le assunzioni di under 35 che non abbiano mai avuto un rapporto di lavoro stabile. I 476 milioni che dovrebbero promuovere l’occupazione nella nuova Zona economica speciale del Mezzogiorno. Gli oltre 322 milioni complessivi per incentivare il lavoro femminile. E i quasi 500 milioni di Resto al Sud, l’agevolazione che sostiene lo sviluppo di attività imprenditoriali dall’Abruzzo alla Sardegna. Tutti congelati perché le norme attuative del decreto Coesione, approvato in pompa magna alla vigilia della Festa del Lavoro, non sono ancora state emanate. Stesso discorso, per fare solo un esempio, per il potenziamento con 30 milioni in un triennio del reddito di libertà per le donne vittime di violenza: mancano i criteri di ripartizione delle risorse. Al 16 ottobre erano 545 i decreti attuativi fantasma, di cui ben 403 previsti da leggi entrate in vigore nel corso di questa legislatura. E 204 sono già “scaduti”, cioè non è stato rispettato il termine entro cui dovevano essere adottati. Non è solo burocrazia: significa che le risorse messe in campo restano solo sulla carta. Al momento, come risulta da un’analisi di Openpolis, i soldi bloccati ammontano a ben 12,8 miliardi.

Nel novembre 2023 il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari aveva rivendicato una riduzione record dello stock di decreti arretrati. Ma i dati dicono che in due anni il governo Meloni è riuscito ad approvare meno della metà degli atti richiesti per tradurre in pratica i provvedimenti che ha varato. Basta una rapida ricerca sul sito del dipartimento per il Programma per scoprire che, mentre in Parlamento parte la discussione sulla legge di Bilancio per il 2025, mancano ancora all’appello 25 tra decreti ministeriali e dpcm sui 55 totali previsti dalla scorsa manovra, quella per il 2024. Ritardi che, ha calcolato Ilfattoquotidiano.it, lasciano inattuate misure del valore di 1,5 miliardi solo nel biennio 2024-2025: si parla di 443 milioni per il 2024 e 1,15 miliardi per il 2025. Il conto supera i 2,3 miliardi se si considerano anche le risorse previste per gli anni successivi.

Lì in mezzo c’è, tra il resto, la ripartizione di una parte del Fondo speciale per l’equità del livello dei servizi destinata ad aumentare il numero dei posti nei servizi per l’infanzia in Sicilia e Sardegna. Non sono spiccioli: 300 milioni per il 2025, 450 per il 2026. Tutto fermo (mentre si rinuncia all’obiettivo di garantire una sufficiente disponibilità di asili anche al Sud). La presidenza del Consiglio dal canto suo non ha stabilito obiettivi e modalità di monitoraggio per stabilire il livello dei servizi offerti e l’utilizzo delle risorse per lo sviluppo dei servizi sociali nei Comuni, un capitolo che vale 390,9 milioni per il 2025. In questo caso però i termini per l’approvazione non sono ancora scaduti. Idem per la ripartizione, che spetta al ministero dell’Interno, di un contributo a Sicilia e Sardegna a carico del Fondo per aumentare il numero di studenti disabili privi di autonomia a cui viene fornito il trasporto per raggiungere la sede scolastica: c’è ancora tempo fino a fine novembre. Discorso diverso per la ripartizione del fondo presso la presidenza del Consiglio relativo a investimenti in materia di infrastrutture stradali, sportive, scolastiche, ospedaliere, di mobilità e di riqualificazione ambientale e misure in favore degli enti locali: il decreto andava adottato entro gennaio, non ce n’è traccia.

Allo stesso modo il ministero delle Infrastrutture guidato dal vicepremier Matteo Salvini non ha rispettato la scadenza fissata per definire beneficiari, criteri e modalità di riparto del Fondo (7,5 milioni annui) per la riqualificazione di strutture e infrastrutture pubbliche e stabilire modalità di assegnazione, erogazione e revoca dei finanziamenti e di monitoraggio degli interventi. E il Mef di Giancarlo Giorgetti, che secondo Openpolis ha il primato dei provvedimenti non adottati, ha mancato il varo del decreto per ripartire un contributo annuo di 20 milioni alle Regioni in disavanzo “nelle more dell’individuazione dei livelli essenziali delle prestazione (LEP) e dell’attuazione del federalismo regionale” caro alla Lega. L’ultima data utile era il 31 marzo. Il ministero della Salute di Orazio Schillaci, che come è noto non ha ottenuto le risorse per avviare subito un piano pluriennale di assunzioni nella sanità pubblica, sembra invece essersi scordato di approvare le Modalità di assegnazione delle somme destinate al sostegno del servizio sanitario delle aree di confine e prioritariamente al trattamento accessorio del personale medico e infermieristico con l’obiettivo di evitare la fuga dei sanitari nelle cliniche svizzere. Francesco Lollobrigida, attivissimo titolare dell’Agricoltura, lo scorso anno aveva ottenuto un fondo da 100 milioni l’anno per fronteggiare “crisi di mercato del settore agricolo, agroalimentare, zootecnico e della pesca generate da eventi imprevedibili” ma non ha mai varato il decreto per stabilire beneficiari, criteri e modalità di erogazione.

Dietro il Tesoro, che conta 101 decreti mancanti, si piazza stando alla ricognizione di Openpolis il ministero dell’Ambiente di Gilberto Pichetto Fratin. Che è primo in classifica se si guarda alla quota di provvedimenti attuativi “fantasma” rispetto al totale atteso: oltre il 38% manca all’appello. La lista comprende la determinazione del contributo massimo e delle modalità di richiesta degli aiuti per la riqualificazione energetica e strutturale di enti del Terzo settore e onlus (100 milioni l’anno, adozione prevista entro il 28 luglio), la definizione delle aliquote delle royalty per lo sfruttamento di concessioni minerarie (bisognava deciderle entro il 24 ottobre), le modalità e i criteri di riparto tra le Regioni di una quota fino a 200 milioni dei proventi delle aste delle quote di Co2 da destinare a misure di carbonizzazione, l’individuazione delle aree marittime adatte a ospitare infrastrutture per la produzione di energia eolica in mare (in questo caso doveva collaborare anche il Mit e la scadenza era il 7 giugno).

Il ministero della Salute, che totalizza 41 decreti da licenziare su 184 complessivi, ha lasciato indietro tra il resto l’aggiornamento dei criteri per individuare i requisiti minimi di sicurezza di qualità per l’autorizzazione e l’accreditamento delle strutture pubbliche e private che erogano prestazioni residenziali, semiresidenziali e domiciliari. Non proprio un dettaglio. E risulta che sia ancora nel limbo anche il trasferimento a Regioni e province autonome delle risorse stanziate per il sostegno psicologico, a seguito della pandemia, a tutte le Regioni ed alle province autonome: si tratta dei 5 milioni in più previsti per il bonus psicologo.

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Marina Elvira Calderone, ministra del Lavoro, deve ancora adottare “solo” 38 decreti attuativi su 147. Ma nel gruppo ci sono i termini e le modalità attuative di uno dei suoi provvedimenti bandiera, le “misure per sostenere l’occupazione dei giovani, delle donne e di alcune categorie di lavoratori svantaggiati” e le disposizioni “per favorire l’avvio di nuove attività” nei settori strategici per lo sviluppo di nuove tecnologie e la transizione digitale ed ecologica. Si tratta di fatto del rinnovo degli esoneri totali dal pagamento dei contributi varati a fine del 2020 dal governo Conte, prorogati da Meloni per il 2023, poi lasciati scadere per mancanza di risorse e recuperati la scorsa primavera decidendo di finanziarli con fondi europei. L’attuazione era affidata a decreti del dicastero di via Flavia di concerto col Mef attesi entro inizio settembre. Ancora non ce n’è traccia.



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