Magari qui in Italia qualcuno si stupirà, ma nel panorama del venture capital c’è una nicchia molto particolare: è quella dei VC Bitcoin-only, ossia fondi che si concentrano su startup legate al Bitcoin. Uno di questi è Fulgur Ventures ed è guidato da Oleg Mikhalsky, partner con una lunga esperienza nel mondo del software e della gestione di prodotto iniziata in Kaspersky, la società di cybersicurezza nota per il suo antivirus. Ancora più stupefacente è il fatto che Mikhalsky voglia investire in Italia, nonostante il governo in carica non si stia dimostrando Bitcoin-friendly.
Domanda. Come mai un fondo dovrebbe investire in imprese del settore Bitcoin e non dell’intero ecosistema delle criptovalute?
Risposta. Abbiamo scelto Bitcoin per la sua storia consolidata e per la sua posizione normativa chiara, che lo definisce come asset class, non come security al pari di un’azione. Bitcoin ha dimostrato di poter gestire valori elevati in modo robusto e sicuro, e la sua conformità alle normative lo rende interessante anche per gli investitori istituzionali. Questo lo distingue nettamente dalle altre criptovalute e a mio avviso giustifica il nostro focus esclusivo.
D. Quindi che cosa ha intenzione di fare Fulgur Ventures?
R. In Fulgur Ventures investiamo in tutta la filiera dell’ecosistema Bitcoin per garantirne uno sviluppo completo. Ci concentriamo su soluzioni che spaziano dalla custodia alla possibilità di utilizzare bitcoin come collaterale per prestiti, fino a progetti che portano la criptovaluta nella vita quotidiana delle persone, come i programmi di ricompense in bitcoin nei negozi o nei videogiochi. Un’area di particolare interesse è quella dei prodotti finanziari tokenizzati, come quelli sviluppati sul Liquid Network di Blockstream: di fatto, è possibile emettere, scambiare e gestire prodotti finanziari tradizionali in modo efficiente sfruttando la tecnologia Bitcoin.
D. Pensa che la finanza tradizionale e gli investitori istituzionali saranno attratti dal Bitcoin?
R. Credo che ci sia già un crescente interesse da parte di investitori istituzionali, come dimostrano iniziative di società come BlackRock. Quello che stiamo osservando, per esempio, basandoci sulle dinamiche degli Etf sul Bitcoin rispetto ad altre classi di Etf negli Stati Uniti, è che i prodotti d’investimento basati su Bitcoin, quando sono di qualità istituzionale, possono potenzialmente superare le performance di altri prodotti simili della stessa categoria. E potrebbero generare un notevole interesse da parte degli investitori istituzionali, grazie anche alla chiara regolamentazione che caratterizza Bitcoin e alla disponibilità di tecnologie che ne consentono la custodia sicura quando viene utilizzato come riserva di valore.
D. Come ha scoperto il Bitcoin?
R. Avevo sentito parlare di Bitcoin, ma non l’ho compreso davvero fino a quando ho conosciuto il Lightning Network. Era il 2017, quindi la tecnologia era ancora nelle sue prime fasi, ma ho riconosciuto subito il valore del suo obiettivo: rendere i pagamenti e i trasferimenti di valore in bitcoin più efficienti e veloci. È una proprietà fondamentale per i pagamenti: nessuno vuole pagare di più e aspettare più a lungo per completare una transazione. Tutti vorrebbero transazioni più economiche e rapide. Ed è proprio questa la promessa del Lightning Network. Da quel momento mi sono interessato ai prodotti e alle soluzioni che si possono costruire utilizzando questa tecnologia.
D. So che siete interessati al mercato italiano…
R. Abbiamo grande fiducia nel potenziale di vari settori dell’economia italiana, da quello immobiliare alla manifattura industriale, passando per il turismo. Vediamo nell’Italia un mercato in cui la tecnologia può rappresentare un importante motore di crescita e stiamo cercando opportunità di investimento. Oltre al settore Bitcoin, guardiamo anche ad aree più tradizionali. Stiamo per aprire uno spazio di coworking per startup a Lugano, in Svizzera, e vorremmo espandere questa esperienza anche in Italia. Abbiamo scelto Torino, una città con un’università d’eccellenza come il Politecnico e un ambiente giovane e dinamico, dove apriremo uno spazio di coworking per startup il prossimo anno.
D. Perché proprio Torino e non Milano, dove solitamente tutti si dirigono?
R. A volte, nel venture capital, per ottenere risultati diversi occorre fare scelte che si discostano da quelle degli altri. Torino offre un ecosistema di giovani talenti e una comunità vivace che potrebbe contribuire a progetti innovativi. Siamo aperti anche a collaborare con altre università che vogliono integrare educazione tecnologica e imprenditoriale attraverso partnership con startup e venture capital. (riproduzione riservata)
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