Quelli del Lucca Comics & Games sono i cinque giorni più attesi dell’anno da centinaia di migliaia di italiani e non solo dai più giovani. Quasi duecentomila sono i biglietti già staccati per la fiera internazionale dedicata al fumetto, all’animazione, ai giochi (di ruolo, da tavolo, di carte), ai videogiochi e al mondo fantasy. Anche se “l’anima pulsante del Lucca Comics e anche degli altri eventi a tema è il cosplaying”, racconta a Demografica di Adnkronos Antonella Arpa, in arte Himorta.
Un po’ come il Lucca Comics, prima fiera di settore a livello europeo, Himorta è la cosplayer più seguita d’Italia e d’Europa con oltre 1 milione di follower su Instagram. “Tutto nasce dal senso di umanità” profonda che anima le sue azioni, come quella, tra le altre, di essere ambasciatrice dell’associazione Women in game a sostegno delle discriminazioni di genere.
Lucca Comics, cosplaying e ponti generazionali
Himorta ci svela subito un aspetto poco conosciuti del cosplaying: “Negli ultimi anni sta avvicinando le diverse generazioni in un contesto caratterizzato da grande divisione sociale e intergenerazionale”.
Cosa accomuna i fan di questo mondo che si ritrovano al Lucca Comics. È giusto trovarne la cause nella volontà di evasione, o c’è dell’altro?
“La parte bellissima di Luca è che tu cammini per strada e trovi la barista vestita da Sailor Moon, il commesso vestito da Goku, un altro da Hercules… Le altre fiere di settore, in Italia, sono all’interno di un padiglione, al più dei poli fieristici. A Lucca si trasforma tutta la città, ci sono delle parate, delle sfilate per tutta la città che creano un’atmosfera magica. Quindi più che evasione, io parlerei di elemento nostalgico condiviso dai bambini, dai ragazzi e dagli adulti, che per cinque giorni si immergono in questo mondo fatto di cartoon, di videogiochi, di fumetti, e di cosplay, che sono l’anima della fiera”.
Come approcciano le diverse generazioni al mondo del cosplay?
Per rispondere a questa domanda, Antonella Arpa ci fa un esempio concreto: “Tra la generazione di mia madre e la mia c’è un profondo divario sociale, culturale e tecnologico. Eppure, c’è qualcosa che va oltre le generazioni, oltre le differenze: quando guardiamo una sfilata cosplay, quando sfogliamo un fumetto, quando ci immergiamo in questo mondo, proviamo lo stesso sentimento. Questo perché per quanto siamo diverse e quindi per quanti anni ci possano dividere, abbiamo in comune l’amore per il fumetto e per l’infanzia, perché io amo la mia infanzia, mia madre ha amato la sua. In qualche modo i personaggi dell’infanzia sono quelli che rimangono nel nostro cuore per sempre”. Una passione così forte da trascendere non solo i limiti di età, ma qualsiasi divisione, spiega Himorta: “I cartoni animati fanno parte dell’infanzia di ciascuno di noi e tutti quanti li amiamo indistintamente da chi siamo, uomini, donne, giovani, vecchi, bambini o di qualsiasi etnia o religione. Tutti amiamo i cartoni animati”.
Un tempo erano anche gli orari televisivi a sincronizzarci con i nostri coetanei ad un orario preciso. Come cambia il rapporto con i cartoni animati ora che è finita l’era della tv lineare in favore di quella veloce e on demand del digitale?
“Credo che il ruolo dei cartoni animati spesso venga sottovalutato: io ho imparato molto del linguaggio vedendo i cartoni animati, anche perché prima c’erano molti dialoghi chiari da cui chiunque ha imparato tantissimo”. Oggi la situazione è un po’ diversa e anche la produzione risente spesso della ‘produttività a tutti i costi’. Per Himorta, questo si dovrebbe tradurre in un’attenzione ancora maggiore da parte dei genitori che devono fare “una selezione dei cartoni animati da far guardare ai propri figli”. Per essere precisi, Antonella aggiunge: “non sono madre, ma sicuramente un giorno almeno tutta la carrellata di classici Disney i miei figli la faranno, perché oltre ad essere meravigliosi e farci sognare aiutano tantissimo da un punto di vista educativo e linguistico”.
Purtroppo, anche ma non solo a causa di un work-life balance squilibrato, spesso le cose non vanno così e per molti genitori “passare il tablet al figlio per evitare che pianga è molto più semplice che fare delle attività ludico-ricreative con i propri figli, mentre l’offerta è fuori controllo. Per questo credo che il ruolo dei genitori sia più delicato oggi che qualche anno fa”.
Tu sei molto attiva anche nella lotta al bullismo e cyberbullismo. Secondo la tua esperienza, quali sono i messaggi più efficaci per contrastare queste forme di violenza?
Sul tema Himorta parte da sé stesso e da quello che lei chiede di fare alla sua enorme community. La chiama “Educazione al commento” e risponde a un principio tanto semplice quanto prezioso: essere sempre costruttivi, mai distruttivi. “I commenti che si fanno devono essere positivi, – spiega Antonella – se qualcosa non ci piace scrolliamo, andiamo oltre, perché nel momento in cui noi alimentiamo un commento negativo creiamo il principio del bullismo, che esiste solo se esiste un branco”.
Questo significa anche non dare risalto ai commenti negativi, non dargli alcuna rilevanza. “Se lasciamo quel commento negativo isolato non può crearsi il bullismo”. Il messaggio di Himorta è chiaro: “È una banalità ma è davvero così: se, nel nostro piccolo, tutti iniziamo a fare commenti positivi, creiamo un circolo virtuoso”, la ‘kryptonite’ dei bulli.
“Dobbiamo iniziare a educare dal momento in cui installano i social, dal momento in cui installano Instagram piuttosto che Facebook o piuttosto che YouTube, insegnare all’educazione del commento positivo. È sbagliato parlare di bullo, bisogna parlare di bulli, perché i bulli esistono laddove c’è un contesto fertile per il bullismo”. E noi possiamo fare in modo che non sia così.
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